Perché partecipare alla Marcia Sarda per la pace Laconi – Gesturi
1 Ottobre 2017Paolo Pisu
Domenica 8 ottobre prossimo si terrà la 16° edizione della Marcia Sarda per la pace Laconi – Gesturi, cioè una giornata dedicata ai temi della pace, alla rimozione degli strumenti e alla liberazione dei luoghi che vengono utilizzati per politiche e azioni che favoriscono le guerre. Il programma della giornata inizia al Cineteatro di Laconi, alle ore 10:00, dopo il saluto delle autorità, con l’Assemblea – dibattito sul tema : “ Non abbiamo bisogno né di fabbriche di bombe, né di scorie nucleari, né di basi militari. La Sardegna vuole scegliere il proprio futuro : lavoro dignitoso, rispetto dell’ambiente e accoglienza in modo civile per i migranti, in un mediterraneo di pace “. Poi, alle ore 13:00, il pranzo sociale al sacco al Parco Aymerich di Laconi. Alle 15:30 trasferimento, con propri mezzi, a Nuragus, dove alle 16:00 inizia la Marcia. Arrivo a Gesturi alle 17:00, con saluti e interventi.
Questa iniziativa è promossa dalla Tavola Sarda della Pace, una organizzazione formata da tante associazioni, comitati, sindacati, comuni, gruppi e persone, che vogliono dialogare e stare assieme, pur nella diversità di posizioni, per portare avanti delle lotte, proposte e iniziative, che operino a favore della pace, contro le politiche di guerra, per modelli di sviluppo che siano tesi alla valorizzazione dell’uomo e dell’ambiente in cui esso abita e vive. Ovviamente, a questa giornata sono invitati tutti, in particolare coloro che hanno più a cuore i temi della pace, solidarietà, ambiente, diritti, in particolare per il lavoro ai giovani e alle persone che ne hanno urgente bisogno.
Nel convegno, la mattina, si alterneranno persone che forniranno dati e valutazioni sulla corsa al riarmo di questi anni. Infatti, negli ultimi 10 anni le spese militari mondiali sono aumentate del 70% e l’export globale di armi è incrementato del 30 %. La risposta dei governi alle crisi appare essere prevalentemente di tipo militare, magari usando a pretesto le provocazioni dei vari dittatorelli e regimi autoritari sparsi nel mondo. Anche l’Italia si muove in tal senso, esportando quasi i 2/3 degli armamenti prodotti nei paesi dell’area “calda” del vicino oriente e nord Africa, dotandosi di nuovi sistemi d’arma da attacco, rifiutandosi di partecipare ai negoziati dell’ONU che hanno portato al bando delle armi nucleari nel luglio scorso. Pericolo che avevamo avvertito quando il 13 maggio scorso La Tavola e altri avevamo accolto a Cagliari la “nave della pace”, con 1.200 giapponesi, tra cui 12 Ibakuscia ( coloro che sono sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroscima e Nagasaki ).
In Sardegna permangono condizioni sostanziali di crisi generale, senza che si intraveda un serio piano di sviluppo, che sappia coniugare diritto al lavoro, rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini, dignità dei lavoratori e rispetto per un futuro migliore per il popolo sardo. Nell’assenza di una politica seria e inclusiva si lasciano i lavoratori e i territori in balìa di se stessi, subendo il ricatto di scegliere tra la disoccupazione o lavorare in industrie nere e inquinanti o addirittura che producono bombe, utilizzate per colpire popolazioni inermi, scuole e ospedali. Bombe prodotte in Sardegna, dalla RWM tedesca, utilizzate dall’Arabia Saudita contro lo Yemen, in dispregio delle leggi italiane. Tutto questo senza aver seriamente affrontato la vergognosa sproporzione di territorio sardo ceduto per le basi e ai poligoni militari, con il mare e lo spazio aereo interdetto per lunghi periodi l’anno, con esercitazioni militari imponenti, marketing di ogni tipo d’arma, malattie belliche di diverso tipo, che colpiscono militari e civili e aumentano le percentuali dei malati collegati alla presenza militare. Non si chiedono le bonifiche di terra e mare, facendole pagare all’inquinatore, cioè lo stato. Come se non bastasse non è del tutto esclusa neanche la possibilità di ubicare nell’isola il deposito unico di scorie radioattive, bocciato, tra l’altro, da un referendum popolare. E’ evidente che i nostri governanti sardi non vogliono modificare questo stato di cose limitandosi a qualche sporadica protesta o approvando qualche mozione in Consiglio Regionale, senza darle alcun seguito. La stessa assenza si nota ( salvo qualche eccezione) sia nel parlamento italiano che in quello europeo. Noi pensiamo che tutto questo debba finire. Dobbiamo in quanto sardi pensare e lavorare per ipotizzare un ruolo di pace per la Sardegna, cessando di essere una portaerei piazzata al centro del mediterraneo occidentale, per diventare un ponte di dialogo e confronto tra i popoli, gli stati, religioni ed etnie, in tutta l’area del mediterraneo. Sarebbe un bel esempio e contributo per la pace nel mondo. Infine, è auspicabile che, al più presto, dalla regione parta un dibattito, alto e che coinvolga tutti, per dotarsi di un nuovo modello di sviluppo auto-centrato (che valorizzi tutte le risorse locali, che sono veramente tante) ed eco-compatibile, rispettando i lavoratori e cittadini, aumentando il valore e l’appetibilità della Sardegna, come terra di grande pregio ambientale.
Per questo marceremo tra Laconi e Gesturi domenica 8 ottobre prossimo. Lo facciamo non solo per noi ma soprattutto per dare un futuro migliore ai nostri figli e alla Sardegna.