Notti padane. Torino e la pancia del Paese
16 Dicembre 2013Valeria Piasentà
Inquieta città. Che, dal 1998, anche questo Natale si è addobbata con le sue magiche Luci d’artista mentre tutto intorno la società frana rumorosamente. In via Lagrange è montata una fiaba costruita con parole di lampadine colorate. Racconta una città troppo rumorosa dove la gente non sa più ascoltarsi; un bosco silenzioso dove i viandanti spariscono; un orco cattivo e un esercito che cerca di stanarlo; poi l’arrivo del pazzo Luì che costruisce bastoni sonori per non perdersi nel silenzio e nel rumore. (Luì e l’arte di andare nel bosco di Mainolfi e Quarzo). Povera, elegantemente sobria Torino: all’avanguardia con le sue esposizioni d’arte giovanile e contemporanea; le sue rassegne di teatro e il suo Museo del cinema che il mondo ci invidia; le sue raffinate facciate barocche coi lacrimogeni che ti entrano dalla finestra di cucina. Torino soffre, mentre tenta di resistere rinnovando i segni di amministrazioni lungimiranti che della grigia, povera e fumosa città d’immigrazione che era negli anni ’60 e ’70 del Novecento, han fatto un centro di raffinata cultura e bien vivre, conosciuto più all’estero che in Italia. Torino ora scricchiola e si disgrega sotto i colpi della crisi economica, e della più pericolosa crisi morale e familistica che attraversa le sue classi dirigenti, così come nel resto del Paese, e non da oggi.
Questa settimana, proprio da Torino è partita la seconda ondata della ‘rivolta dei forconi’. La prima era confinata alla Sicilia, dove nel gennaio del 2012 son scesi in sciopero gli autotrasportatori seguiti da altre categorie professionali che coi loro presidi rivendicavano, fra l’altro, l’indipendenza della Sicilia dal resto d’Italia. E dove il presidente regionale di Confindustria come il capo della Procura palermitana, hanno lanciato un allarme per infiltrazioni mafiose fra i manifestanti. Quel movimento colse le simpatie dell’estrema destra – Morsello, il leader dei ‘forconi’ siciliani, pareva molto vicino a Forza Nuova – come di alcuni rappresentanti locali del Grande Sud di Miccichè e del Movimento per l’Autonomia di Lombardo. Anche in questi giorni a Torino si sono visti all’azione diversi componenti di Forza Nuova, che ha lanciato un appello per l’organizzazione di nuovi presidi. Mentre Casa Pound è presente al campo base del Coordinamento 9 dicembre in Parco Ruffini, e la vigilia è intervenuta col comunicato: «Invitiamo i nostri iscritti, simpatizzanti, elettori e chiunque non si vergogni di definirsi ITALIANO a sostenere attivamente SENZA SIMBOLI ma solo con il TRICOLORE, le mobilitazioni di autotrasportatori, agricoltori e categorie produttive CHE INIZIERANNO IL 9 DICEMBRE». Perciò non dobbiamo stupirci se uno dei leader del Coordinamento, quel Danilo Calvani che si è presentato in Jaguar al comizio genovese, in una riunione organizzativa a San Mauro Torinese ha rivendicato «la costituzione di un governo temporaneo magari con una figura militare di riferimento». A questo serve la paventata marcia su Roma? alla costituzione di una dittatura militare? Ma i più numerosi sono giovani appartenenti alle ali estreme delle tifoserie calcistiche, che intervengono in forza nei cortei insieme a commercianti, piccoli artigiani e trasportatori. Mentre molte sono le associazioni, i comitati che si dissociano: dai centri sociali di sinistra ai sindacati all’Ampi Piemonte, che con il suo presidente Diego Novelli prende le distanze da un movimento fintamente spontaneo, invitando «tutti gli antifascisti e i democratici a respingere con fermezza le iniziative illegali messe in atto da questi provocatori, invitando tutte le sezioni del Piemonte dell’Anpi a vigilare e soprattutto a svolgere un’azione di denuncia e di informazione della cittadinanza».
Le manifestazioni sono state precedute da segnali inquietanti, la denuncia arriva dal presidente provinciale dell’Ascom, così lunedì mattina la città appare irrealmente deserta con tutte le attività commerciali serrate, spesso sotto minaccia anche violenta come in uno storico bar di Piazza San Carlo, dove i clienti sono stati ‘invitati’ ad uscire mentre alcuni manifestanti hanno minacciato di distruggere il locale. Circolano poche auto e pochi autobus che deviano per evitare i presidi. Tre sono i presidi fissi, uno è in piazza Castello davanti al palazzo della Regione, mentre gruppetti di manifestanti si spostano velocemente e pare con un ordine precostituito, da un punto all’altro di Torino, per bloccarne le attività. Sono preferiti gli snodi stradali, i mercati, le stazioni di Porta Nuova e Porta Susa dove arrivano giornalmente da tutta la regione e oltre lavoratori pendolari e studenti. Bloccare le stazioni è una manifestazione di disprezzo verso queste categorie – il disagio sociale ed economico colpisce tutte le fasce deboli – e a Torino accade di continuo, tanto che a novembre è dovuto intervenire il rappresentante del Comitato Pendolari del Piemonte al fine di ammansire commercianti mercatali che avevano occupato i binari di Porta Susa. Queste manifestazioni sono spia di malcontento eppure, fra gli arrestati durante la guerriglia urbana a Torino e la devastazione del Comune di Nichelino, compaiono personaggi con precedenti penali per reati comuni, quindi provenienti dalla malavita organizzata, così ora Digos e Procura di Torino indagano secondo l’ipotesi che dietro le manifestazioni vi sia una regia occulta e organizzata da tempo.
Dopo tre giorni di forzata chiusura del mercato all’ingrosso, mercoledì cominciano a scarseggiare i prodotti freschi mentre lievitano i prezzi: quelli di melanzane, zucchine e carciofi sono raddoppiati. Venerdì pare tornato un clima meno teso, i negozi sono aperti, i treni e gli autobus circolano. Sabato due manifestazioni attraversano la città: quella dei sindacati ‘CotaAcasa’, e quella degli studenti ‘Diritto allo studio, trasporti, cultura. Mandiamo Cota a casa’. La polizia non ha tolto i caschi e socializzato con questi giovani come ha fatto con i ‘forconi’: al lancio di uova e vernice la polizia ha caricato e picchiato gli studenti, come di regola. E domani Torino aspetta al Lingotto la kermesse della Lega Nord per l’elezione del suo nuovo segretario, alla presenza di Marine Le Pen leader del Front National. Però qualcuno deve avvisare Salvini, recentemente schieratosi coi ‘forconi’, che gran parte della protesta torinese è rivolta contro il suo compagno di partito Cota, che resiste unico e pervicace sulla barricata di una amministrazione regionale ormai dissolta, per molti da sempre illegale, cui tutti chiedono le dimissioni. Mercoledì, mentre a Torino si guerreggiava sotto le finestre del suo ufficio, Cota era a Novara. Davanti al Palazzo della Provincia lo aspettava un gruppo di manifestanti così è uscito dalla porta posteriore. I torinesi saranno sollevati quando uscirà alla chetichella anche dalla porta di servizio della Regione Piemonte. E allora si vedranno anche meno manifestazioni per le strade di Torino.