Notti padane. La pace coi lupi

16 Ottobre 2012
Valeria Piasentà
«Non mi dimetto» è la frase ricorrente dei politici inguaiati, e il tormentone di Roberto Formigoni. Ma dimissioni o no, dopo quella di Reggio Calabria l’amministrazione lombarda potrebbe venir sciolta per infiltrazione mafiosa. I segnali ci sono: dal 2010 sono 5 gli indagati in Giunta per un totale di 14 consiglieri su 80; cui si deve aggiungere il ‘Flagello dei centri sociali e Baluardo della Cristianità’, l’assessore Pier Gianni Prosperini (Pdl), condannato per corruzione e turbativa d’asta e indagato per traffico d’armi. Sono stati arrestati, condannati e indagati per: falso e truffa, appropriazione indebita, peculato, concussione, corruzione e corruzione aggravata, bancarotta fraudolenta, finanziamento illecito ai partiti, induzione e favoreggiamento della prostituzione anche minorile, voto di scambio, diffamazione e finanche tifo violento. L’immoralità si aggrava con l’arresto dell’assessore Zambetti (Pdl) per concorso esterno in associazione mafiosa.
La Lega potrebbe azzerare politicamente questa giunta ma lo farà? sa che a seguire il Pdl farebbe cadere quelle di Veneto e Piemonte, Formigoni lo minaccia costantemente per rafforzare il tormentone: «Io non mi dimetto». Dell’abuso di denaro pubblico e del familismo amorale in Regione Piemonte abbiamo scritto abbondantemente, il resto è sulla stampa di queste settimane. Ma ecco un paio di aggiornamenti. Il novarese Boniperti (Pdl), vicepresidente del Consiglio Regionale, ha dichiarato «Se non ci fossero i gettoni di presenza prenderei uno stipendio assolutamente non rapportato al culo che mi faccio», per giustificare i rimborsi per 37mila euro incassati nel 2011. Secondo come entità di rimborsi è Maurizio Lupi, ex professore di ginnastica ed ex democristiano. Lupi, dei VerdiVerdi-L’AmbientaLista per Cota con la sigla WWWF nel simbolo, è consigliere unico del suo partito quindi capogruppo di se stesso, e incassa la quota dei rimborsi elettorali (si parla di 200/250mila euro l’anno) e di rimborsi autocertificati per ‘attività sul territorio’ (oltre 31mila euro).
Ha fatto assumere in Regione figlia, moglie, due fratelli; alle feste elettorali si è fatto fotografare con Lele Mora e una serie di soubrette. Il suo ‘partito’ appoggiava la candidatura di Cota nel 2010, ed è stato denunciato dalla Federazione dei Verdi, dai Radicali, dal Comitato Bresso, persino dal WWF per la pluriennale attività di creatore di liste civetta, con scritte e simboli clonati con lievi modifiche. Ora dichiara che alla conclusione del mandato andrà a lavorare nell’azienda di famiglia. Per Cota «è in atto un attacco politico nei confronti delle Regioni e degli Enti Locali: a livello piemontese si deve dare una risposta chiara, perché gli Enti Locali e le Regioni sono la grande opportunità per dare soluzioni vere ai problemi dei cittadini».
Allora ci domandiamo come mai un personaggio come Giovine, che ha patteggiato una condanna in primo grado e in appello a 2 anni e 8 mesi per aver certificato nel 2010 false firme della lista che ha determinato la vittoria di Cota, sieda ancora in Regione e stia lavorando alle liste elettorali per le prossime consultazioni; perché venga redarguito da Cota ma solo per l’ostruzionismo in aula sulla riduzione del numero dei consiglieri: «Fuori dalla maggioranza, e non ci rientrerà».
La corte dei novaresi sbarcata a Torino al seguito di Cota comprende due addetti stampa (vedi “La conta” e “Grazie maestro Muti”). Dal Fatto Quotidiano del 2 ottobre: «Nello staff del Presidente della Giunta Roberto Cota il responsabile dell’ufficio comunicazione si chiama Giuseppe Cortese, ha diritto a una retribuzione lorda di 116.500 euro, cifra che porta a casa insieme ai 82.810 della moglie Isabella Arnoldi, responsabile dello staff dell’assessore allo sviluppo economico ed ex Sindaco di Novara. A conti fatti, grazie ai molteplici incarichi pubblici (come nel CdA di Alenia, Il Sole24ore 8 10 2010, ndr), si collocano come la famiglia leghista più ricca d’Italia». L’articolo è citato dai capogruppo al Consiglio Comunale di Novara, Reali di Sel e Pirovano del Pd, in una lettera ai giornali: «Una intera classe politica, quella che per un decennio ha dominato la scena a Novara e che ora governa la Regione Piemonte, ne esce malconcia.
Il quadro che emerge dai dati pubblicati dai giornali è desolante: c’è un cospicuo numero di esponenti novaresi di vario livello della Lega Nord (ex assessori, ex consiglieri comunali, funzionari di partito, oltre a collaboratori del cerchio più stretto) che, usciti battuti nelle elezioni comunali a Novara, sono stati ricollocati in uffici regionali e percepiscono stipendi, in qualche caso molto lauti, a base di denaro pubblico». Risponde Cortese, promettendo denunce alla magistratura per le ‘considerazioni diffamatorie e scomposte, prive di dignità politica’: «Malcostume perché? Non li ho rubati visto che sono frutto di un regolare contratto di lavoro a tempo determinato. Non mi paiono proprio frutto di una qualsiasi regalia posto che ho lavorato con impegno, determinazione e, francamente e senza falsa modestia, mi sembra pure con buoni frutti».
Strano però che Cortese si rivolga ai politici novaresi anziché al giornalista del Fatto, citato dai novaresi. La risposta scivola poi ‘elegantemente’ sul personale: «Pirovano non lo conosco ma me ne parlano come di uno spasimante respinto di mia moglie. Può essere che certe delusioni motivino reazioni anche inconsulte. Reali invece non mi sorprende. Trattasi infatti del medesimo consigliere comunale che in undici anni di presenza a Palazzo Cabrino non si è mai segnalato almeno per un unico, magari minimo ma concreto contributo alla pubblica amministrazione. Il nulla. Il vuoto pneumatico. Piuttosto giornalisticamente parlando ricordo con sincero terrore le sue interminabili e velleitarie omelie politichesi da cattocomunista in ritardo di un secolo sui giorni nostri e comunque ahinoi frutto di rimasticature politiche ruminate ma non digerite» (Corriere di Novara, 8 ottobre). Il 10 Ottobre arriva la replica di Sel e Pd via volantini distribuiti davanti al Comune, con conseguente bagarre in Consiglio.
Per ora siamo in guerra.

«eppure qualcuno ha creduto alla pace coi lupi
e adesso ci stanno opprimendo e rendono i tempi più neri, più cupi»

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