Salute e ambiente. L’approccio One Health
7 Febbraio 2025[Mario Fiumene]
Nel fare un bilancio dell’attività lavorativa dentro il Servizio Sanitario della Regione Sardegna provo a descrivere le diverse stagioni che il medesimo Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha vissuto, pur senza la pretesa di ritenere questa descrizione esaustiva.
Ho iniziato la mia attività in un Ente Ospedaliero prima della legge 833 del dicembre 1978. Sono in pensione da cinque anni e rivedo quanto ho vissuto in quarantadue anni di servizio. Mi rendo conto che sono stato lontano dal lavoro quando ci fu l’inaspettato impatto della pandemia. Dopo quanto accaduto con il Covid-Sars19, un ammodernamento del Servizio Sanitario italiano è probabilmente ineluttabile:
Vale la pena ricordare che se 10 anni fa, in Italia, si contava un anziano ogni 4,1 giovani, oggi sono 3,3; 20 anni fa eravamo il Paese della “pletora medica” e gli infermieri erano considerati “personale paramedico”; che non era ancora iniziata la stagione dei farmaci biotecnologici (solo per fare un esempio della trasformazione delle opportunità terapeutiche); che, principalmente, non c’era, e neppure si prevedeva, la rivoluzione digitale innescata da Internet. In altri termini, il SSN è stato pensato e progettato per un “altro mondo”: oggi deve essere calato in una Società profondamente diversa, e questo richiede visione e volontà di cambiare. In figura 3b.1. un confronto tra i Paesi europei riguardo agli organici di personale: medici e infermieri, etc. e quelli presenti in Italia.
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Che qualcosa “non vada” nel SSN si è, però, reso drammaticamente evidente solo negli ultimi anni: riteniamo il punto di “svolta” da cogliere sia quello testimoniato dalla crescente disaffezione per il Servizio dei suoi principali stakeholder: i cittadini/pazienti e i professionisti sanitari. In figura 12.1. il numero di anziani (over 65-75) assistiti in Assistenza domiciliare integrata 2023.
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La disaffezione dei primi è testimoniata dalla continua crescita della spesa privata sia out of pocket che intermediata (a testimonianza quest’ultima di un bisogno di ulteriore copertura), la cui eziologia (come testimoniato dalle risposte alla survey condotta da C.R.E.A. Sanità nel 2021) si conferma essere principalmente legata al persistere di inaccettabili liste di attesa per le prestazioni non urgenti; a conferma di ciò si osserva una spesa sanitaria privata che nell’anno 2022 ha raggiunto i € 40,1 mld. in crescita dello 0,6% medio annuo nell’ultimo quinquennio. stupisce che, per nostra conoscenza, in nessun documento di indirizzo, neppure in quelli dedicati alla umanizzazione delle cure, si faccia mai riferimento al principio del rispetto della “salvaguardia del tempo” dei cittadini, che passa per la capacità di organizzare i servizi senza provocare attese inutili e/o imporre complessità burocratiche superabili; si potrebbe legare a questa “disattenzione”, anche la constatazione che i cittadini in modo crescente preferiscono pagarsi di tasca propria farmaci rimborsabili (“classe A”) piuttosto che andare a farseli prescrivere (malgrado si sia riusciti finalmente a passare alla ricetta elettronica): negli ultimi 5 anni la spesa sostenuta privatamente per farmaci rimborsabili è cresciuta del +45,7%, arrivando ad un valore di € 1,9 mld. pari all’8,1% della spesa farmaceutica pubblica effettivamente erogata.
Preoccupazione lecita è se si riuscirà a raggiungere l’obiettivo di assistere il 10% degli over 65 e attuare il nuovo Piano per la cronicità. La deflagrazione della “malattia” del SSN è, però, resa evidente dalla recente emersione della disaffezione dei professionisti sanitari. Per la prima volta nella storia del SSN, non appare più generalizzato il desiderio dei professionisti di essere parte organica del SSN: molti giovani preferiscono andare all’estero o lavorare a “gettone”, essendo sempre meno disposti ad accettare le condizioni di lavoro attuali, in particolare quelle legate alle posizioni più “disagiate”; quel che è peggio, almeno nel caso degli infermieri, è la constatazione di una forte carenza di vocazioni, che risultano essere su livelli molto inferiori rispetto agli altri Paesi. In Figura KI 2.6. le differenze di spesa tra le Regioni italiane (la Sardegna tra quelle in coda).
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Il rapporto tra Salute e Ambiente
Il rapporto tra salute e ambiente è al centro di crescenti attenzioni, e le questioni ambientali hanno guadagnato un’importanza fino ad oggi inedita nel novero delle criticità a livello sociale e sanitario. Ciò è avvenuto a causa di due fenomeni particolarmente rilevanti: l’accelerazione subita dai processi di inquinamento e surriscaldamento del pianeta, con la conseguenza dell’aggravamento della crisi climatica, il primo, e l’esplosione della pandemia da Covid-19, un’epidemia la cui gravità è paragonabile solo ad alcuni eventi del passato per lo più dimenticati dall’opinione pubblica, il secondo. La pandemia da Covid-19 ha rappresentato una sorta di spartiacque per la sanità nel mondo. In Italia, in particolare, ha accentuato e/o messo in evidenza, da un lato, i tanti problemi strutturali e funzionali della Sanità italiana preesistenti alla pandemia, ed ha attirato l’attenzione, da un altro lato, sui rischi insiti in un approccio che non tiene conto del contesto di vita della specie umana e dei problemi derivanti dall’impatto del modello di sviluppo vigente sull’ambiente, sul clima, sulla produzione agricola e sulla salute umana.
In figura 6b.4. le Emissioni di CO2; In tabella 1b.1 le cause di morte per età, durante la fase Pandemica 2020:
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Contemporaneamente, l’aggravarsi della crisi climatica ed il succedersi sempre più frequente e costante di eventi ambientali catastrofici, come gli incendi, le alluvioni, le frane e lo scioglimento dei ghiacciai, hanno reso evidente agli occhi dell’intera collettività quanto preannunciato dalla comunità scientifica sin dai tempi del primo rapporto del Club di Roma nel 1972.
Anche la segnalazione da parte della comunità scientifica della necessità di adottare un approccio olistico alla salute ed al benessere ha una lunga storia, e compare a livello ufficiale nel dibattito nel 1978, quando ad Alma Ata viene coniato per la prima volta da parte della Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) il principio della “Salute in tutte le politiche”.
Una salute definita già nel 1948 come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente come assenza di malattia o infermità”, e meglio chiarita nel 1978 come diritto fondamentale da promuovere e salvaguardare rispetto all’ordine economico internazionale, alla collaborazione tra nazioni, territori e comunità, nonché attraverso un’assistenza primaria volta ad agire anche sulle condizioni di contesto ambientali, economiche e sociali, sulla cultura e la alfabetizzazione sanitaria, e su tutti i settori in qualche modo collegati, dall’agricoltura, all’industria, alle comunicazioni. A quella dichiarazione hanno fatto seguito, negli anni seguenti, numerosi studi sulla salute come processo sistemico, che include cioè il benessere della natura e del mondo animale; un “sistema psico-somato-ambientale”, secondo la formulazione coniata dal Censis alla fine degli anni 80.
Il termine di One Health viene introdotto da parte della Wild Conservation Society nel 2004. La questione climatica ed il suo impatto sulla salute umana costituiscono quindi temi noti da tempo agli studiosi e sottoposti a ricerche ed analisi da molti anni, ma è solamente da qualche anno a questa parte che se ne è diffusa la consapevolezza ad ampio raggio. Per quanto riguarda l’accelerazione del fenomeno, ad esempio nell’ambito di un progetto lanciato dalla rivista Lancet, si è calcolato che nell’ultimo ventennio l’esposizione ai rischi climatici ed ambientali è aumentata esponenzialmente rispetto ai secoli precedenti, nel corso dei quali la situazione era da questo punto di vista prevalentemente stazionaria.
Per ciò che attiene l’impatto sulla salute umana, questo viene unanimemente ricondotto a 3 categorie principali:
• impatti diretti che agiscono immediatamente
• impatti indiretti derivanti da modificazioni degli ecosistemi
• impatti indiretti riconducibili a cambiamenti nei sistemi socio-economici. Già nel 2015 OMS e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) segnalavano in un apposito rapporto che 9 cittadini su 10 vivono nel mondo in un ambiente inquinato, e che era possibile stimare in 7 milioni i decessi prematuri per inquinamento nel mondo in un anno, e in 600 mila quelli in Europa. Si riportava inoltre una stima relativa all’Italia di più di 32 mila decessi prematuri e di più di 47 mila anni di vita persi per la medesima causa.
Si deve prendere atto delle difficoltà economiche di un’ampia fascia di popolazione italiana. Nel 2021, risultano impoverite per le spese sanitari 423.041 nuclei familiari (pari all’1,6%). L’incidenza delle famiglie impoverite è aumentata di 0,4 p.p. nell’ultimo quinquennio. Le famiglie impoverite sono il 7,6%. Sono soggette a spese catastrofiche (consumi sanitari di entità superiore al 40% della loro capacity to pay) 731.489 nuclei (pari al 3,7%). L’incidenza del numero di famiglie soggette a spese catastrofiche è aumentata di 0,1 p.p. nell’ultimo quinquennio. Risultano colpite dal disagio economico per consumi sanitari (impoverimento o rinuncia ai consumi sanitari per motivi economici) 1,58 milioni di famiglie (pari al 6,1%). L’incidenza è aumentata di 0,6 p.p. nell’ultimo quinquennio.
Nel 2021, secondo l’indicatore di disagio economico delle famiglie per spese sanitarie (che somma i fenomeni dell’impoverimento e delle “nuove” rinunce alle spese per consumi sanitari per motivi economici) Campania (10,7%), Calabria (10,6%) e Sardegna (10,2%) risultano essere le Regioni con la maggior incidenza.