Lo sciopero dei prigionieri politici palestinesi: una questione di dignità
16 Maggio 2017Franco
(20 maggio 2017) Ogni giorno migliaia di prigionieri politici palestinesi sono vittime e, allo stesso tempo, testimoni degli abusi perpetrati dal potere occupante israeliano all’interno delle carceri sioniste. Gli arresti di massa, molti dei quali in regime di detenzione amministrativa (senza processo, ndr), e il trattamento disumano dei prigionieri hanno portato i detenuti, a partire dal 17 aprile, a prendere parte a uno sciopero della fame per resistere agli abusi dell’occupante.
I prigionieri politici palestinesi sono circa 6500. Di questi un decimo è in detenzione amministrativa, un metodo molto utilizzato da Israele contro i palestinesi in Cisgiordania, dove si rischia di essere arrestati e tenuti in custodia senza processo per 6 mesi, per il semplice motivo di far parte di organizzazioni o partiti che lottano per l’autodeterminazione del popolo palestinese, o per aver partecipato a una manifestazione nonviolenta contro l’occupazione militare israeliana delle terra palestinesi. La detenzione amministrativa è un metodo attraverso il quale Israele colpisce in particolare i palestinesi più giovani. Infatti, molti dei detenuti amministrativi sono minorenni e il loro periodo di detenzione si può rinnovare più volte, fino al momento in cui viene concessa la libertà sotto pagamento di una grossa cauzione, anche se non sono state riconosciute colpe al detenuto.
Gli altri 9/10 dei prigionieri politici palestinesi hanno invece affrontato un processo e sono stati accusati di aver organizzato o preso parte a differenti attività politiche contro lo Stato di Israele. 70 di loro sono nati nei territori occupati nel 48, dentro i “confini israeliani”, e hanno quindi cittadinanza israeliana; 480 sono di Gerusalemme Est, 330 sono di Gaza, ben 13 sono membri del PLC (Parlamento Palestinese). 30 prigionieri sono dentro da prima degli accordi di Oslo del 1993, altri 459 stanno scontando una sentenza di oltre 20 anni di galera, 458 sono stati condannati all’ergastolo.
Tantissimi i prigionieri che sono costretti a vivere in condizioni disumane nonostante siano malati. 870 soffrono di malattie croniche e avrebbero bisogno di un trattamento permanente. 85 di loro soffrono di mali incurabili in fase terminale e 19 paralitici sono imprigionati nell’ospedale di Ramla, anche loro subiscono un trattamento disumano.
Oltre 1500 palestinesi si sono uniti a questo sciopero della fame che dura ormai da 32 giorni e sapere questo ci dà un’idea della dignità con la quale il popolo palestinese è in grado di unirsi contro i crimini di Israele, con un metodo doloroso per chi prende parte allo sciopero e per i familiari e amici dei prigionieri che li vedono rischiare la vita per la libertà. Ancora, nonostante questa lezione di dignità, i media europei ignorano i crimini di Israele. Le varie televisioni e i giornali sono molto puntuali però quando si tratta di riportare episodi di resistenza che possano più facilmente essere strumentalizzati e rigirati contro i palestinesi, sempre distorcendone la narrazione. In questo caso gli sarebbe troppo difficile fare apparire Israele come vittima e, per questo, preferiscono tacere.
Fonti dei dati:
– Addameer prisoner support and human rights association
The Center for Defence of Liberties and Civil Rights “Hurryyat Association”