Paesaggio urbano, ricordando Franco Boi
11 Ottobre 2023[Gianni Loy]
Il paesaggio urbano, voglio dire della mia città, è certo costituito da viali e da alberi, da facciate e da scorci panoramici. Da sempre ci diamo un gran daffare per migliorarlo, quando prevalgono l’amore e le poesia, o anche a devastarlo, quando a prevalere, invece, sono l’egoismo e l’ansia del profitto.
Il paesaggio urbano di questa città, bianca e solare, che poggia il suo sguardo sul mare, quasi ad attendere che si compiano le promesse di un destino scritto ormai troppo tempo fa …. il mio paesaggio urbano è costituito anche dalle persone che la abitano, che la percorrono.
Come Franco, ch’era facile incontrare, di tanto in tanto, lungo le strade della Marina o di Stampace basso e, immancabilmente, in occasione delle manifestazioni che, il più delle volte, prendevano il via dalla Piazza Garibaldi per concludersi nella piazza del Carmine. C’era sempre da protestare, da rivendicare, da solidarizzare. A volte soltanto per una stagione, a volte per sempre, come nel suo caso. È stato il partito, sarà stato il sindacato, sarà stata la resistenza. Sono tanti i motivi che spingono una persona a non dimenticare mai a casa la propria militanza, ed a portarsela appresso, sempre, sia che piova, sia che sia che faccia bel tempo, sia che soffi il maestrale che durante l’assedio dello scirocco, i tempi di questa nostra città.
Franco portava quasi sempre con sé una cartella, o un giornale, un sorriso, con lo sguardo di chi sa ascoltare. Si commentavano i tempi bui che viviamo, immaginando, tuttavia, che un giorno o l’altro, in fondo al tunnel, ci avrebbe potuto accogliere il chiarore di una luce. Sarà il sole dell’avvenire?
Franco ti ricordava un’iniziativa, un progetto, ma lo faceva con allegria, con gioia; non come a volte certi militanti che predicano rabbia ed astio e ti rovinano la giornata.
L’ha fatto adattandosi alle stagioni che mutavano, in ciascuna trovando il motivo e gli strumenti per la militanza. Fosse la scuola, o il sindacato, o gli ”anziani” come ha ricordato Marco Lai accomiatandosi, con un saluto, o forse con un arrivederci. Chissà! Perché ogni giorno porta la sua pena, ma anche la sua speranza, perché il sole sorgerà implacabile e tiepido, anche dopo il giorno di tempesta.
Non so, non ricordo se, magari in tempi lontani, al tempo del sindacato, sia riuscito ad avere uno screzio con lui.
Ricordo bene, però, il piacere di incontrarlo, in una manifestazione, in un’assemblea, in via Crispi. Ricordo il suo entusiasmo, quasi ingenuo, per ogni atto di militanza. Ricordo con quale dolcezza e con quanta passione, programmava, per l’eterno, le scadenze della militanza. Ma eterni non siamo. Piuttosto frammenti di una ragione ignota che cercano di compiere il proprio dovere.
Cambia il mio paesaggio urbano, come i ficus mutilati, come i pini che si accasciano sotto la furia del vento. Come l’autunno in ritardo.