Prioritario il risanamento ambientale
16 Luglio 2014Paola Pilisio
Da quando venne siglato il protocollo di intesa sulla chimica verde a Porto Torres, il 26 maggio 2011, sono accadute parecchie cose. La prima, o almeno la più interessante é che é nato un comitato dal nome No Chimica Verde/No Inceneritore che é riuscito a far passare tra la gente l’idea che questo progetto non é altro che un inganno ben organizzato dall’Eni e dalle sue consociate. Il suddetto comitato non si é fermato mai e neanche per un secondo ha pensato di non riuscire nell’obbiettivo di risanare e liberare, restituendola alle popolazioni, la zona industriale di Porto Torres. I punti che il comitato ha sempre denunciato sono quello delle mancate bonifiche, della costruzione di una mega centrale a biomasse senza biomasse e quindi di colpo anche il timore che si possano bruciare rifiuti, la paura che la caldaia per alimentare la centrale possa essere alimentata a fok (fuel oil of cracking) e infine l’improbabile impresa industriale che è stata messa su, smontando con fatti, dati e numeri quello che per giornalisti , politici e amministratori dell’Eni é sempre stato sponsorizzato come volano per l’economia. Ma cosa é accaduto nel frattempo? E’ accaduto che sono state fatte due imponenti osservazioni al SAVI (Servizio Valutazione Impatti Ambientali) da parte dei cittadini, nelle prime Enipower dichiarava, oltre a tutto il resto, di alimentare la caldaia ausiliare della centrale a biomasse a fok, e durante una serata organizzata al teatro Verdi di Sassari, insieme a sindaci, presidenti della provincia e vari ha promesso davanti a tutti, giurin giurello, che non avrebbero mai bruciato rifiuti. Il SAVI, rigetto’ quella VIA, costringendo Enipower a presentarne un’altra, perché bruciare fok in un SIN (Sito d’Interesse Nazionale per bonifiche) non é né legale né salutare. Non solo, fin dalla prima VIA, quello che il cane a sei zampe non ha mai dimostrato di avere é la biomassa necessaria per alimentare la centrale da 43,5 Mwtt. Nelle seconda di VIA, Enipower ha sostituito il fok, con il gpl, ma ha continuato a non presentare documenti che dimostrino la fattibilità dell’uso delle biomasse. Matrica non ha cardi. Ora qualunque onesto lettore, penserà che la VIA sia stata rigettata per una seconda volta. E invece no, perché quando si lavora nel senso delle multinazionali e non in quello delle popolazioni, le VIA le danno contravvennedo anche alle regole fondamentali da loro stessi scritte. Ma cosa dice questa VIA? Dice una cosa molto importante, da delle prescrizioni a Enipower, ovvero dal momento che non c’é nessuna dimostrazione da parte della proponente di avere biomassa necessaria, il SAVI chiede che venga almeno dimostrata nella fase successiva e cioé nell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), che in questi casi é la Provincia a dover dare. Anche questa volta il nostro lettore penserà che non presentando documenti che dimostrino di avere biomassa, l’AIA venga rigettata, e invece no, l’AIA si comporta come la VIA, Enipower continua a non avere biomassa, ma nonostante questo, ottiene l’autorizzazione. Non solo, scopriamo che al fok non si é mai rinunciato. Infatti nell’AIA é previsto che ad alimentare la centrale a biomasse, senza biomasse, sarà la caldaia della Versalis cioé la vecchia caldaia a fok. Che dovrebbe avere un’AIA a parte, non ancora presentata. Ora ricapitolando, l’Eni doveva fare le bonifiche e non sono mai iniziate, l’Eni non doveva bruciare fok e invece lo brucierà, l’Eni doveva ridare speranza ai disoccupati del nord Sardegna ed é di questi giorni la notizia che gli operai stanno arrivando da oltre mare, l’Eni doveva alimentare la centrale a biomasse con i cardi della Nurra e oltre, e invece niente cardi. Un mese fa Matrica ha inaugurato la sua fabbrichetta con il benestare entusiasta del Ministro all’Ambiente, gli Assessori regionali all’idustria e all’ambiente e i soliti sindaci disperati dell’area vasta, come la chiamano loro, ma a noi pare più che altro guasta. L’ultimo « sbarramento » (ma sappiamo che il termine potrebbe suscitare ilarità nei lettori) che l’Eni deve superare é l’Autorizzazione Integrata Unica che dovrebbe rilasciare l’Assessore regionale all’Industria, Maria Grazia Piras ex Presidente Regionale del FAI (Fondo Italiano per l’Ambiente), si il FAI, quella nobile associazione ambientalista che si é sempre dichiarata contro l’uso delle biomasse. Cosa farà questa donna con la mente industrialista e il cuore ecologista? E’ sicuro che la realtà é ostinata e tutti la conoscono. Eni e consociate hanno puntato sulla distrazione di massa e la pigrizia colpevole di chi avrebbe dovuto studiare questo progetto. Hanno avuto buon gioco con gli amministratori locali, i quali hanno firmato un protocollo di intesa senza consultare le comunità coinvolte, come pure la legge li obbliga a fare. Avallando una mega centrale che, come dimostrano i riferimenti normativi, potrà bruciare spazzatura, poiché di biomassa all’orizzonte non se ne vede. Il cardo di Matrìca è un ibrido ben riuscito tra una barzelletta e una fandonia a cui continuano a far finta di credere i nostri amministratori. La povera pianta spinosa non si é dimostrata disponibile a lavorare per l’Eni, se non nei pochi ettari prodigiosamente pompati ad azoto per curarne la fotogenia della zona industriale. Tanto più che le richieste di collaborazione rivolte ai coltivatori della Nurra sono state respinte al mittente con un secco no all’intero progetto. Questo, nonostante i mille abboccamenti dell’Eni con la Coldiretti e le discutibili campagne di Legambiente a favore delle monocolture e degli speculatori dei kilowatt-ore sovvenzionati. Si continua a sostenere un progetto traballante sul piano industriale, sanitario e morale. Senza parlare delle migliaia di disoccupati, a cui non offre alcuna prospettiva. Ma per questi signori tutto va bene nel peggiore dei mondi possibili: in primo luogo tralasciano la darsena imbenzenata e la collina di Minciaredda, dimenticano che ci sono indagini e perizie da parte della magistratura che inchiodano sempre più l’Eni alle sue responsabilità passate e presenti. E’ ovvio che Novamont facendo comunella con l’Eni, ne condivide la pesante eredità. Eredità composta anche dai tanti veleni disseminati nel S.I.N. che impone a tutti gli organi competenti di adottare provvedimenti volti a conseguire il miglioramento della qualità dell’aria e che dall’inosservanza di tale obbligo possono scaturire condizioni di disastro ambientale. Non manca un Rapporto Sentieri stilato dall’Istituto Superiore di Sanità che descrive il nesso tra cancri e inquinamento industriale. Perciò l’unico futuro possibile passa attraverso le bonifiche. Se la centrale a biomasse sarà definitivamente autorizzata, è perché l’Assessore all’Industria lo avrà voluto e in effetti una grave responsabilità pesa sui membri della Regione di Cagliari, decisione di cui dovranno rispondere ai cittadini. Il fiorire di comitati, la mobilitazione delle comunità, le lotte già vinte o in corso contro l’arrembaggio ai nostri luoghi da parte delle varie mafie speculative interessate alle così dette energie rinnovabili, ci rendono fiduciosi. Di questo movimento facciamo parte, da questo vento ci lasceremo portare, e continuerà a rinforzare qualunque sia la risposta che verrà da Cagliari.
16 Luglio 2014 alle 12:11
Gentile Paola, la diffidenza nei confronti dell’ENI è sempre giustificata. Ma non sarei così trionfalista sulla proliferazione dei comitati del no a tutto.
Siamo sicuri che dietro il no a tutto non ci siano interessi altrettanto “sporchi” come quelli di ENI? Bruciare fok o biomasse per l’ambiente fa poca differenza: è sempre CO2 che finisce in atmosfera e intanto, ogni giorno, il ben più pericoloso carbone viene bruciato a Fiume Santo. Che dire dell’opposizione al metano algerino (no Galsi) e alla ricerca di un possibile, ma non necessariamente probabile, metano sardo (no triv) con in testa La 3A di Arborea, e la sua referente politica locale? Eppure l’intenzione della 3A di passare dal monopolio del latte a quello del gas con la costruzione di un rigasificatore a Oristano era nota anche alle anime belle
del no a tutto, metano compreso. Mi preoccupa che, ora che 3A è venuta allo scoperto, non ci sia ancora un movimento “no rigas”. Eppure un rigasificatore non è esattamente un giardino di ciliegi. Comunque io non userei il termine industrialista con accezione negativa, può darsi che in età nuragica si vivesse meglio, ma eravamo centomila. Pensi davvero che il turismo che consuma le coste e l’agricoltura, monocoltura della pecora inclusa, siano esenti da impatti? Lo sai cosa c’è nelle falde di Arborea? In realtà non credo sia l’industria che fa paura ma la memoria del portato storico della classe che l’industria ha generato. Brutta cosa l’idiosincrasia antioperaia.