Nomadi di Cagliari

16 Ottobre 2010

deliperi

Stefano Deliperi

“All’allarme ambientale, per il cocktail di diossina respirata e di discariche incontrollate, (sulla quale però hanno una responsabilità anche i tanti cagliaritani che ne approfittano per gettare in tutta l’area rifiuti di ogni genere), si può aggiungere un grave problema di convivenza civile da non sottovalutare. Con il clima di razzismo – sapientemente alimentato da chi ne vuole trarre un tornaconto elettorale – che monta in Italia e Sardegna c’è il rischio che queste vicende portino anche da noi a veri e propri tentativi di pogrom verso la comunità nomade. A volte mi viene da pensare che il comune non intervenga proprio per arrivare all’esasperazione dei residenti e avere poi una scusa per gli sgomberi indiscriminati, dunque per liberarsi del problema”.  Le parole di Gianni, un residente nel quartiere cagliaritano di Mulinu Becciu, sono molto chiare e rispecchiano la gravità di una situazione in via di rapido deterioramento per il sostanziale disinteresse mostrato dalle amministrazioni pubbliche competenti, in primo luogo il Comune di Cagliari. La vicenda è quasi banale nella sua semplicità.    Il campo nomadi, sulla S. S. n. 554, è ormai da anni il crocevia di attività più o meno lecite legate al recupero del rame e di altri metalli. Un’attività che coinvolge con ogni probabilità vari esponenti della comunità rom residente nel campo e, forse, aziende locali. I materiali contenenti metalli (cavi, condotti, rifiuti di vario genere, ecc.) vengono accatastati e depositati nelle zone contigue del campo, anche ai margini della trafficatissima strada statale, e periodicamente incendiati per recuperare i metalli medesimi.     Tutto avviene sotto gli occhi di chiunque, di notte e anche di giorno.  Centinaia di residenti e di lavoratori sono costretti – loro malgrado – a vivere e a lavorare in mezzo a fumi maleodoranti, incendi e rischi per l’incolumità di persone e beni. La situazione è ormai divenuta intollerabile per chi vive e lavora nella zona e si è rivolto inutilmente innumerevoli volte finora alle autorità competenti, le quali sembrano aver sottovalutato anche le conseguenze sulla convivenza civile fra residenti e rom: nei giorni scorsi, dietro loro numerose preoccupate richieste, ancora una volta le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra hanno inoltrato (8 ottobre 2010) a una nuova richiesta di informazioni a carattere ambientale e di adozione degli opportuni provvedimenti (dopo quella del 3 aprile 2010) al Sindaco di Cagliari, al Corpo forestale e di vigilanza ambientale, al N.O.E. dei Carabinieri (informandone, nel contempo, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari), relativamente alla presenza di cumuli di rifiuti abbandonati e periodicamente bruciati lungo la strada statale n. 554. In seguito alla precedente istanza ecologista della primavera scorsa, il Comune di Cagliari – Area gestione del suolo – Servizio igiene del suolo aveva comunicato (nota n. 102888 dell’11 maggio 2010) di aver provveduto (analogamente a quanto effettuato nel giugno 2009) “alla pulizia, raccolta e conferimento in siti di smaltimento, dei materiali prodotti all’interno del campo nomadi e nelle adiacenze”, richiedendo al Corpo di Polizia Municipale e all’Assessorato alla tutela dell’ambiente della Provincia di Cagliari “di intensificare l’attività di vigilanza sull’area, al fine di evitare ulteriori fenomeni di degrado”. Un importante risultato, ma tutt’altro che risolutivo, vista la carenza nella vigilanza, nei controlli ambientali e, soprattutto, nelle politiche di assistenza sociale e di integrazione. Ed è ora di intervenire, senza rimpalli e ulteriori ritardi, prima che la situazione degeneri sul piano ambientale, igienico-sanitario, della sicurezza stradale e – soprattutto – della serena convivenza sociale.

2 Commenti a “Nomadi di Cagliari”

  1. Gianni Loy scrive:

    C’è un solo aspetto che mi preoccupa. Il fatto che la questione del degrado ambientale venga collegato alla presenza di una comunità etnicamente connotata, quella dei rom. Dobbiamo abituarci all’idea che sia la repressione dei reati, come di altri comportamenti censurabili, può essere attribuita solo ai singoli. Le 386 scuole sarde non bonificate dall’amianto (cifra indicata da un recente reportage di articolo 3), ad esempio, non possono essere addebitate ai sardi. Eppure il rischio ci sarebbe, perché se è vero che in alcune regioni il problema è stato quasi superato, potrebbe dirsi che i lombardi sono bravi ed attenti all’ambiente ed i sardi no? Non lo credo. sopratutto in riferimento alle altre etnie è bene stare attenti anche alle forme. Perché nella vulgata popolare si alimentano le leggende per cui la sicurezza, il rispetto dell’ambiente, etc, sono legate alla presenza di comunità estranee alla storia ed alla tradizione locale. Un fenomeno che in psicoanalisi va sotto il nome di esportazione della colpa. In parole povere il fenomeno degli untori.

  2. Stefano Deliperi scrive:

    Gianni Loy ha ragione. La Sardegna è piena di “aliga” buttata qui e là, basta fare un giro per campagne e boschi o, meglio ancora, lungo le strade. E per buttare i rifiuti non vengono certo malintenzionati dal Giappone. Purtroppo è “colpa” di noi sardi. Nel caso specifico, però, non è questo il punto. Qui ci sono incendi, appiccati periodicamente a cumuli di rifiuti per il recupero delle parti metalliche dei medesimi rifiuti. Fumi maleodoranti e tossici, pericoli di estensione degli incendi, disagi alla circolazione stradale sono la quotidianità per centinaia di residenti e di lavoratori della zona. E anche qui chi mette fuoco non viene dal Giappone. Che cosa si fà? Si affronta finalmente con serietà il problema oppure lasciamo che si “incattivisca” sempre di più con conseguenze immaginabili? Perchè le amministrazioni pubbliche competenti continuano a fare “orecchie da mercante”? Perchè non ricercare invece forme di convivenza civile valide per tutti? Personalmente penso che anche questo sia un compito delle amministrazioni pubbliche, in primo luogo del Comune di Cagliari.

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