A contos male fattos si bi torrat
1 Ottobre 2007Enrico Palmas
Si racconta che il pittore David, prima di eseguire il famoso quadro che ritrae Napoleone a cavallo, avesse chiesto all’Imperatore come desiderasse essere ritratto. – “Sereno, su un cavallo imbizzarrito” – rispose l’Imperatore. Di fronte a certi personaggi che si agitano incessantemente, spinti dalle proprie ambizioni personali e dalla ricerca affannosa del potere, si ha viceversa l’impressione di imbattersi in cavalieri imbizzarriti su cavalli sereni.
In questo senso, il tentativo di incanalare il dibattito sulla cd. “legge statutaria” in un inconferente dualismo tra i sostenitori di Mr. Tiscali ed i suoi detrattori costituisce un’operazione intellettualmente oziosa e politicamente scorretta. Mentre il centro destra sardo intravede, infatti, la convenienza di ingessare la contesa, trasformandola in un sondaggio preelettorale, l’Unione stenta a trovare la sintesi delle diverse posizioni emerse dal confronto in corso al suo interno. No, davvero non si può trasformare un importante momento di partecipazione democratica alla vita istituzionale sarda, in un giudizio popolare pro o contro il Governatore. Infatti, le ragioni del “NO” alla conferma della pessima legge sopra ricordata sono di natura profondamente diversa a seconda che ci si ponga in una prospettiva “di sinistra” o “di destra”. E la correttezza di questo assunto deve necessariamente essere messa nella giusta luce, considerato che attorno al Comitato per il “NO” si è creato, come si è visto, un fronte trasversale. Così ragionando, non v’è chi non si renda conto che le ragioni degli esponenti del centro destra presenti nel suddetto Comitato, potendo essere sintetizzate nell’esigenza di cominciare con giusto anticipo la campagna elettorale per le regionali del 2009, certamente non coincidono con quelle di chi appartiene all’opposto schieramento. Ed allora, occorre spendere qualche parola sulle motivazioni del “NO” da sinistra. Ciò che immediatamente balza agli occhi è la forte accelerazione verso l’accentramento dei poteri nella sola figura del Presidente – Governatore, cui corrisponde una conseguente riduzione delle attribuzioni proprie del Consiglio regionale. Questa impostazione, a ben vedere, si pone in netta controtendenza con quella spinta verso il decentramento delle funzioni amministrative che, alla luce di quanto stabilito dall’art. 5 della Costituzione, ha ricevuto nuova linfa negli anni ’70 (con l’istituzione delle Regioni, il riconoscimento della specialità, ed un primo passo verso un’accentuazione della delega di funzioni attraverso il D.P.R. n. 616/77, ecc.), ha attraversato gli anni ’80 e ’90, per trovare un suo primo punto di arrivo nel 2001, con la riforma del Titolo V della Costituzione. Quale che sia il giudizio che si ha di quella riforma, un merito innegabile di essa è quello di aver contribuito a riaprire il dibattito sulla “democrazia partecipata”, ad ogni livello istituzionale. Ecco perché il dibattito sulla “Statutaria”, ricomprendendo questioni legate alla pratica democratica in senso ampio, è ben lungi dal costituire un’occasione da sfruttare a fini di mera propaganda elettorale. Anzi, a ben vedere, sono proprio gli esponenti del centro destra che oggi si oppongono alla legge del Presidente – padrone, a dover fornire giustificazioni in ordine alla propria coerenza. L’impianto fondamentale della legge sarda non presenta forse talune analogie con la riforma costituzionale approntata dai loro omologhi nel Parlamento nazionale (specie per ciò che attiene alla concezione accentrata del premierato) e sonoramente rispedita al mittente dagli elettori con il referendum del 2006? Con quale linearità di ragionamento essi, dunque, si ergono a paladini del popolo oppresso dal tiranno, di fronte ad una legge che rispecchia la concezione della democrazia ch’essi hanno mostrato di avere? Redenzione o pentimento operoso forse? È lecito dubitare… In ogni caso, ciò che più preoccupa è che, in tempi di crescente domanda di maggiore partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica (con qualche debole segnale, di tanto in tanto, di apertura), i promotori della legge, da un lato, riaffermano la propria sensibilità verso la partecipazione, ma, d’altro lato, impongono una disciplina che fa tabula rasa dei seppur embrionali elementi di democrazia diretta che faticosamente si erano fatti strada nell’ordinamento regionale, modificando, per tutti gli istituti referendari e consultivi previsti, oltre che il quorum strutturale, anche la soglia di partecipazione innalzandola in misura di 1/3 rispetto a quella originariamente prevista (15.000 elettori, in luogo di 10.000). Insomma, ciò che oggi deve essere rimesso in discussione è il mito del presidenzialismo, per spostare con decisione il dibattito sull’introduzione di strumenti di reale partecipazione, al fine di combattere il “fenomeno dell’abbandono”, identificabile nel sentimento che porta intere generazioni a disinteressarsi della vita pubblica e che sfocia nell’ormai diffusa repulsione per tutto ciò che è politica. Il dilagante fenomeno dell’antipolitica viene alimentato, per di più, dall’effetto forse maggiormente percepito della globalizzazione: quello dell’allontanamento dei centri di potere (G8, WTO, FMI, Banca Mondiale, ecc…) dal cittadino, con conseguente perdita del controllo democratico sul processo decisionale. Torna alla mente, a tal proposito, una frase del filosofo Max Stirner: «chi, per rimanere padrone di ciò che possiede, deve contare sulla mancanza di volontà di altri, è una cosa fatta da questi altri, così come il padrone è una cosa fatta dal servo. Se venisse meno la sottomissione, il padrone cesserebbe d’essere». Meditino, dunque, tutti i sardi sull’importanza di manifestare la propria volontà contraria, in occasione del prossimo referendum, anche per non dover poi piangere sul latte versato.
5 Ottobre 2007 alle 23:19
In riferimento all’intervento di Enrico Palmas, volevo inserire un mio dipinto contenente la rivisitazione di un opera del pittore David, ma non essendo previste immagini nei commenti, lo invierò separatamente alla redazione.
…No, davvero non si può trasformare un importante momento di partecipazione democratica alla vita istituzionale sarda, in un giudizio popolare pro o contro il Governatore. Infatti, le ragioni del “NO” alla conferma della pessima legge sopra ricordata sono di natura profondamente diversa a seconda che ci si ponga in una prospettiva “di sinistra” o “di destra…
…L’impianto fondamentale della legge sarda non presenta forse talune analogie con la riforma costituzionale approntata dai loro omologhi nel Parlamento nazionale (specie per ciò che attiene alla concezione accentrata del premierato) e sonoramente rispedita al mittente dagli elettori con il referendum del 2006? Con quale linearità di ragionamento essi, dunque, si ergono a paladini del popolo oppresso dal tiranno, di fronte ad una legge che rispecchia la concezione della democrazia ch’essi hanno mostrato di avere? Redenzione o pentimento operoso forse? È lecito dubitare…
…Insomma, ciò che oggi deve essere rimesso in discussione è il mito del presidenzialismo, per spostare con decisione il dibattito sull’introduzione di strumenti di reale partecipazione, al fine di combattere il “fenomeno dell’abbandono”, identificabile nel sentimento che porta intere generazioni a disinteressarsi della vita pubblica e che sfocia nell’ormai diffusa repulsione per tutto ciò che è politica…