Per un 25 Aprile di lotta

25 Aprile 2017
Graziano Pintori

Anche in Italia, come tutti i paesi che tendono a cambiare in modo convulso, c’è l’inclinazione all’oblio. Oggi, per esempio, ricordiamo il 25 Aprile come un obbligo del calendario e non come dovere istituzionale. L’Anpi si è prodigata in tanti anni a difendere la Costituzione, tenere vivo l’antifascismo, gli orrori della guerra e la storia della Liberazione, che fu un’esperienza collettiva, in cui tante provenienze e diversità si ritrovarono unite per liberare l’Italia dall’occupante nazista e dal regime fascista, che per 20 anni impose la sua dittatura. La Resistenza durò circa 20 mesi, un mese per ogni anno di dittatura, e tanti furono i contributi degli italiani, fossero preti o militari o liberi e anonimi cittadini, che non si arresero ai nazifascisti pur sapendo di andare incontro alla tortura, al carcere, alla morte.

Sicuramente la scuola, intesa come istituzione, si trascina la grave responsabilità di insegnare la storia, in modo particolare il novecento, con una certa superficialità. “Il Secolo Breve”, secondo l’opera di Hobsbawm: “fu il secolo più violento della storia dell’umanità, ma anche quello che finalmente ha visto emergere sulla scena della storia il Quarto Stato e le Donne”. Gli effetti scolastici sulla conoscenza degli eventi che caratterizzarono il ‘900, e in modo particolare le vicende che scatenarono l’ultimo conflitto mondiale, ci portano alla triste constatazione che molti giovani, e anche meno giovani, ignorano il significato per cui il 25 Aprile è segnato in rosso sul calendario. In tanti non sono coscienti del nesso tra Resistenza e Carta Costituzionale, tra lotta partigiana e fine del nazifascismo nell’Italia del 25 Aprile 1945.

Il quale giorno non fu la sintesi di un insieme di fatti di cronaca, come molti pseudo intellettuali vorrebbero far intendere, ma fu un giorno in cui si rese concreto uno squarcio di storia intenso e plurale che restituì l’Italia e la libertà agli italiani, ponendo, allo stesso tempo, le basi alla Costituente. Senza la Resistenza saremmo senza Costituzione, ossia l’architrave legislativo dello Stato italiano che garantisce la convivenza civile, in cui si sostanziano i principi della democrazia, della libertà, dei diritti e doveri di tutti i cittadini senza distinzione di ceto, religione, genere ecc. Inoltre, è bene evidenziare le gravi responsabilità politiche odierne, e degli ultimi decenni, rispetto alla carente applicazione del dettato Costituzionale, ossia l’avamposto dei diritti universali: uguaglianza, solidarietà, lavoro, salute, istruzione ecc.

Perciò suona male l’ufficialità di certa politica che si presenta con i soliti manifesti e fiori tinti di rosso nella ricorrenza del 25 Aprile, quando, strumentalmente, ha tentato di scardinare la Costituzione con il referendum del quattro dicembre scorso. Αltre responsabilità sul carattere approssimativo della conoscenza di quel periodo storico le dobbiamo attribuire a una certa intellighenzia, che mira a discettare e scrivere solo di ombre e colpe della Resistenza, con lo scopo di ridurne la sua portata storica e sociale. Sicuramente non mancarono le “ombre” in quel lasso di tempo intenso e cruento, però, c’è da dire, che l’onestà intellettuale della maggioranza degli storici afferma che la guerra di Liberazione fu storia di popolo e passione collettiva, che non può e non potrà essere segregata tra i fatti di cronaca privi di contestualità storica.

Quest’anno ricorre il 70° della Costituzione, l’Italia è travagliata da una profonda crisi economica e dalla caduta verticale dell’etica pubblica, le carte della democrazia ci impongono di essere più forti della paura e degli egoismi assumendo una forte e convinta svolta economica, mirata alla crescita del lavoro tramite il quale restituire dignità alle persone. L’Anpi ritiene la Costituzione l’unico vero programma del Parlamento, essendo sempre attuale e democraticamente efficace contro gli egoismi, i nuovi fascismi e inutili populismi.

[Cagliari, Piazza Del Carmine, manifestazione del 25 aprile 2017, foto di Ambra J.]

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