Un nuovo ruolo per Cagliari
1 Giugno 2007Francesco Cocco
Cagliari è capoluogo dell’Isola per qualcosa che va al di là di uno stretto rapporto col territorio. Se a legittimare il ruolo di capoluogo fosse soltanto un legame territoriale, Cagliari non dovrebbe avere un tale ruolo. I Sardi del sud dell’ Isola, dovrebbero avere l’onestà intellettuale di riconoscere questo fatto. Per capirlo basta dare uno sguardo alla carta geografica. E’ il capoluogo di regione più decentrato. Milano è al centro della Lombardia, Palermo rispetto alla Sicilia è nella stessa posizione di Oristano rispetto alla Sardegna. E così per le altre regioni.
Questa accentuata perifericità è sofferta da oltre metà del territorio dell’Isola. Andate in Gallura,chiedete e capirete quali fastidi essa genera. Per non parlare di Sassari, della sua secolare contestazione nei confronti di Cagliari.
Sino ai primi del Novecento (e vedremo perché ai primi del Novecento il rapporto in qualche modo comincia a cambiare) è vero che Cagliari è stata “Sardegna altra”, cioè separata in quasi tutto dal resto dell’Isola. Era capitale non per i servizi che poteva rendere alla Sardegna ma essenzialmente per ragioni di alta strategia militare, connaturate a ruoli di politica internazionale e molto limitatamente ai legami col territorio.
Risparmio i precedenti storici, ma un interrogativo che si pose dopo il passaggio della Sardegna ai Savoia dobbiamo porcelo ancora oggi. Questo perché ne derivano conseguenze politiche attuali. Quindi chiediamoci : “Perché i Savoia confermarono il ruolo di Cagliari capitale quando Sassari era enormente più vicina alla “capitale degli Stati di Terraferma” (secondo la locuzione del tempo), cioè Torino, ed alla seconda città degli stessi Stati, cioè Genova ?”.
I Savoia erano diventati re di Sardegna per la loro capacità di alleanza ed intermediazione con le grandi potenze. Possedere la rocca di Cagliari significava disporre di una piazzaforte militare di “prima grandezza” che poteva consentire un ruolo di politica militare internazionale. Oltretutto era in piedi una minaccia militare dei regni del Nord-Africa, ad Est l’ Impero asburgico era in una posizione di permanente guerra guerreggiata con l’ Impero ottomano. Solo qualche decennio prima i Turchi avevano assediato Vienna. Ecco perché la prima preoccupazione dei Savoia fu di rafforzare il ruolo di piazzaforte militare della città.
Spesso si dice che tanto interesse per l’architettura militare era in funzione antispagnola. Certo era anche questo, ma non è sufficiente a spiegare la costruzione di una serie di manufatti militari che durò decenni. Né serve a giustificare l’esborso finanziario che un tale lavoro comportò. Realizzare una grande piazzaforte militare, nella politica del tempo significava, per un piccolo Stato, esser presente sulla scena internazionale. Ed è ciò che volevano i Savoia.
Il ruolo di piazzaforte militare permane, ma solo formalmente sino al 1867, quando Cagliari viene tolta dall’elenco ufficiale delle piazzeforti militari. La data è importante in quanto consente di dare attuazione al primo piano regolatore della città, elaborato da Gaetano Cima. Da notare che era in ordine cronologico, il secondo piano regolatore dopo l’Unità d’Italia. Importante anche perché la città comincia a darsi un nuovo assetto di città d’industrie e di commerci.
Si compie una vera rivoluzione antropologica. Nasce una borghesia non solo mercantile ma anche industriale. E’ la Cagliari di Salvatore Rossi, impegnato negli interventi edilizi ma anche iniziatore delle prime industrie tessili, e fondatore di istituti di credito. E’ la Cagliari dove s’ impiantano le prime aziende metallurgiche: le fonderie dei Chicca-Savolini, dei Doglio che consentono di soddisfare pienamente il mercato isolano. In questo periodo nasce l’industria molitoria con la filiera dei pastifici che producono sia per il mercato isolano che per l’esportazione. Sono le industrie molitorie dei Merello, dei Costa, dei Fagioli.
Cognomi non sardi: è una borghesia in gran parte d’importazione. Ma questo non significa che nella seconda metà dell’Ottocento manchi in Sardegna un’ intraprendente borghesia d’origine sarda. La grande industria isolana del tempo è quella estrattiva, soprattutto l’ industria mineraria del piombo e dello zinco, dominata da quella singolare figura d’industriale, politico e in qualche modo editore, in quanto proprietario e fondatore di giornali, che fu Giovanni Antonio Sanna, il dominatore del panorama economico sardo nella seconda metà dell’ Ottocento. Di fatto riuscì a controllare in campo nazionale l’allora strategico mercato del piombo e dello zinco.
La borghesia a cavallo tra Ottocento e Novecento si era posta il problema del ruolo della città che si proietta verso l’ Africa con una forte presenza sarda in Tunisia ed Algeria. E’ significativo che a Cagliari, agli inizi del Novecento, si pubblichi un periodico in lingua araba. Anche la forma urbana della città è nelle preoccupazioni della borghesia cagliaritana. Ottone Bacaredda, al di là di certa vulgata che schematicamente lo pone su posizioni antipopolari, proietta la città verso il mare (nuovo municipio), le dà decoro urbano (la Cagliari monumentale del centro storico), pensa a soluzioni allora avveniristiche (il tunnel sotto Castello).
I moti del maggio 1906, di cui la sinistra sarda dovrebbe ricordarsi adeguatamente, sono il fatto storico che, per un altro verso (accanto al conquistato ruolo mercantile ed industriale), sanziona la funziona guida di Cagliari agli inizi del secolo. La città è diventata un centro urbano con una forte presenza operaia, soprattutto nel settore metalmeccanico con oltre 500 addetti. Al censimento del 1911, oltre il 25% della popolazione attiva risulta addetto ad attività industriali. Stiamo parlando di una popolazione complessiva di 40.000 abitanti.
Al ruolo egemone che la città va conquistando in campo isolano contribuisce il fatto che la grande industria sarda (quella mineraria con migliaia di addetti) è concentrata in gran parte nel sud dell’Isola (bacino minerario dell’Iglesiente, del Sulcis, della zona di Guspini e Arbus) . Di qui un ruolo economico trainante che entra in profonda crisi negli anni ’60 del Novecento con la crisi dell’industria mineraria.
Questi brevi cenni ci aiutano a comprendere come i moti di Cagliari del 1906 si estendono a tutta la provincia (da Gonnesa a Villasalto) ed a molti paesi del centro e nord Sardegna.. Anche grazie al sorgere dei partiti moderni, la città si salda al resto dell’Isola, cessa di essere quella “Sardegna altra” alla quale facevo prima riferimento.
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