Paolo Fadda e l’overdose di improperi contro l’ambientalismo
12 Marzo 2019[Sandro Roggio]
Sul giornale online Il risveglio della Sardegna è comparso un articolo di Paolo Fadda: una overdose di improperi contro l’ambientalismo. Con il quale si accoglie e si rilancia la tesi azzardata di una sinistra “rimasta ostaggio di un ambientalismo ideologico ed estremista, sostenuto tra l’altro da esigue minoranze radicali (…) ossia di “alcune microcellule ambientaliste, spuntate ovunque come funghi, perché protette e sostenute proprio dai dirigenti della sinistra” Gulp. Sappiamo bene almeno due cose. La prima, che la “sinistra” non ha sostenuto quasi nessuna delle tesi del movimento ambientalista sardo, se per sinistra si intende – come pare di capire- quella SbloccaItalia -SìTrivelle – EvvivaTav, in Sardegna schierata contro il Ppr di Renato Soru. Insomma una parte consistente del PD di questi anni, che di sinistra ha davvero poco.
La “sinistra-signorsì” non c’entra quasi nulla con il Pci – è vero: poco ambientalista; ma occorre ricordare che Enrico Berlinguer, impropriamente evocato da Paolo Fadda, aveva avviato una riflessione nel famoso discorso agli intellettuali tra 1977 e il 1979. Con cui si chiedeva una politica di austerità contro il modello economico-sociale “fonte di sprechi, di parassitismi, di privilegi, di dissipazione delle risorse, di dissesto finanziario”. Chissà come sarebbe andata se Berlinguer non fosse scomparso dopo qualche anno.
La seconda cosa. In Sardegna le “organizzazioni eversive e assolutiste” (sob) e “moderate” dell’ambientalismo sono rimaste del tutto inascoltate; e infatti ha stravinto il partito del sì a tutto, ma proprio a tutto. Impossibile cancellare le prove dello scempio, neppure con le prodigiose bonifiche, basta che Fadda lo chieda a Nanneddu che a furia di sentirselo cantare potrebbe spiegargli facilmente che nulla può tornare “a sicut erat”. Un danno grave e nel complesso irreversibile. Sappiamo che non si possono cancellare le lesioni prodotte dagli incendi e dai disboscamenti ( contro i quali si batteva l’ambientalista anzitempo Alberto LaMarmora).
Come non esiste la possibilità di eliminare tutti i veleni sparsi in terra e in mare da insediamenti industriali (equamente distribuiti tra nord, centro, sud), o smaltire le carcasse di generatori di energia (già obsoleti), o eliminare i rifiuti esito da lavorazioni nocive a cui si sommano le scorie delle guerre simulate nei poligoni militari mentre ci interroghiamo sui rischi di RWM che produce armi con grave rischio e con poco Pil nel martoriato Sulcis. E su termovalorizzatori e dorsali e centrali termodinamiche osteggiati anzitutto dalle comunità locali. Dovremo farci carico di urbanizzazioni in danno di habitat speciali (chi non ha ricordi della Sardegna com’era, può dare un’occhiata alle coste inaccessibili, conservate per la sconvenienza qualsiasi progetto).
Politiche pubbliche confuse hanno consentito la razzia di luoghi una volta fantastici, privando l’isola di un orizzonte di felicità, del gusto pieno della vita – si dice nello spot. La Sardegna varrà sempre meno per come è stata ridotta e costerà molto aiutare le persone a sopravvivere in condizioni di disagio costante, come a Capoterra o a Olbia. Temo che ci stiamo abituando al degrado prodotto, inspiegabile con il basso numero di abitanti. Ma si sa, pure alle devastazioni un po’ alla volta non si fa più caso, come capita soprattutto a chi – è immaginabile – considera mali necessari pure i paesaggi più horror, i fanghi rossi a PortoVesme o i pantani di cianuro a Furtei, – questi sì mozzafiato.
E si capisce pure la convenienza a dire che la macchina autodistruttiva in moto non si può fermare. Meglio sdrammatizzare: aiuta a conviverci con il nonsenso di luoghi perduti, senza deprimersi troppo. Ma la narrazione si scontra con la dura realtà: fa male ammetterlo ma dov’è più intenso il danno ambientale c’è un surplus di disoccupati e ci si ammala di più. Sfiga tremenda, appunto, se nello stesso luogo tre tutele costituzionali- paesaggio, lavoro, salute – sono sfumate in qualche decennio. Proprio là dove la visione ambientalista ha contato zero.
Meglio non dare retta ai medici allarmisti ( di cui invece vorremmo sapere di più). D’altra parte c’è il “rovescio della medaglia” su cui fare conto, che so, la biodiversità più resistente nei territori molto spopolati, il Molentargius colorato di fenicotteri, i pesci insensibili alle maree gialle. È così via. I servizi di Report ci indignano, ma ci consola Bell’Italia con le immagini del Paese celebrate dai turisti tra natura e arte. Ecco, temo che non siamo in tempo a ricorrere agli artisti per preservarci dalla successione di brutture, perché potrebbe essere troppo tardi. Come scrive Salvatore Settis: “la bellezza non salverà il mondo se noi non salviamo la bellezza”, correggendo la fiduciosa profezia – “la bellezza salverà il mondo” – affidata da Dostoevskij al principe Myškin.
C’è da temere la disperazione che fa dire cose terribili, tipo la disoccupazione peggio delle malattie. Il rischio più grave, in fondo. L’assenza di prospettive in grado di decretare l’ adesione popolare a qualsiasi proposta, pure contro gli interessi dei sardi. Sta in questo solco il successo del partito del “sì a tutto” tranne che al Parco Nazionale del Gennargentu. Una leadership incontrastata nel clima dell’ avvilimento collettivo. Ci sarebbe da sperare che qualche opposizione possa bilanciare la propensione allo sfruttamento senza contropartite del territorio sardo. D’altra parte non ho mai sentito i sindaci di paesi spopolati – la grande tragedia sarda – imputare la dolorosa regressione alla congiura ambientalista verso “ogni forma di antropizzazione”. O l’Anci incolpare per la mancanza di infrastrutture le regole sulla tutela dell’ambiente e del paesaggio.
12 Marzo 2019 alle 17:37
Condivido in toto…..Avrei scritto le stesse cose, anche,io. Come non essere allibiti al leggere di dichiarazioni demenziali contro chi, encomiabilmente, fa dell’ambientalismo una missione in difesa della Natura, per la salvaguardia dell’autenticità e delle specificità di una terra che, altrimenti già sarebbe stata “mangiata” per avidità ed ingordigia senza limiti?
13 Marzo 2019 alle 09:14
…”Politiche pubbliche confuse hanno consentito la razzia di luoghi una volta fantastici, privando l’isola di un orizzonte di felicità…” Quanto molto bene scrive Sandro Roggio, è cosa da noi risaputa, eppure capace comunque di provocarci nuovo dolore. Perchè? Perchè tutti vorremmo…ma poco o niente facciamo. Giorni orsono, di fronte a una platea di delusi per l’esito delle ultime elezioni in Sardegna, non me la son proprio sentita di “adeguarmi” e piangere con loro. Ho gridato forte il mio invito a non demordere a innalzare i livelli democratici di lotta perchè non ritengo che tutto sia perduto nonostante tantissimo sia già stato perso. La Sardegna, deve ricaricare l’orgoglio, iniziando con lo spazzolare via tutti i personaggi vetusti, politici, politicanti e galoppini che hanno finora concorso,ottenuto e sguazzato anche nel disastro generale di tentata o realizzata distruzione ambientale sarda.Per far questo due sono i modelli da seguire: dare forza a una nuova formazione politica sarda che metta alla porta il padano PSd’az ( rafforzare Autodeterminazione?); pretendere dai sardi coinvolti nella sinistra nazionale, comportamenti decisamente meno dipendenti dal centro e più attenti alla promozione e cura di nuove condizioni ambientali e sociali per la Sardegna.
come non destarsi prepotentemente dal torpore che avvolge la nostra Terra, sentendo
16 Marzo 2019 alle 12:54
[…] Nel dibattito aperto da Paolo Fadda sul tema delle politiche di difesa dell’ambiente, dopo Massimo Dadea e Ignazio Cirronis, presidente di Copagri Sardegna, interviene Sandro Roggio, architetto e urbanista, con un contributo pubblicato anche sul Manifesto sardo. […]