Per un ripensamento globale su produzione, distribuzione, fruizione della cultura
20 Maggio 2020[red]
Pubblichiamo l’appello per un ripensamento globale su produzione, distribuzione, fruizione della cultura dal titolo “Non torneremo alla normalità, la normalità era il problema”.
Non torneremo alla normalità
La pandemia tutt’ora in corso, con il suo carico di tragedia ma anche di disvelamento della realtà, ha messo a nudo l’insostenibilità dell’attuale sistema produttivo, compreso quello su cui si basa l’intero settore culturale italiano. Questo terremoto, di così ampia intensità e vasta durata, rischia di travolgere sotto le sue macerie centinaia di posti di lavoro, professionalità in gran parte già precarie, piccole imprese, decine di laboratori e di esercizi commerciali. Se c’è una cosa che abbiamo imparato da questa crisi è che solo il processo virtuoso della partecipazione, insieme alla condivisione e alla solidarietà, può darci gli strumenti per debellare una malattia deflagrata all’interno di un sistema produttivo non più sostenibile.
In quanto abitanti coscienti di questo pianeta, sappiamo che l’insediarsi nelle nostre vite del Covid-19 non sta mettendo fortemente in discussione il solo mondo dell’editoria e del lavoro culturale organizzato, ma che è l’intero sistema produttivo mondiale a essere messo drammaticamente in crisi. Un nemico invisibile, un virus che ci ha chiuso in casa per mesi, mostrandoci scenari impensabili – fosse comuni a New York, stragi nelle case di cura, assalti ai supermercati – ci ha costretto a renderci conto di quanto fragile sia l’equilibro della terra che abitiamo, fiaccata da decenni di corrosione degli ecosistemi, processi di inurbamento, diseguaglianze sempre più insostenibili, sfruttamento generalizzato di uomini e donne, e sempre più gravemente minacciata dagli effetti dei riscaldamento globale.
Il grido d’allarme che vogliamo lanciare, pur nell’orizzonte che abbiamo tracciato, nasce in seno a quella comunità che considera irrinunciabile il legame con le radici profonde della nostra storia, che vede la produzione di pensiero come elemento fondativo di ogni aspetto della nostra esistenza e che da sempre – nelle sue svariate incarnazioni che vanno sotto il nome di cultura – mantiene vivo uno dei comparti più fragili e sottostimati nel mondo del lavoro. Parliamo di chi crea, produce, scrive, traduce, edita, stampa, distribuisce, legge i libri, questi fragili prodotti di cui la pandemia ci ha mostrato tutta la necessità, quando, non più in grado di entrare in una libreria, abbiamo cercato di procurarcene copie in ebook o abbiamo atteso una consegna con gratitudine infinta.
Iperproduzione, bassa vendibilità, ridondanza dell’offerta, precariato, sfruttamento e autosfruttamento, finanziamento a fondo perduto. Se volessimo sintetizzare in poche parole il mondo della produzione editoriale pre Covid-19 potrebbero essere queste le parole più adatte a descrivere un sistema distorto, perennemente in crisi, che oggi rischia di implodere definitivamente. Le parole elencate ne sottendono altre come: diritto di resa, sovrasconti, debito, posizioni dominanti, tutti meccanismi produttivi e finanziari, anziché abitudini consolidate di progettazione e vendita, che – se non fosse per la passione e la creatività che da sempre contraddistinguono questo settore – avrebbero prodotto ben più drammatiche conseguenze a discapito dei principi di democrazia, libertà e indipendenza, intrinsecamente legati al mondo del libro.
La normalità era il problema
A partire da una piattaforma di richieste strettamente connesse al mondo del libro, auspichiamo che si possa aprire un tavolo di confronto con le realtà che danno vita non solo all’editoria ma a tutte le attività legate alla cultura, come il teatro, la musica e il cinema.
La nostra proposta, che ci ripromettiamo di sviluppare in dettaglio attraverso specifici gruppi di lavoro, si articola su alcuni punti attorno ai quali, dopo un ampio confronto e approfondimento, intendiamo giungere alla stesura di una piattaforma su cui chiedere un incontro urgente ai rappresentanti governativi, cercando di coinvolgere quante più realtà possibili, per quanto diverse tra loro.
Punto 1: Proteggere il lavoro sviluppando adeguati strumenti legislativi atti a ridurre il precariato e contenere la fragilità che oggi contraddistingue il mondo del lavoro editoriale. Tutelare le migliaia di collaboratori e collaboratrici esterni alle case editrici attraverso la creazione di un Contratto nazionale per freelance editoriali.
Punto 2: Sostenere la compravendita di diritti d’autore internazionale attraverso l’istituzione di un fondo per le traduzioni dall’italiano alle lingue straniere e per l’acquisto e la traduzione di opere di letteratura da tradurre in italiano. Mettendo a sistema e incrementando quanto già esiste e gli attori privati che in questo specifico settore operano.
Punto 3: Sostenere il mercato con la creazione di un’agenzia a partecipazione statale e/o regionale, di servizi (a prezzi calmierati) a favore degli editori a produzione nazionale, non a pagamento e con una produzione di almeno dodici titoli l’anno di interesse nazionale, per la partecipazione alle maggiori fiere nazionali e internazionali; servizi di stampa; magazzino e spedizioni. Questa agenzia non sarebbe un’azienda, ma un consorzio-coordinamento che coinvolga i maggiori service, tipografi, corrieri, magazzini già presenti nell’attuale filiera editoriale per agevolare e rendere sempre più sostenibile i costi di queste attività, anche attraverso specifici finanziamenti.
Punto 4: Sostenere le attività di vendita al dettaglio con la politica di prezzi d’affitto (o di acquisto per locali vincolati alla vendita dei libri) calmierati al 30% del valore di mercato con una politica territoriale che preveda la presenza di almeno una libreria coinvolta per ogni 100.000 abitanti. Lo stato o la regione si occuperebbero di versare il 30% della differenza del costo attraverso sgravi fiscali ai proprietari e/o agevolazioni, riassorbimento costi con altri tributi ecc.
Punto 5: Sostenere la lettura con il rifinanziamento permanente della 18app e l’agevolazione allo sviluppo dell’interazione tra editoria di varia, biblioteche e istituti scolastici.
Nel più vasto impegno per una riconversione ecologica che allontani l’esito catastrofico dell’attacco in corso al clima e alle risorse del pianeta, auspichiamo una riflessione comune su:
Punto 6: Introduzione di criteri di protezione della biodiversità e di tutela della casa comune che prevedano un impegno sulla provenienza delle materie prime, a cominciare dalla carta, sulla sostenibilità dei trasporti, sul risparmio energetico, sull’uso e il corretto smaltimento dei prodotti di stampa.
Punto 7: Lotta alla cultura dello scarto, sia nella produzione che nella logica distruttiva del macero. A questo proposito, vanno previste modalità di distribuzione dei libri a chi non può comprarli (biblioteche di ospedali, carceri, case popolari, scuole disagiate, “libri sospesi”…) o anche accordi con comunità che fanno del riciclo il proprio mestiere.
La nostra campagna ha un’immagine che la rappresenta. Un’immagine riprodotta di seguito che sarebbe bello ognuno dei sostenitori dell’appello diffondesse a suo modo nella sua specifica produzione e realtà come segno di adesione a un impegno comune.
Per adesioni e commenti: lanormalitaerailproblema@
gmail.com Promotori: Massimo Roccaforte, editore e promotore culturale, Riccardo Burgazzi, editore
Primi firmatari:
Francesco Ciaponi, editore
Federico Chicci,
Alessandro Dal Lago, sociologo.
Christian Elia, giornalista.
Nicoletta Maldini, libreria Trame.
Cristina Muccioli, Docente Accademia di Belle Arti di Brera.
Daniela Padoan, scrittrice.
Guido Viale, saggista.