Passeggiata nuorese al tempo della crisi
16 Febbraio 2017Amedeo Spagnuolo
Pessimismo, tristezza, solitudine e, non di rado, disperazione, sono queste le emozioni che, in una giornata come le altre, durante una passeggiata estemporanea per le strade di Nuoro, mi si sono fatte incontro e hanno preteso attenzione da me, quasi a voler in qualche modo scuotermi dal mio torpore intellettuale. Torpore che, purtroppo, condivido con tanti altri che, come me, vivono in una condizione d’indolenza mentale causata, principalmente, dal disorientamento di una comunità che ha perso quasi tutti i punti di riferimento più importanti che consentono ad un individuo di condurre una vita sufficientemente gratificante.
Durante questa passeggiata poco serena, osservo il corso Garibaldi, da un lato e dall’altro della strada ormai prevalgono i locali vuoti con le insegne di affittasi e vendesi che marchiano in maniera indelebile la fine di un progetto commerciale e, probabilmente, la caduta nell’inferno della disoccupazione e, forse, della disperazione. Tra gli altri c’è un locale vuoto che fino a qualche anno prima ospitava una bella libreria, non molto grande ma piena zeppa di libri. Era piacevole
trascorrere tra tutti quei volumi un po’ di tempo, sfogliare qualche libro, acquistarne qualche altro, magari consigliato dal libraio esperto che ti dava una mano quando il dubbio ti assaliva sulla qualità dell’uno o dell’altro volume. Il vuoto di quel locale commerciale mi ha colpito in maniera probabilmente esagerata, provocandomi un profondo malessere che si è prolungato per tutta la giornata. Tutto dipende, forse, dal fatto che nel mio personalissimo modo di vedere, la chiusura di una libreria rappresenta simbolicamente il fallimento, non solo del libraio, ma dell’intera comunità che, decidendo di ridurre o, addirittura, di non acquistare più manco un libro ha decretato, in maniera concreta, che la cultura non è più un fattore necessario per contribuire alla crescita economica, ma anche civile, del nostro consorzio umano e dei tanti altri che costellano il nostro paese. Certo mi verrebbe da dire che l’Italia non è mai stato un paese che ha coinvolto le masse nella lettura dei libri, di fatto, però, l’attuale crisi economica ha determinato un crollo disastroso delle vendite in questo settore con evidenti conseguenze non solo economiche, ma anche di natura etica e culturale.
Dopo il Corso Garibaldi, continuando la mia passeggiata triste e solitaria e con la mente occupata da pensieri piuttosto corrosivi, giungo senza quasi accorgermene in via Repubblica, una strada un po’ più periferica del capoluogo barbaricino, ma che negli anni si era caratterizzata come una delle arterie più commerciali della città. Lungo questa strada, infatti, si concentravano decine di negozi di tutti i tipi e i marciapiedi erano sempre brulicanti di persone in cerca di qualcosa da acquistare. Questo accadeva solo qualche anno fa, a vederla oggi mi assale una profonda sensazione di malinconia, eppure io abito nelle vicinanze, ma non mi ero reso conto, prima di adesso, della desolante situazione in cui questa strada, tanto viva un tempo, era sprofondata. Pochissime le attività commerciali sopravvissute, tra queste vi sono quelle che tradizionalmente rappresentano i luoghi d’incontro e di socializzazione dei nuoresi ovvero bar e pizzerie.
Ebbene, entro in una di queste pizzerie e scambio qualche chiacchiera con il proprietario che conosco da tempo, questi mi confida che le persone oggi sono costrette a risparmiare anche sull’acquisto di una pizza da portare a casa, per quella al tavolo, poi, ormai i clienti si contano sulle dita di una mano. Mi trasferisco in un bar poco lontano, con la scusa di un caffè cerco di capire se la situazione sia migliore, macché, il gestore mi confida a bassa voce che se le cose continuano in questo modo chiude tutto e torna a lavorare in nero nell’edilizia o in qualsiasi altro settore ci sia da guadagnare qualcosa.
Comunque meglio di continuare a spaccarsi la schiena da mattina a sera in un bar con il risultato di riuscire, a stento, a coprire le spese. Continuo la passeggiata, il passo diventa sempre più lento e faticoso, sarà la depressione che mi sta assalendo, ma forse posso riprendermi un pochino con la cultura, d’altro canto, la piccola Nuoro, nei momenti peggiori si è sempre aggrappata ad essa. Arrivo a casa di un noto musicista nuorese, un bicchiere di buon vino rosso e mi sembra già di stare meglio, poi gli faccio qualche domanda sulle ripercussioni della crisi economica sulla cultura, non mi risponde, prende la chitarra e mi dice: “ ti suono qualcosa va’ che è meglio!”.
La lenta e inesorabile decadenza del capoluogo barbaricino che ho ritratto nella prima parte di questo scritto, prendendo spunto dalle impressioni che mi colpiscono negli ultimi tempi camminando per le strade di Nuoro, non accade per caso ma è il frutto del disegno politico dell’attuale giunta regionale, disegno che forse era già stato abbozzato durante il governo delle coalizioni precedenti, ma che ha raggiunto la sua definizione proprio con l’attuale amministrazione regionale attraverso atti politici chiari e molto discutibili che andremo in seguito a elencare. In molti pensavano che l’elezione del prof. Pigliaru avrebbe portato a un sano riequilibrio della gestione delle risorse economiche della Sardegna, ciò sarebbe potuto accadere in quanto si pensava che il nostro governatore avrebbe mantenuto le promesse elettorali che indicavano come una priorità politica la rinnovata attenzione per la Barbagia e per il Centro Sardegna in generale.
La realtà che si sono trovati di fronte i cittadini dell’interno dell’isola è stata purtroppo un’altra, le risorse economiche hanno continuato a concentrarsi in misura sostanziale su Cagliari e il territorio circostante. Visitando la Barbagia in maniera attenta ci si rende conto della devastazione socio –economica dilagante: il depotenziamento degli ospedali di Nuoro e Sorgono; la chiusura di numerose scuole che presidiavano democraticamente i piccoli centri barbaricini e non solo; la soppressione di vari uffici pubblici d’importanza strategica; la drastica riduzione dei cantieri verdi; il cattivo funzionamento della rete stradale come nel caso delle arterie Desulo – Fonni, Teti – Tiana e Gadoni – Seulo, tutte strade che versano in uno stato di semiabbandono; per non parlare delle promesse mai mantenute di favorire forme d’imprenditoria e di sostegno all’occupazione.
Il disegno politico è chiaro e coerente con una visione neocolonialista che vede i territori interni dell’isola come delle inutili “zavorre” da sacrificare al progetto di sviluppo di poche e maggiormente popolate aree della Sardegna (Cagliari, Sassari, Olbia ecc.), tutto questo, ovviamente, non tenendo in alcun conto il rischio di annientare in maniera definitiva il ricchissimo patrimonio etnico – culturale della Barbagia e del Centro Sardegna ovvero di tutti quei territori che, invece, vengono studiati e visitati ogni anno da numerosi ricercatori provenienti da tutta Europa.