In morte di Placido Cherchi
27 Settembre 2013Giulio Angioni
“La sua dipartita è una perdita che duole molto. E non solo per i vuoti che apre tra le persone che intrattenevano con lui rapporti stretti, ma anche per l´assenza che essa viene a segnare su un piano più generale. E´ un segno sottrattivo che va ad aggiungersi al processo di decrescita senza ritorni di quella generazione di intellettuali ancora legata all´idea gramsciana di cultura e all´ampiezza delle sue accezioni umanistiche. Impossibile non sentire il non esserci più di Mimmo come un ulteriore passo avanti di quel venir meno che va quotidianamente riducendo i margini di resistenza del mondo-qualità all´imbarbarimento merceologico della vita”: così Placido Cherchi diceva il suo dolore per un amico comune, Mimmo Bua, morto nel dicembre del 2008.
Qualche giorno fa è toccato a Placido andarsene. E a me, tra il molto altro, sono tornate in mente le sue parole per Mimmo, pubblicate qui su manifestosardo.
Così, continuo a rileggerle, accomunando i due amici nel nuovo dolore . E il mio rileggerle è anche un rilevare straordinario quanto a Placido si applica ciò che lui scriveva di Mimmo. Ora infatti Placido mi pare dire anche di se stesso, con forza di sentita verità, con quella sua prosa argomentante, che così spesso riprende termini e nozioni a lungo meditate nei suoi grandi e profondi studi su Ernesto de Martino, come quel “mondo-qualità” falcidiato dalla morte tanto quanto dall’imbarbarimento della mercificazione planetaria.
Continuando a rileggerlo, le sue stesse parole ora continuano a dire di sé, di Placido: “Fino a che punto sia stato uno dei pochi intellettuali davvero organici ai contesti della sua appartenenza lo dimostrano in modo molto trasparente l´insieme della produzione data alle stampe e la forma della sua presenza come organizzatore di cultura. Ma lo dimostra altrettanto bene la natura multiversa dei suoi interessi, quasi sempre aperti sui versanti della cultura sarda e quasi sempre attenti a far diventare ermeneutiche le letture dedicate a questo o a quel nodo dei nostri entroterra. Educato all´antropologia simbolica da Ernesto De Martino e allo studio delle tradizioni popolari da Alberto Cirese, il suo modo di accostarsi agli universi dell´immaginario popolare non è mai stato tuttavia di tipo filologico. Una prepotente vena creativa gli ha sempre impedito di restare semplice osservatore e di consegnare allo stile della ricerca neutra e paludata le sue percezioni interpretative”.
E continuando, il gioco diventa sempre più serio ed efficace, con solo qualche aggiustamento rispetto a quella qualità estetica del lavoro di Mimmo Bua, prezioso poeta e sognatore del meglio: “Sì che la ricerca si trasforma di solito […]in una sorta di triangolante metaforizzare sui contenuti raccolti […] in un gesto di fedeltà partecipativa che non tradisce quasi mai lo spirito dei suoi contenuti. […] Ne restavano fortemente riverberate le scelte politiche (inesorabilmente minoritarie e perdenti, ma generosissime) e le scelte esistenziali […]. Una pulsione profonda – quella dell´Es in rivolta – lo spingeva a cercarsi sempre più in là e a travolgere con impeto tutte le codificazioni dell´esistente. […] Anche in lui le ragioni dell´Es e il bisogno di utopia si intrecciavano in una sintesi inscindibile, […] diventava coraggio dei propri sogni, trasformando in forza regolativa e in progetto ciò che sembrava esser nato sulle ali del chimerico”.
Placido era forse meno sognatore di Mimmo, o lo erano entrambi in modo diverso, più poetico in Mimmo e più filosofico in Placido, che oggi si può riprendere anche in quella sua chiusa del 2009, quando diceva di Mimmo: “Anche per questo soffriremo a lungo della sua assenza, ricordando con nostalgia le inflessioni suadenti della sua voce. Era bello discorrere con lui e lasciarsi coinvolgere nei suoi voli. Ci mancherà, forse, più di quanto temiamo”.
Una mancanza , sicuramente, dobbiamo lamentare noi , oggi, per entrambi.
Ieri l’uomo di Arcore e di villa certosa ha dettato il proprio epitaffio: “E’ stato un uomo buono e giusto”. Alla barbarie umiliante di quella sfrontatezza sia di riscatto questa rilettura, che Placido avrebbe detto, crocianamente e demartinianamente, oltrepassante.
2 Ottobre 2013 alle 19:19
[…] Giulio Angioni per il Manifesto Sardo a proposito di Placido Cherchi (lo ricorda usando le parole dello stesso Placido Cherchi in occasione della scomparsa di Mimmo Bua). Link dell’articolo sul ManifestoSardo. […]
4 Ottobre 2013 alle 14:09
Molto vero il pensiero di Giulio Angioni, per esperienza diretta posso dire che non ha mai smesso di ricordare uno «scrittore nascosto» come Mimmo Bua.
Molto bravo nello svelare l’intimità tra i due, «oschirese» per certi versi, formativa per altri, ovviamente intellettuale. Per quanto riguarda Placido Cherchi potete leggere un mio pensiero per la sua scomparsa cliccando questo link: http://robertocarta.wordpress.com/2013/09/25/che-cosa-e-placido-cherchi-due-o-tre-cose-per-decidere-di-essere-sardi/