Quando i viceré parlano in sardo

9 Aprile 2025

Ettore Vouillet d’Yenne ritratto di Matteo Picasso, 1825

[Alfonso Stiglitz]

Il 6 aprile del 1822 per volontà del viceré del Regno di Sardegna, Ettore Vouillet d’Yenne, venne eretta la colonna miliaria di inizio della Regia Strada “Carlo Felice”, oggi ben visibile nella piazza che porta il nome di quel nobile personaggio savoiardo.

Nella cerimonia di inaugurazione, compiuta con il solenne discorso del viceré, fu redatto un atto del quale vennero fatte varie copie. Una di queste venne sepolta alla base della colonna assieme ad altri documenti e medaglie, in una cassetta di legno rivestita di ottone. Tra i documenti c’era anche «la traduzione dell’atto della funzione in idioma Sardo», come specificato nel programma della manifestazione: anche i viceré avevano un’anima sarda. ‘Casualmente’ il giorno era anche il compleanno del Re, Carlo Felice.

Duecento anni dopo, per una straordinaria congiunzione calendariale, in questi stessi giorni compresi tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera altre due agenzie dello Stato (Repubblica, non più Regno) hanno annunciato l’utilizzo della lingua sarda nella loro attività, ancorché limitata a specifiche iniziative.

Scrive l’Unione Sarda (https://www.unionesarda.it/news-sardegna/nuoro-provincia/leinstein-telescope-parlera-sardo-a81ad8t7) il primo giorno di primavera: «Inizio modulo

Fine modulo

L’Einstein Telescope parlerà sardo. Accordo tra Regione e istituto nazionale di fisica nucleare». Cronache nuoresi (https://it.linkedin.com/posts/cronache-nuoresi-098704220_einstein-telescope-parler%C3%A0-sardo-la-scienza-activity-7308908478054522880-xyV1) ci rassicura: «Einstein Telescope parlerà sardo: la scienza incontra la lingua millenaria». Rincara Cagliari Today (https://www.cagliaritoday.it/cronaca/einstein-telescope-parlera-in-sardo.html): «L’Einstein Telescope e l’Istituto nazionale di fisica nucleare parleranno in sardo», aggiungendo una notizia supplementare: «Grazie a questo sarà realizzata una nuova sezione dedicata del sito istituzionale». Dal sito della Regione Sarda (https://www.regione.sardegna.it/notizie/il-progetto-einstein-telescope-parlera-in-sardo-accordo-tra-regione-e-istituto-nazionale-di-fisica-nucleare), infine, apprendiamo che: «L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) ha comunicato al Servizio Lingua e Cultura sarda della Regione, l’intenzione di usufruire di un supporto per produrre testi in lingua sarda. Grazie a questo sarà realizzata una nuova sezione dedicata del sito istituzionale». La rassegna stampa potrebbe continuare ma, già da queste citazioni, i bollori si raffreddano un po’: non tutto il telescopio parlerà sardo, ma solo una sezione particolare.

In tempo record è stata, anche, approvata una delibera di Giunta Regionale (n. 15/26 del 19.03.2025) (https://delibere.regione.sardegna.it/it/homepage.page?selectedNode=date_2025_03_19) che approva l’accordo tra la Regione e l’INFN (riportato nell’aallegato 1): «la Regione Autonoma della Sardegna pone a disposizione dell’INFN lo SLR [Sportello Linguistico Regionale] per la produzione di contenuti in lingua sarda, nonché per attività di traduzione in simultanea o in differita», in cambio (?) l’INFN spedirà i testi da tradurre e « si impegna a dare adeguata informazione, anche attraverso una adeguata identità visiva, all’attività di consulenza fornita dalla Regione Autonoma della Sardegna». Non proprio uno scambio alla pari, quindi.

Contemporaneamente, un’altra agenzia autonoma statale, i Musei Nazionali di Cagliari lanciano l’iniziativa Cenabaras. Is Museus de Casteddu contaus in Sardu. Il Museo Archeologico di Cagliari nasce su stimolo di Carlo Felice (torra) che nel 1802 mette a disposizione pubblica il proprio «Gabinetto di Antichità e Storia Naturale». Pochi anni dopo lo dona all’Università per la Realizzazione del Regio Museo che, da allora, svolge la sua funzione di italianizzazione della Sardegna, sul solco dell’insegnamento del Canonico Spano, suo antico direttore, volto a inserire la ‘etnia’ sarda all’interno della ‘macroetnia’ italiana.

Il Museo, oggi, non ha più alcun rapporto diretto con il territorio di cui detiene e mette in mostra i beni culturali, se non tramite l’acquisto di un biglietto o la concessione di una domenica gratis al mese. Oppure attraverso il progetto «Dal Museo Archeologico Nazionale di Cagliari verso casa»: un reperto viene portato per un giorno presso la comunità di provenienza e lì esposto, ovviamente a spese, non lievi, di quella comunità. Dopodiché l’oggetto torna al Museo di Cagliari nel quale quella stessa comunità potrà vederlo tutto l’anno alla modica cifra di 10 euro alla volta (o, gratis, una domenica al mese).

Le iniziative di queste due agenzie statali italiane hanno raccolto molti consensi sinceri e alcuni entusiasmi (un tantino esagerati). L’uso della lingua sarda anche da parte di agenzie statali è certamente una buona notizia a prescindere; uscire dalla colloquialità e dall’oralità familiare o gergale è un passo avanti da salutare con piacere. Ma da vecchio miscredente, un po’ classicista (anche se scarso in greco e latino) timeo Danaos et dona ferentes (temo Danao e i portatori di doni); e non è la solita diffidenza ‘sardignola’ dei molti luoghi comuni. In fin dei conti Danao dalle molte figlie era poco affidabile: diede a ciascuna un coltello, con il quale uccisero i loro mariti; salvo una, Ipermnestra, che si innamorò dal marito Linceo e lo salvò, perché anche nel massacro può scoppiare l’amore. Ma non dilunghiamoci, credo che il concetto si sia capito.

Lo Stato non riconosce il sardo o, per meglio dire, le lingue dei Sardi come lingue paritarie assieme all’italiano, ma ci blandisce con usi laterali. Ma di che ci lamentiamo: il sito istituzionale della Regione Autonoma della Sardegna è monolingue, italiano.

Se mi è concesso: lasciamo che l’INFN paghi propri esperti per la sezione in sardo del suo sito, scelti tra i tanti operatori linguistici presenti sul nostro territorio e concentriamo le forze dello Sportello Linguistico Regionale sul sito della Regione, per renderlo finalmente uno sportello dei Sardi e delle nostre lingue, tutte comprese. E facciamo in modo che i Musei Nazionali restituiscano stabilmente alle comunità sarde i loro beni (torrai a domu, piccioccus).

Che significato ha usare il sardo da parte dello Stato italiano? Che senso ha concedere un bene per un giorno, magari in sardo? Riconoscimento o captatio benevolentiae (e torra con i classici!) di stampo neocoloniale?

D’altra parte anche il viceré nel suo ‘piccolo’ lo faceva, il “sardowashing”.

PS.

Torrai a domu piccioccus (https://www.manifestosardo.org/torrai-a-domu-piccioccus/) era il titolo di un mio intervento pubblicato su questo stesso giornale ben tredici anni fa, nel quale facevo ragionamenti sugli stessi temi: non ditemi che non vi avevo avvisato.

Sull’italianità del Museo di Cagliari rimando al mio recente lavoro: L’Archeologia come biografia della nazione: il caso sardo. Gli inizi, in Filosofia de Logu, G. Cherchi, F. Pau (eds.), Logus e Logos, Meltemi, Milano 2024: 285-302.

Ma vi consiglio di leggere tutto il libro, così iniziamo a decolonizzare anche i Musei e, perché no, la Regione Autonoma della Sardegna.

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