Ricostruire un immaginario

1 Maggio 2008

Murales
Raffaello Ugo

Ricostruire un immaginario. Roba di decenni. Chi potrà raccontarlo? Ci siamo lasciati ingoiare dal buio. Ci siamo lasciati rubare le parole. Casa, libertà, popolo, democrazia, giustizia non si possono più pronunciare. Non appartengono più a noi. Noi, barchette piene di clandestini perse sullo spaventoso oceano. Sono giorni di angoscia grande. Là fuori le macchine sfrecciano consumando l’ultima benzina disponibile. Ritrovare le parole. Nel disastro totale bisogna uscire e ricominciare. Abbandonare tutto l’armamentario solito e rimisurare il mondo. Ritrovare un’empatia. Là fuori c’è una guerra, bisogna comunicarlo agli esseri umani. Dire le cose. Rinominare le cose. Inventare emozioni. Gli esseri umani hanno bisogno di qualcosa che gli scaldi il cuore. Hanno bisogno di utopie. Devono guardare lontano sennò diventano ciechi. E qualunque pifferaio può promettere una guida sicura. Chi ha fame e si sente in pericolo non sa, non capisce, non vuol sapere nulla. Chi non ha fame ha una grande responsabilità verso il mondo. E’ lui che può fermarsi e guardare più lontano. E deve trovare le parole per costruire ponti. Non occorrono piazzisti di idee, bisogna reinventare esempi di comunità. Incontrare le persone fuori dai luoghi consueti, con modalità nuove, ricostruire rituali. Dopo il crollo delle torri gemelle sono nate due narrazioni inconciliabili. Io credo di avere sufficienti elementi per riconoscere quella falsa e credo che la maggior parte delle persone sia stata ingannata ma non riesco a comunicare. Non ho le parole per dire l’indicibile. Non sono credibile. Le mie parole scorrono vuote di fianco alla narrazione ufficiale piena di pietà, solidarietà, giustizia, libertà. Eravamo nella stessa carovana fino al 2001, il motore sembrava potercela fare, molti di noi ci credevano ma non ci eravamo accorti che il mezzo continuava a marciare solo per un leggero dislivello del terreno e il carburante era finito. Adesso siamo fermi in mezzo alla carreggiata e ci tocca anche spingere la macchina di lato, disturbiamo il traffico. Conviene riflettere. Magari più avanti c’è qualcuno. Bisogna riconoscersi di nuovo. Trovare parole comuni. Un tempo ci si poteva chiamare fratelli riconoscendo all’altro, diverso da noi, una comune generazione. Adesso le ronde della guardia nazionale padana, nata all’ombra del capannone di profilati in alluminio, ci indicano il nemico nell’operaio extracomunitario senza diritti, senza casa, senza famiglia. Ci siamo ritirati, la schiuma del Po ha tracimato e nell’acqua sporca si possono già intravedere i maiali della XaMAS. Bisogna ricominciare. Fra un anno arriveranno i simboli del potere qui in Sardegna. E’ un’occasione unica. Che ci piaccia o no siamo sul palcoscenico del mondo. Possiamo mostrare la Sardegna come laboratorio per un mondo diverso dove gli esseri viventi siano il principio e la fine di ogni ragionamento e iniziativa. Possiamo organizzare eventi diffusi a misura di comunità per ascoltare i territori abbandonati dalla sinistra e ricollegarli al mondo. Un cambiamento, per essere duraturo può solo partire dal basso. Lasciar parlare, lasciar proporre, smettere di mettersi di traverso se non si è d’accordo. Ognuno ha una responsabilità individuale e un impegno da prendere. In un anno si possono mostrare segni riconoscibili di qualcosa che nasce perché in ogni morte c’è un principio generativo incontestabile. E ognuno può apportare giorno per giorno i suoi personali segni del cambiamento. In una società fondata sull’acquisto di merci occorrono modelli diversi. Modelli di sobrietà, responsabilità e condivisione. Queste elezioni hanno avuto il pregio di mostrarci un orizzonte libero. Sta a noi adesso riempirlo con segni, con significati. Niente di cosmetico. E’ un lavoro che richiede idee, volontà e tempo. Il 3 maggio è fissata la prima cena di guerra. Si chiama così perché i governi del G8 hanno dichiarato guerra ai poveri, ai diversi, a quelli che non sono d’accordo. Perché siamo dentro una guerra che uccide in Afghanistan ma anche qui, cadendo da impalcature senza protezioni o bruciati vivi. La cena si terrà nei locali del csf a Cagliari. Le modalità si trovano qui. Chiunque volesse partecipare e magari inserire un proprio intervento nello schema della serata è pregato di segnalare l’argomento scelto con una mail al csf. Nella settimana successiva ci incontriamo con il “Gioco dei mondi possibili” che ci aiuterà a definire l’orizzonte verso cui camminare. L’11 maggio saremo a Ghilarza nella Casa della pace per un incontro regionale in vista del G8. Bisogna ripartire subito per non essere schiacciati. C’è bisogno di uomini e donne di buona volontà. Poi l’incontro nazionale del 2 giugno proposto da Sullo per i Cantieri sociali. Buon lavoro.

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