Quanto è lontana la Corsica?
1 Gennaio 2008
Mario Cubeddu
Quanto è lontana la Corsica dalla Sardegna? Le poche ore necessarie al mezzo che trasporta le bare di due giovani operai sardi per percorrere il tragitto da Aiaccio ad Uras. La distanza incolmabile di una terra ancora “straniera” per i mezzi di comunicazione e per la burocrazia della nostra Isola. Non era ancora finito lo strazio per l’arrivo quotidiano di una notizia di morte di operai da Torino. La mattina di venerdì 21 dicembre la Nuova Sardegna lancia in prima pagina una notizia arrivata tanto tardi che l’altro quotidiano sardo non fa in tempo a parlarne. Il fatto è gravissimo: due operai morti sotto un lastrone di cemento della copertura di un garage in costruzione, altri due sfiorati dal trave pesantissimo, feriti e ricoverati in ospedale. I morti, Christian e Manuel, sono giovani operai edili di Uras, a 30 chilometri da Oristano, gli altri, Felice ed Efisio, sono di Terralba e Gonnosfanadiga. Gente di paese, della Sardegna dell’alto Campidano, terre di abbandoni, di un’agricoltura devastata dall’assenza di politiche agricole praticabili e di una classe operaia senza più miniere e, ormai da sessanta anni, con nessun altra prospettiva se non quella dell’emigrazione. Destini lontani dalle luci della città.
Il fatto avviene intorno alle 16 di giovedì 20 dicembre. La notizia arriva subito a qualche amico degli operai uccisi. Non erano soli in Corsica, il lavoro e lo spaesamento erano resi tollerabili dalla rete di amici. Ognuno cercava di far spazio a un compagno, per dar senso alla solitudine e alla lontananza. Tra gli amici e i familiari, dolore, ansia, ricerca e timore spasmodici di una conferma. Alle 23,30 l’annuncio della notizia sul sito internet di Corse-Matin è la conferma definitiva. I genitori dei giovani partono per raggiungere Aiaccio. Sono soli. Con loro e accanto a loro nei giorni successivi non ci sarà nessun giornalista sardo, tanto meno italiano (la notizia è pressoché ignorata dai media nazionali), nè dei giornali nè della televisione, non un qualsiasi funzionario pubblico o assistente sociale, neanche parlare di uno psicologo che aiuti ad affrontare la disgrazia. Nessuna persona che medi, che serva da collegamento con le autorità, la burocrazia, le fonti di informazione. E così tutti sono lasciati all’incertezza e allo smarrimento, ancora più grave quando ci si trova in preda al dolore.
Il giornale di sabato 22 dicembre racconta che, preso il traghetto alle tre di mattina del venerdì per Porto Vecchio, i parenti degli operai morti sono arrivati ad Aiaccio alle 11 di mattina. Qui sino al sabato, per 24 ore, sono stati in attesa di poter vedere i corpi dei loro cari. Quel giorno, alla fine dell’autopsia, i giovani operai sono stati resi alle famiglie, caricati su un carro funebre che, partito nel pomeriggio, la sera era già ad Uras. Solo 48 ore dopo la tragedia. Tre giorni dopo che il lastrone di cemento era caduto sui loro corpi, già riposavano per sempre nel cimitero del loro paese.
Tempi brevissimi, perchè la Corsica è vicinissima alla Sardegna. E’ l’unica terra “straniera” che un sardo possa raggiungere con il proprio mezzo e in giornata fare ritorno. Fa parte dell’Europa unita, come la Sardegna, ha istituzioni, giornali, Prefetture simili alle nostre.. Questo non è stato sufficiente per suggerire ai nostri giornali e alle televisioni sarde di mandare un proprio mezzo con giornalista, fotografo e telecamera in Corsica. Nessuno è andato oltre Uras. Vanamente è stato ricercato dagli amministratori e dalla Prefettura un contatto con il Consolato italiano a Bastia. Così i familiari sono rimasti allo sbando e dei due feriti ricoverati in ospedale non si riesce a sapere nulla. Non si hanno notizie di come stanno, nè delle condizioni in cui vivono in questi giorni in Corsica i parenti dei feriti. Sono partiti anch’essi, sono ancora là, hanno dei problemi o dei bisogni?
Cos’è la Corsica per i sardi? Una terra separata dalla logica della frontiera di Stato e di lingua, anche se così vicina. Un tempo terra di emigrazione per ragazze che andavano a lavorare in famiglie, braccianti e manovali. Ancora oggi offre un vantaggio competitivo per la retribuzione del lavoro e il traghetto imbarca per la Corsica camioncini di artigiani e operai che lavorano nell’edilizia.
Forse l’incombere del Natale può giustificare l’impossibilità di mobilitarsi perchè l’informazione svolgesse il suo compito di fronte a una così grande tragedia.
Le foto dei ragazzi nei cantieri, le pose, l’abbigliamento, richiamano immagini simili dei nostri ragazzi accanto alle tende negli accampamenti di Nassirya o in Afghanistan. Per entrambi non si risparmia la retorica. Ma ciò che un cittadino qualsiasi sarebbe felice di sentire, o leggere, sarebbero notizie, inchieste serie, attente, affettuose. Anche la recriminazione contro la politica, per la mancanza di lavoro, per la condanna all’emigrazione dell’ennesima generazione di giovani sardi suona altrimenti stucchevole ed irritante.
4 Gennaio 2008 alle 00:10
Sono indignata in quanto parente di uno dei ragazzi morti in Corsica. Come dice lei le famiglie non hanno ricevuto nessun aiuto dalle istituzioni, se non dal sindaco del paese di Uras. Sono stati aiutati nel riportare i due ragazzi a casa da alcuni giovani, da un sacerdote sardo (padre Antonio) e dal Sindaco di Aiaccio. Avevo scritto una e-mail ad un programma di rai uno chidendo come mai non erano state lette le notizie dei nostri quotidiani regionali, dove si parlava di questa tragedia, forse le MORTI BIANCHE dei sardi non fanno notizia? Comunque non si è avuto nessun aiuto nè a livello provinciale, nè regionale e nè nazionale. Grazie per il suo articolo. Distinti saluti.
5 Gennaio 2008 alle 20:06
Sono una cittadina di Uras e scrivo per ringraziarla del suo articolo, così rispondente ai tragici fatti che hanno colpito le famiglie dei nostri giovani concittadini morti lontano da casa. Lei è stato uno dei pochi giornalisti, insieme ai suoi colleghi dei quotidiani regionali, ad essersi occupato di questo gravissimo lutto: per l’ennesima volta ci siamo resi conto che noi sardi siamo cittadini di ultima serie, e contiamo a livello nazionale solo come voti da ” raccogliere” alle elezioni di turno, o come anonimi abitanti di una terra che ospita vacanzieri più o meno noti. Nessun politico, nemmeno tra quelli sardi che sbandierano a gran voce interesse per i lavoratori, ha avuto parole di cordoglio e di solidarietà per le famiglie. Nessun quotidiano nazionale, nè alcuna televisione nazionale ha riportato la notizia, purtroppo di un’attualità spaventosa, proprio nei giorni in cui il presidente francese era in visita in Italia, ma noi non siami in Italia, siamo in Sardegna….Per il resto, trovo raccappricciante constatare che fanno più notizia le avventure amorose dei famosi di turno, che riempiono quotidianamente le pagine dei giornali, piuttosto che fatti gravissimi come i due nostri poveri ragazzi morti nel compiere il proprio dovere quotidiano. Cordiali saluti e grazie per l’ospitalità.
22 Luglio 2008 alle 20:25
Mi dispiace tantissimo per quanto accaduto, e son consapevole di quanto sia distante la nostra isola dall’italia che puntualmente si disintetressa di noi , comunque sono vicino alle famiglie che credo stiano passando dei momenti veramente difficili ,spero che comunque un giorno possiate stare un po’ meglio