Primo maggio e 25 aprile: una proposta di riflessione

1 Maggio 2020

Sandro Pertini a Milano durante il 25 aprile del 1945.

[Ottavio Olita]

La cosiddetta ‘Fase 2’ della gestione dell’epidemia di Covid-19 sta creando in alcuni timori, appelli ad ulteriore prudenza in altri, giudizi di condanna per altri ancora. E’ arrivata addirittura a fornire un ulteriore segnale di insofferenza dei vescovi nei confronti del Papa il quale non ha fatto altro che ribadire il concetto, caro ai laici, mai accettato dai bigotti, del ‘Libero Stato in Libera Chiesa’, oppure, se si preferisce, ‘Date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio’.

Ma ha fatto anche rinascere dalle ceneri una Fenice della politica – non proprio quella Araba –  che solo quattro anni fa voleva smontare la Costituzione ed oggi vede, in questo provvedimento, un attacco a quei principi fondamentali dello Stato. Insopportabile.

Ma perché tutto questo avviene impunemente, insieme a tanti altri fatti gravi su cui credo sia urgente avviare quella che noi potremmo chiamare ‘Fase di Riflessione’ senza numerazione, perché dovrà accompagnarci nel nostro agire dei prossimi anni. La risposta è in alcuni fatti che accadono e che sono già accaduti sui quali non ci si è soffermati abbastanza. Andiamo a ritroso, cominciando proprio dalla Festa del Lavoro.

L’unica voce che ha evocato la piazza è stata ancora una volta quella urlata – ma, speriamo, sempre meno ascoltata – di Salvini che ha tentato di mobilitare uno stuolo di suoi fedelissimi contro i provvedimenti governativi relativi proprio  alla ‘Fase 2’. Tra tutte le aperture, seguite da tutte le chiusure e poi di nuovo da tutte le aperture da lui proposte non ci si raccapezza più. Il tradizionale concertone sindacale si terrà sui pc di quanti vorranno seguirlo. Piazze deserte.

Non si sarebbe potuta utilizzare questa giornata per dare il via, simbolicamente, ad una discussione a più voci su quale futuro dare al lavoro, ai lavoratori, con un capitalismo diverso da quello che oggi sta distruggendo il mondo, non solo economico? Non sarebbe potuta essere, questa, la prima tappa di quella fase di riflessione che solo intellettuali progressisti possono e devono avviare? Lo streaming va utilizzato solo per cantare, rispondere alle interviste televisive, fare i balletti e ginnastica per chi ha case spaziose e attrezzate e non anche per parlarsi, discutere, appassionarsi sul futuro del mondo dopo la pandemia?

Molto peggio solo una settimana fa, per la Festa della Liberazione. Che fascisti e postfascisti non abbiano mai accettato la sconfitta della dittatura e la costruzione della libertà attraverso il sacrificio dei Partigiani si è sempre saputo, ma la scempiaggine toccata in questa occasione non si era mai vista. Un parlamentare della Repubblica, quindi frutto della democrazia che si cominciò a costruire 75 anni fa, dopo la sconfitta del nazifascismo, è arrivato impunemente a proporre che la festa del 25 Aprile venisse dedicata ai morti di Covid-19. Massimo rispetto per i morti, ma forse sarebbe stato politicamente più corretto chiedersi chi e cosa ha prodotto quella strage, il ‘massacro’ degli anziani ospitati nelle RSA, come dichiarato dal vice direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Ranieri Guerra e così rendere omaggio a chi diede la vita perché quel parlamentare occupasse il suo posto in Parlamento. Ma anche questo hanno prodotto 75 anni di democrazia a volte distratta nei confronti della Storia.

Distrazione o colpa? Come interpretare quelle svastiche ed altri simboli nazisti e fascisti tracciati sulle tombe di partigiani e di vittime della Shoah? Che scuola hanno fatto, quali informazioni hanno avuto gli autori di quegli sfregi? E cosa dire, infine, di ‘Bella Ciao’, che per tanti italiani viene considerata canzone comunista, quasi al pari della defunta ‘Bandiera Rossa’, mentre in tutto il mondo, dagli Stati Uniti, alla Gran Bretagna, dalla Francia alla Germania è stata cantata come inno di libertà, a volte anche in omaggio a quel personale medico e parasanitario impegnato in prima linea per combattere il nuovo ‘invasor’ il mortale coronavirus’?

Quelle su esposte – ma credo che ogni lettore potrebbe aggiungerne tante altre – sono le ragioni che mi spingono a sostenere la necessità di costruire una ‘Fase di Riflessione’ che ci metta nelle condizioni di essere pronti a progettare sul piano culturale, economico e politico, un post epidemia che faccia dimenticare risse verbali e slogan finalizzati solo a catturare qualche voto in più in una situazione  disastrosa in cui bisognerebbe far funzionare di più i cervelli e meno le pance. E forse cominceremmo a capire che la scelta del personale politico deve essere fatta su basi di competenze e responsabilità e non di verbosa apparenza.

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