Notti padane. Vento gelido da NordOvest
16 Gennaio 2013Valeria Piasentà
Tutto come previsto: Berlusconi ha imposto alla Lega la consueta alleanza alle elezioni regionali come alle politiche, sotto minaccia di togliere i suoi uomini dalle amministrazioni governate in coalizione. E la Lega ha accettato. Maroni, il duro e puro barbaro sognante dalle ramazze verdi, poteva far altro? forse no, avrebbe perso tutto, considerando anche che il partito in corsa solitaria non avrebbe raggiunto la maggioranza in Regione Lombardia, fallendo un traguardo strategico al progetto di macroregione padana. La base leghista, dopo tante critiche e proclami, ora si ritrova Berlusconi candidato premier ma non ha accettato il cambio di rotta: il giorno dopo i sondaggi penalizzano la Lega accreditandola fra il 4 e il 5%. Così Maroni alza il tiro e ai suoi in caso di vittoria promette, oltre al 75% del gettito fiscale mantenuto nel territorio, di creare una Lombardia a statuto speciale e fare di tutto il nord una zona franca a costo di modifiche costituzionali, una sorta di paradiso fiscale italiano dentro l’Italia? nei fatti riproponendo l’idea di secessione. Perché, sostiene Maroni, questo è l’accordo stipulato con Berlusconi. E incredibilmente il piano viene premiato. Un sondaggio di Mannheimer per il Corriere del 13 gennaio, indica la coalizione con Maroni presidente in vantaggio di 4 punti sul centrosinistra, quindi possibile vincitrice locale con le conseguenze sulla formazione del parlamento che ben conosciamo.
Anche Formigoni torna al Pdl accettando un seggio romano sicuro, almeno nelle intenzioni. Si riallea con quella Lega che ha fatto cadere il suo governo, abbandona il suo primo candidato Albertini a favore di Maroni. Tutta Comunione e Liberazione lo segue. Le liste sono piene di incandidabili come Dell’Utri e altri coinvolti in procedimenti penali tuttavia neppure la questione morale sfiora l’animo cattolico dei ciellini coesi come mai intorno a Berlusconi e al loro Celeste. La tradizionale classe dirigente italiana lotta per mantenere a ogni costo le posizioni di un potere politico, amministrativo, imprenditoriale, di gestione delle credenze che, soprattutto in alcune regioni, si è trasformato in privilegio e arricchimento personale. Così intrecci e intrighi alimentano i rapporti tra i fratelli-nemici del centrodestra, frammentati in un universo di nuove, vecchie, talvolta fantasiose liste, e tutti hanno un piano b nel cassetto. Ha un piano b quel Pdl che ha patteggiato con la Lega assicurando che Berlusconi non si sarebbe presentato a capo della coalizione, per poi depositare una lista con il logo Pdl e la scritta ‘Berlusconi presidente’. Ha un piano b Berlusconi: dopo aver assicurato di non candidarsi, da settimane monopolizza programmi televisivi allestendo teatrini degni del miglior avanspettacolo d’antan. Ha un piano b Calderoli, rappresentante dell’umore verticista piemontese. L’11 ha depositato al Viminale tre liste per la Lega, quella ufficiale riporta il logo 3L di Tremonti e il nome Maroni. Il giorno successivo è tornato a più riprese per sostituire alcuni simboli ma non il logo di una lista autonoma con la scritta ‘Maroni presidente’ affiancata solo dalla croce leghista rossa in campo bianco. La lista è rappresentata da Stefano Bruno Galli, ricercatore in Storia delle dottrine politiche alla Statale di Milano nonché presidente di Eupolis Lombardia, un istituto regionale a nomina politica. La lista correrà alla Camera in Piemonte, Lombardia, quel Veneto (il collegio Veneto 1) provinciale che esclude la millenaria e pluralistica cultura veneziana (Veneto 2); al Senato in tutto il nord fino all’Emilia. Calderoli dichiara che Berlusconi è a capo della coalizione composta da una decina di liste, fra cui l’MPA di Lombardo e il Grande sud di Micicché (saranno contenti i leghisti storici e anche il buon Crocetta), ma solo per il Pdl, perché la Lega riconosce come rappresentante unicamente l’ex ministro Tremonti.
Anche il novarese Roberto Cota ha un piano b? Sembra che la crisi dell’editoria, quella che ha causato il dissesto di tante testate storiche come il Manifesto, voli leggera sul nord-ovest. Da qualche settimana qui esce un nuovo quotidiano che nelle intenzioni dovrebbe a breve essere in edicola anche in Liguria e Lombardia: Il Nordovest, diretto dall’esperto Gianni Pintus. Il lancio dell’ agenzia ASCA, tradizionale riferimento della Lega, lo dice finanziato da una cordata di imprenditori piemontesi. Pare che la proprietà sia nelle mani di un noto rubinettaio novarese, amministratore è un giovane commercialista pure lui novarese. E ha due redazioni, una a Torino e una nel centro storico di Novara. Le indiscrezioni (novaresi) dicono che dietro l’iniziativa ci sia il portavoce di Cota, Giuseppe Cortese, giornalista ed ex fondatore-direttore di Tribuna novarese, sostituito da Eugenio Di Maio nel 2010 quando Cortese ha lasciato per trasferirsi in Regione al seguito di Cota. E proprio il nome di Di Maio compare come firma di punta de Il Nordovest. Nel frattempo un nuovo scandalo lambisce Cota e il suo seguito di amici: la segretaria del tesoriere leghista al Senato dichiara che Cortese nel 2010 veniva pagato da Cota con fondi pubblici della Lega. Gli interessati smentiscono promettendo querele.
I ben informati dicono che Il NordOvest sia nato per sostenere la campagna di Cota. Martedì 8 gennaio titolava in prima pagina “Cota si candida (capolista al Senato ndr) ma non abbandona la Regione”, il giorno dopo Maroni e Berlusconi firmano l’accordo mentre il commissario governativo grazia la Regione che secondo l’assessore alla sanità, di area cotiana, è in pieno default finanziario. La poltrona di Cota si salva per l’ennesima volta. Il NordOvest deve avere pochi lettori perché la notizia della candidatura non è rimbalzata, almeno fino a oggi 14 gennaio, in una Torino gelida e inquieta col centro presidiato dalla polizia per garantire a Monti, in piena campagna elettorale, l’inaugurazione della stazione di Porta Susa. Lo accompagnano alcuni amministratori, manca il presidente della provincia e manca tutto il vertice del Pdl che ha provocatoriamente inaugurato ieri l’opera considerata frutto esclusivo dei governi berlusconiani. Non mancano tanti manifestanti, fra cui si distinguono i NoTav.
Intanto che fanno gli ex-ministri torinesi, i tecnici prestati alla politica che non si candidano? Elsa Fornero tenta di rientrare negli organismi direttivi di Intesa San Paolo, dove prima della nomina governativa era vicepresidente del Consiglio di sorveglianza.
Quando si dice razza padrona… Non mollano perché l’esercizio del potere crea dipendenza quanto una droga; poi si trovano sempre sostenitori o un fedele elettorato malgrado gli scandali, le ruberie, le incapacità a governare per il bene comune. Dopo un ventennio di decostruzione e disprezzo del corpo sociale ora agli italiani servirebbe una sana rivoluzione culturale, una rivoluzione civile. L’economia seguirà.