L’inutile riforma degli Enti Locali

16 Novembre 2020

[Vincenzo Carlo Monaco]

Con un Referendum nel 2012 i sardi, su proposta dei Riformatori, i sardi hanno approvato la abolizione delle 4 nuove Province deliberate dalla Giunta Soru e dal Consiglio Regionale i cui costi di gestione erano di competenza del Bilancio della Regione Sarda.

Nel 2016 la sonora bocciatura della Riforma Costituzionale nota come Boschi – Renzi  è stata rigettata dal 94% degli italiani. Nonostante questi risultati  referendari sia i Governi Nazionali e sia le Giunte Regionali si sono dimostrati “ non curanti “ delle decisioni popolari, alla faccia della Democrazia che intendevano rappresentare. Nel 2016 la Riforma degli Enti Locali proposta dalla Giunta Pigliaru e dall’Assessore competente Cristiano Erriu, ha previsto un nuovo assetto istituzionale delle funzioni e dei servizi di competenza comunale e sovra comunale attraverso le Unioni di Comuni come strumento di governo del territorio sulla base delle relazioni che da sempre avvengono nelle cosidette Regioni Storiche dell’isola, diventando nelle premesse esempio nazionale. Gli attori del processo di cambiamento erano i Comuni, le Unioni dei Comuni e la Città Metropolitana di Cagliari, la Rete Metropolitana di Sassari e le Reti Urbane di Nuoro, Oristano, Carbonia e Iglesias, Olbia e le Unioni dei Comuni potenziate. Dopo 4 anni numerosi Comuni, a vario titolo, non rientrano ancora in una forma associativa  e l’esigenza di una ulteriore riforma, proprio non se ne sentiva la necessità, ma la nuova Giunta Sardo – Leghista e la Commissione Autonomia hanno votato la ulteriore riforma che sarà discussa dal Consiglio Regionale per la definitiva approvazione. L’unica novità evidente è la riproposizione delle Province regionali abolite e la istituzione della Città Metropolitana di Sassari composta dagli stessi  66 Comuni che appartengono alla attuale Provincia. Se le Unioni dei Comuni ancora affermate dopo 4 anni, ora con le due Città Metropolitane composte nel loro insieme da 138 Comuni ed una popolazione residente di 900.000 cittadini, il resto suddiviso tra 6 “ nuove “ Province de-potenzializzate, de-burocratizzate ed in ritardo nella qualificazione strutturale e dei servizi soprattutto Sanitari, dei Trasporti Locali, interessate da gravi fenomeni di spopolamento ed emigrazione giovanile ed ormai senza uno sviluppo industriale ed artigianale rivolto al futuro eco-compatibile e di cambiamento del paradigma, quali interessi saranno dominanti ed attrarranno i fondi pubblici per gli investimenti  necessari per potenziare almeno esigenze strutturali? L’asse politico tra le province della Gallura, del Nuorese e del Cagliaritano, indeboliranno ancor più anche il Sassarese, nonostante il cambiamento di nome istituzionale.  Ancora, come riusciranno le Città Metropolitane a creare strategie di coinvolgimento dei Comuni del territorio in termini infrastrutturali e sociali ed evitare accentramenti di risorse solo nei Comuni più grandi? Chi programma le necessità di un aggiornamento turistico, economico e produttivo di tutto il territorio metropolitano  e la partecipazione costruttiva dei Comuni  nella determinazione delle proposte e dei progetti, nella assenza di orgaismi professionali pubblici nel  Settore di Pianificazione Economica e Territoriale e Programmazione Comunitaria, cancellati dalle precedenti riforma ed accentrati nella struttura regionale, se non vengono reistituite le competenze istituzionali e funzionali di livello provinciale? Quali soluzioni infrastrutturali avvicineranno i piccoli Comuni in fase avanzata di spopolamento, alle città dominanti?  Quali reti di valorizzazione dei patrimoni culturali e storici saranno programmate e da chi, se non vi sono capacità di valorizzazione dei nuovi territori metropolitani o provinciali?  E quanto costerà l’inefficacia di questo nuovo sistema istituzionale , fotocopia della riforma precedente dimostratasi inefficace?  Quale nuovo sistema di trasporti interni permetteranno gli spostamenti in termini moderni di  velocità e sicurezza  è previsto per facilitare l’interscambio tra zone interne e città urbanizzate?     Il consenso su questa riforma regionale non è poi così scontato come dimostrano le polemiche tra la città metropolitana di Cagliari e la Giunta che si è dimenticata di coinvolgere un ente già riconosciuto ed attivo ai quali viene risposto che in virtù anche di coincidenze di schieramento o di amicizie consolidate, bastava una semplice telefonata come sufficiente consultazione, tenuto conto che è previsto un referendum per i Comuni che vorranno scegliere un’altra Provincia. E’ stato sufficiente il coinvolgimento dell’ANCI Sardegna e del CAL per concludere le consultazioni. Ma non solo, la coincidenza di questa riforma con altre come la recente proposta di ampliamento di struttura dirigenziale a capo della Presidenza della Giunta, la continua richiesta di modifiche Costituzionali a favore del Premier governativo di turno per la possibilità di dimettere Ministri senza il coinvolgimento del Parlamento ed il parere del Presidente della Repubblica, presentata neanche 10 giorni dopo il voto referendario costituzionale  dai Senatori del PD,  e non ultimo, il rispuntare di una proposta di revisione costituzionale per riportare alcuni poteri delle Regioni in capo allo Stato cogliendo l’emergenza sanitaria del COVID-19, e mostrando chiaramente la volontà politica condivisa dai partiti, nessuno escluso, di procedere sulla strada dei Presidenzialismi e del declino della Democrazia, che rischia di trasformarsi in dittatura, quando ritenuto necessario. Dobbiamo riconquistare la nostra Democrazia basata sul popolo e sui cittadini ai quali appartiene il potere.

Una riforma inutile quella sugli Enti Locali in Sardegna che va completamente archiviata e sostituita da una riflessione ed una iniziativa concreta di una riforma sulla possibilità storica, in questo specifico periodo di tentativi di cambiamenti politico istituzionali, che il popolo sardo può partecipare a costruire  con una vera Riforma di tipo Federale basata sui Comuni, riuniti nelle regioni storiche, nelle quattro Province riconosciute dalla Costituzione e nella Regione Sarda Federale. Basta sprecare tempo e denaro pubblico su false riforme o con obiettivi di tradimento della Democrazia. Non parliamo di certo di un federalismo alla americana o delle ex federazioni russa e cinese, ora vere dittature falsamente democratiche, ma il modello più adatto per la Sardegna è quello dei Cantoni Svizzeri con la loro neutralità agli schieramenti militari dei quali ci dobbiamo liberare. La Sardegna può diventare il laboratorio sperimentale del federalismo dei Comuni, delle loro origini storiche e di sintesi politiche territoriali. Un federalismo dal basso che nei Comuni trova il consenso e le proposte direttamente dai cittadini. Tutto il contrario del fenomeno accentratore e presidenziale in atto da più di 20 anni che potrà essere bloccato e sostituito da un Nuovo Modello Federale Regionale, capace di coinvolgere le Regioni Italiane ed Europee verso un vero Federalismo delle Regioni in Europa, come  originalmente proposto dai veri democratici,  in esilio a Ventotene. E’ l’occasione storica non ripetibile di dimostrare di essere popolo, ricco di diversità ma unito sui principi di democrazia, giustizia e libertà.

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