Per una Buona scuola servono pratiche partecipative

1 Ottobre 2015
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Carlo Sanna

L’Autunno studentesco che ormai è alle porte sembra connotarsi in maniera notevolmente diversa rispetto alle precedenti stagioni di mobilitazione. Certamente ciò che rende differente ciascun “autunno caldo”  fa parte di un processo fisiologico, gli alti e bassi delle piazze sono una caratteristica che ha radici e motivazioni profonde ma in continua evoluzione; altrettanto certo è che la stagione alla quale ci avviciniamo sarà fortemente influenzata dalle vicende che hanno attraversato il nostro Paese negli ultimi mesi.

Lo sfondo è quello di un anno di mobilitazione continua ed accesa, a livello non solo studentesco: dal 10 Ottobre, data di mobilitazione nazionale per gli studenti medi, si è passati repentinamente alla piazza oceanica della CGIL del 25 Ottobre, allo Sciopero Generale del 12 Dicembre, tornando poi in primavera con le mobilitazioni contro la Buona Scuola culminate nella data del 5 Maggio e proseguite in estate. Proprio questa lunga stagione fa da base all’analisi sul futuro prossimo, immediato, delle mobilitazioni e della partecipazione in generale. Perché se da un lato si è riusciti a tenere alta la tensione e a ripopolare le piazze dopo un periodo relativamente lungo di calma piatta, dall’altro lato ci si è trovati di fronte un Governo che, tramite delicatissime ma decise forzature, ha proseguito dritto per una strada rispetto alla quale ha progressivamente concesso sempre meno possibilità di deviazione. La realtà che il mondo della scuola si trova brutalmente a dover affrontare è dunque quella per la quale nonostante mobilitazioni fortemente partecipate, la Buona Scuola è diventata Legge 107/2015, andando a modificare l’assetto dell’istruzione secondaria con tutte le criticità e i pericoli messi in risalto nelle mobilitazioni stesse.

La prima e più immediata conseguenza sarà certamente un forte senso di disillusione, di impotenza, come già vissuto nel periodo post-Gelmini. La seconda e potenzialmente più pericolosa, sarà un accentuato distacco dei cittadini da una politica che appare sempre più distante, i cui livelli decisionali sembrano essere irraggiungibili, in un contesto nel quale la partecipazione, l’attivismo e l’impegno vengono mortificati da un Esecutivo che restringe tutti gli spazi di discussione, arginando e scoraggiando la partecipazione democratica. La sfida che ci troveremo ad affrontare in questo autunno sarà dunque nuova ed ambiziosa, e richiederà la capacità di interrogarsi e dotarsi di strumenti efficaci per comunicare con gli studenti e contrastare questa pericolosa sensazione che porta ad isolarsi dalla partecipazione attiva. Sarà necessario evitare di cadere nella ritualità e nella strumentalità dei numeri in piazza, costruendo le mobilitazioni, a partire dal 9 Ottobre, attraverso pratiche partecipative che siano il più vicino possibile alla concreta quotidianità studentesca ed attraverso un ruolo rinnovato e potenziato della rappresentanza, riportando tra i nostri coetanei la consapevolezza di essere capaci di incidere e produrre cambiamento, e la sensazione che valga la pena impegnarsi singolarmente e nella collettività.  

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