Rwm. Siamo alla svolta?

16 Luglio 2018
[Arnaldo Scarpa]

L’atteso e importantissimo intervento politico del Presidente della Giunta Regionale sulla questione RWM, reso pubblico il 9 luglio scorso, in cui chiede l’embargo della vendita di bombe all’Arabia Saudita per ragioni etiche, legali e d’immagine della Sardegna nel mondo, giunto proprio a ridosso dell’annuncio sulla stampa di una nuova pericolosa espansione della fabbrica di bombe, fa ben sperare che si sia arrivati ad un punto di svolta.
Pigliaru chiede l’intervento del Governo ed il fatto che esso sia cambiato e non abbia dunque più nulla da nascondere rispetto alle precedenti scelte autorizzative, potrebbe essere un punto a favore del pieno ripristino della legalità.
Si perché i comportamenti di Renzi e Gentiloni – entrambi peraltro compagni di partito del nostro presidente regionale – sono stati, negli ultimi tre anni, quanto mai ambigui e mistificatori. Basti ricordare che la ministra della Difesa Pinotti di fronte a precise richieste di chiarimenti poste nel 2015 da Repubblica Tv, affermava spudoratamente che si trattava di autorizzazioni tedesche e che il governo italiano, con le stesse, non aveva nulla a che fare, mentre, nel 2016, Gentiloni – ministro degli Esteri del governo Renzi – in risposta ad una interrogazione parlamentare, sosteneva che tutte le autorizzazioni alla RWM erano state date in osservanza alle norme di legge, in quanto l’Arabia non risultava soggetta a embarghi internazionali. Peccato che la legge ponga in capo al governo la valutazione – etico/politica – dei paesi a cui vendere o non vendere armamenti e che l’intervento dell’Arabia Saudita in Yemen sia palesemente in contrasto con le norme internazionali in quanto non autorizzato dalle Nazioni Unite e regolarmente incurante della Convenzione di Ginevra. Per non parlare delle continue violazioni dei diritti umani in casa propria ed all’estero, di cui la potenza mediorientale è ritenuta responsabile.
Se il governo Conte-Salvini-Di Maio, non avendo scheletri nell’armadio – dato che non ha ancora armadi – tratterà la questione con decisione e puntualità e liquiderà con un colpo di spugna una situazione di illegalità – frutto di scellerate scelte dei precedenti manovratori – non possiamo certo affermarlo con certezza, ma è uno scenario possibile e anche probabile.
Lo chiede anche la Sardegna, nonostante l’endemica disoccupazione, per bocca del suo più alto amministratore. Perché non mettere alla berlina i governi PD rei dello scempio ed accontentarla?
Sarebbe certamente un enorme passo avanti ma a noi del Comitato Riconversione RWM continua a preoccupare, oltre che la vita dei poveri yemeniti, ormai allo stremo, anche la sorte dei lavoratori della fabbrica e del territorio. Per anni sono stati illusi che fosse tutto regolare, inseriti nel settore della difesa e perfino incoraggiati a vantarsi di tale collocazione in un campo strategico del sistema produttivo nazionale; ora verranno forse a dirgli che era tutto un equivoco, che quelle bombe non servivano a difendere i “pacifici” paesi europei e NATO ma ad annientare un piccolo popolo mediorientale in barba a qualsiasi regola umanitaria e di diritto internazionale? Forse si. A questo punto potrebbe essere un passaggio obbligato. L’embargo (già stabilito da Norvegia, Germania, Belgio) e richiesto, ben 3 volte in 2 anni, dal parlamento europeo s’ha da fare se vogliamo rimanere umani o perlomeno cercare di diventarlo. Il rischio immediato per i dipendenti è il licenziamento in massa, dato che la commessa arabica costituisce da sola la maggior parte del fatturato dell’azienda. D’altra parte, nessun rischio invece per gli azionisti: é già tutto pronto per la delocalizzazione in Turchia, Sudafrica o nella stessa Arabia Saudita, dove un manager Rheinmetall dirige la nuova fabbrica voluta dai Saud in stretta collaborazione col gruppo tedesco e non ci sono di certo limiti legali alle produzioni di morte. “Cornuti e fustigati” si dice dalle mie parti e mi pare che, ancora una volta, la definizione si adatti perfettamente alla probabile situazione futura dei lavoratori del Sulcis-Iglesiente.
Alla politica sarda, italiana ed europea spetterebbe invece evitare questo drammatico esito, magari recuperando il programma europeo Konver per la riconversione dell’industrie belliche e creando le condizioni per la piena occupazione che, per essere duratura, deve essere anche sostenibile, sana e pacifica ed in linea con la vocazione dei territori.
Ecco perché, mentre il Comitato continua la sua opera di denuncia, dall’altra parte non tralascia di promuovere insieme a tutte le forze sociali disponibili e con l’Università di Cagliari, una visione diversa ed alternativa dello sviluppo del territorio. Una vera riconversione, magari non dello stabilimento, perché quella dipende da una proprietà e da un’amministrazione regionale finora sorde ai nostri continui richiami, ma piuttosto una riconversione integrale del tessuto sociale ed economico che riparta dalla storia, dalla cultura, dall’agricoltura e dall’allevamento sostenibili, dalle produzioni di filiera, per ricollegare tutto al turismo che, a fronte di enormi potenzialità ambientali, ancora non sboccia a causa di bonifiche e ripristini mai attuati, piani urbanistici inadeguati, infrastrutture carenti. Tutte cose sulle quali potrebbero essere utilmente impiegati, a vantaggio di tutta la collettività e del mondo intero, i 90 lavoratori stabili ed i 190 precari che risultano dall’ultimo bilancio della RWM.

Arnaldo Scarpa è il portavoce del Comitato Riconversione RWM

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