Primo aprile
1 Aprile 2023[Valeria Ligas]
Primo aprile, una data indelebile, che fa inumidire gli occhi, dove ricordo e nostalgia si fondono.
Due anni senza Marco Ligas, senza le sue idee, le sue energie, il suo voler sempre pensare e sperare che un mondo migliore fosse possibile, per noi famiglia due anni senza i suoi abbracci, la sua presenza, il suo amore.
Marco è morto solo, in un letto d’ospedale, senza il nostro affetto a portata di mano, senza i nostri sguardi, senza le nostre carezze perché c’era il covid, e questo è stato un grande alibi per allontanare le famiglie, i nemici, dagli ospedali e lasciare soli i pazienti.
Questo resterà un dolore nel dolore. La rabbia per come è stato trattato lui e come siamo stati trattati noi non scemerà mai, nei lunghi giorni della degenza abbiamo dovuto elemosinare notizie, subire strafottenza.
Spesso in questi due anni ho immaginato le sue riflessioni, le sue parole, le sue reazioni per ciò che succede in questo mondo che diventa sempre più respingente, intollerante.
Lui si è sempre speso, fisicamente e mentalmente, non ha smesso mai di credere o di sperare che le energie spese portassero i frutti dovuti. C’era sempre una riunione a cui partecipare, un dibattito in cui esserci, era un dovere morale, un impegno fondante. Quando, da famiglia premurosa, provavamo a dissuaderlo, lui con fermezza ci argomentava che non si poteva rimandare, che l’incontro coi compagni era importante, c’era il problema del lavoro, c’erano i problemi atavici della sua amata Sardegna, insomma non poteva delegare, non poteva stare a casa.
Ammiravo e ammiro la sua costanza, la sua coerenza.
Spesso capitava nelle chiacchiere preelettorali che ci dicesse, vedrete questa volta non andrà male, ovviamente andava sempre male, e penso che lui ne fosse ben consapevole, ma l’utopia del mondo giusto aveva sempre il sopravvento.
Cosa avrebbe detto del governo Meloni, ovvio l’avrebbe contestato, disapprovando queste politiche reazionarie e di chiusura, ma senza darsi mai per vinto.
In qualche sera estiva a Seneghe, la sua dimora del cuore, quando discutendo gli si diceva che non c’era speranza per l’Italia e men che mai per la Sardegna, che il nostro era un paese perso, bisognava solo avere il coraggio di andarsene, lui si irrigidiva o forse innervosiva e naturalmente non condivideva, anzi incalzava su quanto fosse importante che tutti facessero la loro parte e che si combattesse per un mondo giusto, tutelante ed inclusivo.
Era così il nostro Marco, marito, padre, nonno, compagno e amico.
Coerente e coraggioso.