Referendum Costituzionale. Quali prospettive per la Sardegna?
1 Novembre 2016Roberto Mirasola
Noi sostenitori del NO portiamo avanti una battaglia contro la menzogna e la mistificazione della realtà. Possono sembrare toni duri ma cosa pensare di una riforma che sostiene di superare il bicameralismo, quando invece questo continua ad esistere, visto che le due camere (senato e camera dei deputati) eserciteranno collettivamente la funzione legislativa per determinate materie.
Che cosa dire ancora di una riforma che vuole abbattere i costi della politica riducendo i senatori ma lasciando inalterate le spese dell’apparato. Si dice ancora che la Costituzione attendeva una riforma da circa trent’anni, anche questo falso. E la riforma Bassanini e l’introduzione nella nostra Costituzione dell’art. 81?L’articolo che per inciso ha introdotto il fiscal compact. Potrei continuare ancora ma mi fermo qui, perché cercherò di sfatare un altro mito. La riforma del titolo V, ovvero la parte che disciplina i rapporti tra Stato e le autonomie locali, non riguarda e non va a toccare i poteri della Regione Sardegna.
Purtroppo parte del mondo indipendentista non ha colto l’importanza della posta in gioco, ma ciò che più preoccupa è che i vertici della Regione dal Presidente della giunta, passando per il presidente Ganau sino ad arrivare all’assessore Demuro si dicono tranquilli, o perché a detta loro sono state date ampie garanzie dal governo, o perché ci si sente tutelati dalla presenza del Senato cosiddetto delle autonomie o perché si è convinti che la Regione saprà osare. Nel 2001 si è intrapresa la strada di dare maggiore autonomia alle regioni ma oggi si vuole riportare tutto al centro attribuendo allo Stato competenze in materie come immigrazione, energia, ambiente, turismo e altre. Si dirà questo processo riguarda solo le regioni a Statuto ordinario e non anche quelle a statuto speciale. Ma è pensabile che una volta relegate le regioni Ordinarie in una posizione puramente amministrativa, svuotate del loro ruolo politico, le altre continuino a esercitare la loro specialità senza nessun problema?
A dimostrazione che il clima é ben diverso rispetto al 2001 si è pensato di introdurre una clausola di supremazia che prevede un intervento del governo ogni qualvolta lo richieda la tutela dell’unita’ giuridica ed economica della Repubblica e la tutela dell’interesse nazionale accentrando dunque i suoi poteri a discapito delle Regioni. Indubbiamente una svolta centralista. Ben altro tono rispetto alla riforma del 2001 che prevedeva un aumento dei poteri per le Regioni a Statuto Ordinario, riconoscendo alle Regioni a Statuto Speciale, forme di autonomia più ampia rispetto a quelle già attribuite sino all’adeguamento degli statuti.
Dall’altra parte si può anche pensare che queste deficienze possano essere riequilibrate dal Senato delle Autonomie. Infatti, si dice che nel caso di leggi che riguardano le competenze regionali, il voto del Senato è obbligatorio e quindi si potrebbe pensare che quest’ultimo, di fatto, possa essere l’ultimo baluardo difensivo dei territori. I dubbi al riguardo sono tanti perché nel caso in esame la Camera dei Deputati può zittire il Senato delle Autonomie con una semplice maggioranza assoluta e non qualificata. Quindi fine della partita.
Se è vero che si deve osare allora è questo il momento di farlo. E’ superfluo ricordare che temi quale immigrazione, energia sanità siano oggi centrali nel dibattito politico. Ricordiamoci quanto accaduto con progetto Eleonora riguardo le trivellazioni della Saras, ma pensiamo a quanto sta accadendo in questi giorni riguardo l’inceneritore di Tossilo. Ecco una vittoria del SI attribuirebbe questa materia alla competenza esclusiva dello Stato con buona pace delle battaglie portate avanti dai vari comitati locali.
Ultimo Aspetto di non poco conto. Il neocentralismo non è un problema solo Italiano ma Europeo. Diciamo subito che noi siamo per avere più Europa, ma un’Europa che sappia ascoltare le esigenze dei territori e non mortificarle. Abbiamo detto in apertura che lungi dal non aver mai fatto riforme si è introdotto in Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio meglio conosciuto come Fiscal Compact vincolo che anziché esser d’aiuto per far ripartire l’economia limita fortemente la possibilità di effettuare gli investimenti necessari. E questo in un periodo di tassi di interesse bassi. Bene anziché prepararsi a una battaglia da fare magari con i paesi della sponda Mediterranea si è pensato di ripetere il concetto anche alle Regioni, casomai lo dimenticassero. Cosi l’art. 119 ci raccomanda all’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, appunto il pareggio di bilancio.
Consapevoli della dura lotta per l’autonomia conquistata e non regalata da nessuno, pare giustificata la forte preoccupazione per il duro attacco a cui si deve far fronte e si è oltremodo sorpresi da una così semplicistica lettura da parte di chi dovrebbe invece difendere lo statuto di autonomia in vista di un nuovo statuto di poteri sovrani.