Portoscuso sull’orlo di una crisi ambientale e sanitaria
1 Novembre 2018[Stefano Deliperi]
I prossimi mesi saranno fondamentali per capire che sorte avrà sul piano ambientale e sanitario Portoscuso e il suo territorio. La situazione ambientale e sanitaria della zona di Portoscuso, in particolare della fascia infantile, è vicina al collasso.
L’intero territorio comunale di Portoscuso rientra nel sito di interesse nazionale (S.I.N.) per le bonifiche ambientali del Sulcis-Iglesiente-Guspinese (D.M. n. 468/2001). I siti di interesse nazionale, o S.I.N., come noto, rappresentano delle aree contaminate molto estese classificate fra le più pericolose dallo Stato. Necessitano di interventi di bonifica ambientale del suolo, del sottosuolo e/o delle acque superficiali e sotterranee per evitate danni ambientali e sanitari. Caratteristica fondamentale relativa alle aree ricadenti nei S.I.N. è la necessità che i carichi inquinanti diminuiscano anziché aumentare. Con la realizzazione del “Progetto di ammodernamento della raffineria di produzione di allumina ubicata nel Comune di Portoscuso, ZI Portovesme (CI)”da parte della Eurallumina s.p.a., accadrebbe esattamente il contrario, l’inquinamento ambientale aumenterebbe. Si tratta della terza variante del progetto, dopo le prime due del 2015: l’attuale versione del progetto non prevede più una nuova centrale a carbone, ma un vaporodotto in collegamento con l’esistente centrale elettrica ENEL.
Basti pensare che l’ampliamento del c.d. bacino fanghi rossi, realizzato negli anni ’70 del secolo scorso e costituente la discarica in un sito drenante (a perdere verso mare) degli inquinanti residui della lavorazione della bauxite, vedrebbe l’estensione portata da 159 a 178 ettari, fino a un’altezza di 46 metri e non potrebbe che provocare un innegabile incremento del già pesante inquinamento ambientale dell’area. L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha ancora una volta inoltrato (24 ottobre 2018) un atto di intervento nel relativo procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) attualmente in corso presso il Servizio valutazioni ambientali (S.V.A.) della Regione autonoma della Sardegna.
Non c’è più tempo da perdere, non si può più tergiversare. Nel gennaio 2012 (nota stampa ASL n. 7 del 23 gennaio 2012) così avvertiva un comunicato stampa dell’A.S.L. n. 7 di Carbonia, in seguito a comunicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero dell’ambiente: “…si ritiene necessario informare la popolazione di Portoscuso di fare in modo di differenziare la provenienza dei prodotti ortofrutticoli da consumare per la fascia di età dei bambini da 0 a 3 anni. Occorre perciò fare in modo che in questa fascia di età non siano consumati esclusivamente prodotti ortofrutticoli provenienti dai terreni ubicati nel Comune di Portoscuso”.
Già nel 2008 L’Università di Cagliari (Dipartimento Sanità pubblica, Medicina del lavoro) nel corso di una ricerca (Plinio Carta, Costantino Flore) affermò chiaramente la sussistenza di deficit cognitivi in un campione di bambini di Portoscuso, dovuto a valori di piombo nel sangue superiori a 10 milligrammi per decilitro (vds. “Environmental exposure to inorganic lead and neurobehavioural tests among adolescents living in the Sulcis-Iglesiente, Sardinia” in Giornale italiano di medicina del lavoro ed ergonomia, 15 aprile 2008, in http://www.biowebspin.com/pubadvanced/article/18409826/#sthash.kjkUGkfA.dpuf). La letteratura medica, infatti, indica un’associazione inversa statisticamente significativa tra concentrazione di piombo ematico e riduzione di quoziente intellettivo, corrispondente a 1.29 punti di QI totale per ogni aumento di 1 µg/dl di piomboemia (sulla tossicità del piombo vds. http://www.phyles.ge.cnr.it/htmlita/tossicitadelpiombo.html). In parole povere, più sale il piombo nel sangue dei bambini e più scende il quoziente intellettivo.
Il Rapporto S.E.N.T.I.E.R.I. – studio epidemiologico, Ministero della salute, S.I.N. Sulcis-Iglesiente-Guspinese (pp. 130-133, 2012) ha evidenziato un pesantissimo rischio per la salute, fra cui un “rischio osservato di circa 500 volte l’atteso … per tumore della pleura” fra i lavoratori del settore piombo-zinco (Enirisorse, ex Samin), “un incremento di mortalità per tumore del pancreas” fra i lavoratori del settore alluminio (Alcoa), mentre fra i “produttori di allumina dalla bauxite (Eurallumina) la mortalità per tumore del pancreas e per malattie dell’apparato urinario è risultata in eccesso”. La relazione A.R.P.A.S. di monitoraggio ambientale (2014) indica per le aree Eurallumina sistematici superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di metalli pesanti (Ferro, Manganese, Piombo), di Arsenico, Fluoruri e Alluminio, mentre la perizia e le analisi predisposte dal prof. Mario Manassero per la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari (2016) hanno delineato un devastante quadro degli inquinamenti delle falde idriche anche e soprattutto presso il c.d. bacino fanghi rossi, la discarica della lavorazione della bauxite dell’Eurallumina. Bisogna invertire la rotta, ora.
C’è una seria possibilità da valutare per coniugare rispetto dell’ambiente, produzione industriale e lavoro. C’è e viene colpevolmente snobbata da anni da amministrazioni pubbliche, aziende, sindacati. Il recente (2 marzo 2018) accordo fra Ministero per lo sviluppo economico ed Eurallumina s.p.a. , con il sostegno regionale, significa “un contributo complessivo di 83 milioni di euro, di cui fino a 16 a fondo perduto, a fronte di un investimento complessivo previsto dall’impresa di circa 160 milioni di euro” per continuare a devastare ambiente e salute di Portoscuso e dintorni. L’alluminio, però, è materiale completamente riciclabile e riutilizzabile all’infinito per la produzione di oggetti anche sempre differenti. L’Italia (insieme alla Germania) è oggi il terzo Paese al mondo per la produzione di alluminio riciclato, dopo gli Stati Uniti e il Giappone. Attualmente ben il 90% dell’alluminio utilizzato in Italia (il 50% nel resto dell’Europa occidentale) è alluminio riciclato e ha le stesse proprietà e qualità dell’alluminio originario: viene impiegato nell’industria automobilistica, nell’edilizia, nei casalinghi e per nuovi imballaggi.
La raccolta differenziata, il riciclo e recupero dell’alluminio apportano numerosi benefici alla Collettività in termini economici perché il riciclo dell’alluminio è un’attività particolarmente importante per l’economia del nostro Paese, storicamente carente di materie prime, in termini energetici, perchèpermette di risparmiare il 95% dell’energia necessaria a produrlo dalla materia prima1, nonchè sotto il profilo ambientale in quanto abbatte drasticamente le emissioni inquinanti e necessità di molte meno risorse naturali. Nel 2016 in Italia sono state recuperate ben 48.700 tonnellate di alluminio, il 73,2% delle 66.500 tonnellate immesse nel mercato nello stesso anno: così sono state evitate emissioni inquinanti pari a 369 mila tonnellate di CO2 ed è stata risparmiata energia per oltre 159 mila tonnellate equivalenti petrolio (dati Consorzio Italiano Imballaggi Alluminio – CIAL, 2017).
La totalità dell’alluminio attualmente prodotto in Italia proviene dal riciclo. I trend confermano l’Italia al primo posto in Europa con oltre 927 mila tonnellate di rottami riciclati (considerando non soltanto gli imballaggi). Oggi nel nostro Paese operano dodici fonderie che trattano rottami di alluminio riciclato, con una capacità produttiva globale di circa 808 mila tonnellate di alluminio secondario (2015), un fatturato complessivo di oltre 1,87 miliardi di euro e circa 1.600 lavoratori occupati nel settore. Sarebbe quantomeno da verificare concretamente la possibilità della trasformazione del polo dell’alluminio primario di Portoscuso in polo dell’alluminio riciclato, proposta avanzata fin dal maggio 2016 proprio dal Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, che permetterebbe la salvaguardia dei posti di lavoro, infinitamente minori consumi energetici e, soprattutto, infinitamente minori impatti ambientali e sanitari.
Ma a Portoscuso, almeno quanto nello Yemen, si continua serenamente a bombardare quotidianamente di piombo i bambini senza che nessuno – lavoratori, sindacalisti, intellettuali, esponenti politici e delle associazioni, uomini di Chiesa, chi più ne ha più ne metta – abbia nulla da dire rispetto a quanto avvenga a due passi da casa. Anzi, a sostener questo ignobile stato di cose vien pure scomodata la Madonna, recentemente condotta “dalle tute verdi all’interno dello stabilimento di raffinazione” e accolta nei locali Eurallumina dall’“‘amministratore delegato Luca Vincenzi e del rappresentante della Rsu Antonello Pirotto”.
Fino a quando, dunque, saremo disposti a sacrificare la vita dei nostri figli per un posto di lavoro? Questa storia ricorda tanto il sacrificio di Isacco, dove Dio chiede ad Abramo di uccidere suo figlio; in questo caso è il dio denaro che chiede di sacrificare le nuove generazioni, ma di sicuro nessun intervento soprannaturale vi sarà alla fine per salvarli. I bambini di Portoscuso evidentemente valgono meno. Per noi no. Voltare pagina è il minimo che si possa fare.
1 la produzione di un kg. di alluminio di riciclo ha un fabbisogno energetico (0,7 kwh) che equivale solo al 5% di quello di un kg. di metallo prodotto a partire dal minerale (14 kwh).
2 Novembre 2018 alle 21:01
Il vapordotto trasporterà immagino vapore prodotto dalla centrale ENEL limitrofa. Ma la centrale esistente ENEL che sorge giusto li a fianco, brucia ancora carbone, con impatti devastanti sia sull’atmosfera livello globale, sia a livello locale, per la produzione di polveri, ceneri e ossidi zolfo, Come mai non si prende almeno in considerazione l’impiego di gas naturale, che emette il 30% in meno di CO2 e non ha effetti indesiderati sull’ambiente circostante? Questo è, ad esempio, uno dei requisiti per l’ammodernamento dell’Ilva di Taranto.
5 Novembre 2018 alle 13:53
Oltre 40 anni di distruzione e inquinamento del territorio non sono bastati a far capire a tanti residenti del Sulcis il disastro ambientale ed economico del territorio. Ancora oggi si cerca di riaprire queste industrie inutili, dannose e antieconomiche.
28 Novembre 2018 alle 17:18
per Gianfranco e Carlo: a industriali, amministratori pubblici e pure agli operai interessati non pare interessare minimamente la salute dei propri concittadini e dei propri figli. Dopo nove anni di cassa integrazione (forse un record), dopo decenni di “bombardamento” da metalli pesanti, interessa solo “questo” progetto industriale e nient’altro.
A ognuno le sue considerazioni.