Notti padane e crisi di identità..
1 Settembre 2011Valeria Piasentà
C’è un’Italia provinciale che del localismo angusto ha fatto un feticcio, è fortemente identitaria e legata al mito della famiglia tradizionale come nucleo primigenio e alle radici cristiane come modello ideologico. E’ una parte forse residua del Paese, la più conformista, tuttavia pretende di mantenere l’egemonia sociale con la detenzione di un potere assoluto.
Ha lo sguardo corto e, dal baluardo nazionalista fortemente antropocentrico delle sue ‘piccole patrie’, nessuna consapevolezza che i tempi stanno mutando rapidamente e ora ci troviamo a un passo dal cambiamento epocale. Che si respira nel clima da fine impero, proprio come nella repubblica di Weimar degli anni ’30, con gli stili di vita decadenti e amorali della sua classe dirigente raccontati col mezzo dell’arte di Dix e Grosz. Proprio come a ridosso della Rivoluzione francese; le analogie dell’oggi con la caduta del potere aristocratico sono molteplici, e questa volta mondiali.
La sperequazione economica è sempre più marcata, così le classi economicamente svantaggiate e i giovani si ribellano ovunque: dal Cile a Madrid, dal Magreb a Londra, da Israele alla Grecia il popolo manifesta e le città bruciano, è un’onda lunga e più interconnessa culturalmente e politicamente di quanto i nostri conservatori abitanti di ‘piccole patrie’ riescano a comprendere. La crisi economica morde i più poveri e i poveri si ribellano; una bolla speculativa sui generi alimentari potrebbe innescare una rivolta senza ritorno, anche nel nostro ricco occidente democratico.
Le città bruciano mentre l’Italia provinciale continua a baloccarsi con una serie di bagatelle. La Lega di Varese vuole inserire negli Statuti cittadini acanto alle radici cristiane quelle pagane: “Il Comune di Varese, rinnovando la propria secolare storia, riconoscendo nelle radici grecoromane, celtiche e cristiane il fondamento storico, culturale e religioso che ha edificato nei secoli l’Europa. Si dà il presente statuto come norma fondamentale del proprio ordinamento”.
La Regione Lombardia sta approvando una legge, primo firmatario Bossi ‘il trota’, che obbliga all’esposizione del crocefisso o di un’icona religiosa in ogni sala istituzionale e nell’atrio: “Si tratta di una battaglia di difesa dei nostri valori. Il Crocifisso non è solo una icona spirituale e religiosa del Cristianesimo ma rappresenta altresì la nostra identità storica-culturale e i concetti di fratellanza, di pace e di giustizia.…va riconosciuto al Crocifisso, oltre al significato per i credenti, il valore di simbolo di questa nostra civiltà, della nostra cultura umanistica e della nostra coscienza etica”.
Hanno votato a favore i gruppi di Lega e Pdl, compresa la consigliera Minetti, già igienista dentale e organizzatrice di feste private per il nostro primo ministro. Già, per certi politici la coscienza etica è fondamentale! così in questa estate funestata da una crisi economica sempre più profonda, 21 senatori leghisti trovano il tempo per presentare un Ddl che regoli la costruzione degli edifici di culto “delle confessioni religiose di minoranza acattoliche”, ricordando che la nostra Costituzione “ci impone di distinguere tra confessioni privilegiate e altre meno favorite dal legislatore” perché “il nostro è uno Stato democratico sostanzialmente e formalmente cattolico”.
E mentre si discute la difficile manovra economica, i deputati leghisti chiedono sia esposto il crocefisso nell’Aula della Camera. Del resto già Roberto Cota, prima di essere eletto governatore del Piemonte, chiese una correzione all’articolo 8 della Carta costituzionale per riconoscere la tradizione giudaico-cristiana “come fondamento civile e spirituale della Repubblica”. Questi atti non solo avvicinano la Lega alle posizioni del Vaticano e cercano di ingraziarsi un elettorato piccolo borghese orfano dell’ex Dc, ma ribadiscono la strategia comunicativa di un partito che si propone al suo elettorato nel ruolo di difensore della sua tradizione, delle sue terre e della sua ‘gente comune’.
Il richiamo al sentimento di identità, che spesso si basa su un passato mitico quando non del tutto inventato, crea coesione e avvicina gli elettori (la ‘gente comune’, come li chiamano i leghisti) alla figura del rappresentante politico, in questo contesto il linguaggio è fondamentale. L’uso del dialetto avvicina, crea identità linguistica; la drammatizzazione della realtà e la ripetizione di pochi concetti sintetizzati in brevi frasi a effetto rafforzano la coesione, e la coesione interna al gruppo crea alterità.
In quest’ottica si pone l’intervento del segretario provinciale della Lega Nord Franzinelli, già candidato sindaco di Novara alle ultime elezioni e sconfitto dal cattolico Ballarè (Pd).
In una lettera indirizzata a un periodico novarese, Franzinelli dichiara che con il centrosinistra al governo l’identità novarese è a rischio (ricordo che il precedente sindaco leghista aveva una delega alla ‘novaresità’).
E dopo una lezioncina sul significato di identità novarese (qui il testo integrale) conclude così “l’identità novarese è un patrimonio da mantenere e salvaguardare, è la base del vero senso della nostra comunità, con la nostra storia e le nostre radici, fondamentali per costruire il nostro futuro. Occorre operare in questo senso, non cercando di annichilirla, fondendola o, peggio, assimilandola ad altre lontane culture…La Lega Nord non starà a guardare eventuali azioni amministrative di questo tipo, saremo sempre al fianco dei nostri concittadini che hanno reso, con il loro lavoro, importante Novara.
Quelle stesse persone che tornando nella nostra città e leggendo il cartello segnaletico con scritto “Nuara” provano una sincera emozione.”
E cosa rende più coeso il popolo delle ‘piccole patrie’ se non partecipare al tifo per lo sport campanilistico? come il calcio, sport nazionale, o il ciclismo, sport popolare per eccellenza?
Così Renzo ‘il trota’ Bossi si è presentato sul palco di Pontida con una fiammante bici della nazionale Padana, e ora organizza il primo Giro della Padania. Tuttavia molti sindaci dissentono, come a Piacenza, e alcuni partiti boicottano l’iniziativa propagandistica, come Rifondazione a Cuneo.
Il segretario piemontese della Lega risponde “Quattro nostalgici ancora oggi tentano invano di frapporsi al progresso e hanno il coraggio di bollare il Giro della Padania come manifestazione fascista, ora che le polemiche si sono sopite è giusto chiarire che il processo verso la costituzione della Padania come entità politica è inarrestabile e nessun anacronistico profeta della dittatura del proletariato potrà interrompere il corso della storia”.