Pastori e non solo

1 Novembre 2010

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Marco Ligas

È ormai diffusa un’interpretazione singolare delle lotte che gli operai, i pastori o i lavoratori precari conducono per difendere i loro diritti. In queste lotte, secondo l’opinione di chi governa, ci sarebbe qualcosa di preoccupante, una componente politica conflittuale con propensioni estremistiche  che renderebbe difficile la soluzione delle vertenze. L’ultima affermazione del genere l’ha espressa il ministro delle politiche agricole Giancarlo Galan, riferendosi alle richieste e alla protesta dei pastori per l’adeguamento del prezzo del latte. È curioso questo atteggiamento: come la lotta dei lavoratori si radicalizza, ecco che i responsabili delle crisi fanno emergere il fantasma della politica cattiva e lo propongono come alibi della loro incompetenza o, peggio, della loro noncuranza rispetto ai problemi di chi lavora.
Questo tentativo maldestro di giustificare la propria inettitudine è solo l’ultimo in ordine di tempo. Se percorriamo a ritroso le manifestazioni più recenti (quelle degli operai della Vynils, dell’Euroallumina, di Ottana, o degli stessi pastori) registriamo da parte delle istituzioni la stessa irresponsabilità.
È da mesi che i pastori pongono all’attenzione dell’opinione pubblica e, soprattutto, di chi  governa il disagio che deriva da una condizione di estrema precarietà. Il costo di produzione del latte supera il prezzo che viene pagato dagli industriali. Questa differenza si verifica nonostante la retribuzione oraria del lavoro del pastore sia notevolmente più bassa rispetto a quella che viene  riconosciuta sindacalmente ad un lavoratore agricolo. L’adeguamento del prezzo del latte è perciò un obiettivo fondamentale da raggiungere. Non è il solo ma certamente rappresenta il punto di partenza per evitare che la crisi del settore diventi irreversibile e per far si che i pastori possano riprendere il lavoro con la dovuta serenità.
Non è difficile capire che le modalità per uscire da questa crisi coinvolgono sia le istituzioni (e non solo quelle regionali), sia le relazioni tra produttori e industriali del latte. Le istituzioni possono svolgere un ruolo determinante per avviare un’inversione di tendenza. Nonostante le chiacchiere che vengono fatte abitualmente sull’efficacia del libero mercato, registriamo come non ci sia attività produttiva che non riceva incentivi o sostegni da parte dei governi. Persino la Fiat li riceve nonostante il suo amministratore delegato, con estrema sfacciataggine, dica il contrario. Il comparto della pastorizia non può essere da meno: ha bisogno più che mai di interventi programmati ed efficaci che partendo dall’emergenza affrontino poi i problemi strutturali che condizionano le attività produttive. Si dice che le richieste avanzate dal Movimento dei pastori siano eccessive. È probabile, ma questo eccesso presunto non può essere usato per ritardare ulteriormente gli interventi indispensabili per riprendere le attività e garantire ai pastori condizioni di vita più dignitose. Il settore agro-pastorale è largamente in credito con la Regione sarda: non solo non ha avuto le stesse attenzioni che in questi decenni sono state riservate alle attività industriali, ma è stato sempre considerato una palla al piede dell’economia sarda. È giunto perciò il momento di riconsiderare queste attività e sostenerle lungo un processo di crescita e di innovazione che veda nella ricerca una condizione essenziale del sostegno pubblico.
Naturalmente quando si parla di formazione di prezzi, se non si vogliono difendere privilegi legati ai ruoli differenti dei vari operatori economici, non ci possono essere soggetti che impongono decisioni e altri che le subiscono. I pastori non possono accettare le decisioni degli industriali che intendono pagare il latte ad un prezzo inferiore al suo costo di produzione. Ecco un altro vincolo che dovrebbe interrompere qualsiasi finanziamento pubblico a vantaggio di quegli industriali che non sottoscrivono accordi interprofessionali sul prezzo del latte.
Forse, nella lotta tuttora in corso del Movimento dei pastori, è opportuno mettere maggiormente in evidenza le gravi responsabilità degli industriali che, con ostinazione, rifiutano qualsiasi trattativa. La lotta dei pastori, che sono i soggetti più esposti della crisi, deve riuscire ad individuare con attenzione chi ostacola la soluzione dei problemi per cui ci si batte. E al tempo stesso deve trovare alleanze che la rafforzino. Ecco perché è importante che la prossima mobilitazione abbia già il sostegno degli studenti e dei lavoratori precari.

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