Ricerca e innovazione nel Sud, il divario cresce
1 Luglio 2018[Leopoldo Nascia]
Cinque regioni del Centro-Nord che da sole raccolgono il 75% della spesa per l’innovazione nazionale relegando alla marginalità le imprese meridionali. E i fondi strutturali non riescono a recuperare il gap. I laureati diminuiscono al Sud e i giovani emigrano.
Divario tra Sud e resto d’Italia. Il ritardo del Sud si ritrova anche nella sistema di ricerca e nell’innovazione che nonostante i fondi strutturali resta in squilibrio con il resto d’Italia e non mostra segnali di recupero. Il mix di politiche di oggi non è riuscito a ridare slancio al Mezzogiorno e un solo cambio di passo e di modello di sviluppo può fornire la spinta necessaria per ridurre il divario con il resto del Paese.
Per Eurostat, nel Sud e nelle isole l’intensità di spesa in Ricerca e sviluppo, il rapporto fra spesa in R&S e Pil, si ferma rispettivamente all’1,04% a allo 0,99%, inferiore di oltre il trenta percento alla media nazionale e a livelli simili a quelli di Lituania e Polonia. La composizione di tale spesa è in larga parte di natura pubblica con le imprese del Mezzogiorno che spendono pochissimo in ricerca a causa della dimensione e della specializzazione in settori maturi.
Le imprese. Le imprese innovatrici in Italia, nel 2012-2014, per oltre due terzi si trovano in appena cinque regioni del Centro-Nord che da sole raccolgono il 75% della spesa per l’innovazione nazionale relegando alla marginalità le imprese meridionali. Il solco dell’innovazione del Mezzogiorno continua a divaricarsi nonostante le politiche di coesione territoriale e la spesa dei fondi strutturali.
L’Università. Anche l’università, dopo anni di espansione nel Mezzogiorno, dopo il 2008 ha ridotto il suo peso, nonostante sia la componente del sistema innovativo nazionale con una distribuzione omogenea sul territorio, con trenta atenei localizzati nel meridione.
Gli squilibri territoriali crescenti degli atenei sono evidenziati dal rapporto Anvur 2016che mette in luce le diverse criticità. La combinazione del calo demografico e delle migrazioni dei giovani verso gli atenei del centro-nord ha ridotto sensibilmente le immatricolazioni nel mezzogiorno che dal 2002/03 al 2016 sono crollate per circa il 30% mentre la quota di studenti provenienti dal Mezzogiorno nelle altre università continua a crescere rapidamente. Secondo i dati Miur, la riduzione delle immatricolazioni si riflettono nel numero dei laureati, in Italia tradizionalmente inferiore alla media europea: oltre 13000 laureati in più fra il 2011 e il 2016 negli atenei del centro-nord a fronte di una contrazione di 3250 laureati nel meridione.
Il Sud in un circolo vizioso. Il Mezzogiorno si trova oggi in un circolo vizioso in cui il sistema universitario fatica sempre più con un flusso migratorio presso gli altri atenei italiani, il sistema imprenditoriale non riesce ad assorbire i laureati che in diversi casi emigrano per mancanza di opportunità sul territorio con un impoverimento del capitale umano riducendo ulteriormente le possibilità di sviluppo e la capacità innovativa delle imprese locali.
Un nuovo sistema di politiche per ridurre lo squilibrio della sistema di ricerca e innovazione è una sfida urgente per ogni governo, e forse è la precondizione per il successo delle altre politiche di sviluppo per il Mezzogiorno.
[Da Sbilanciamoci]