Sanità e politiche sociali
1 Agosto 2017Luana Farina e Maria Grazia Pippia
Intervento di Luana Farina e Maria Grazia Pippia del Fronte Indipendentista Unidu sulla questione “sanità e politiche sociali”.
La Regione Sardegna è infatti tra quelle che, in Italia, spendono di più per il settore sanitario, con il superamento di più della metà dei finanziamenti destinati. Solo per convenzioni e rimborsi per la mobilità passiva (accordo preso con la Regione Lombardia) la spesa ammonta a circa 91 milioni di euro annui. Una vera emorragia di denaro pubblico che va ad unirsi, per esempio, alla convenzione (di 89 milioni di euro) fatta sempre con la Regione Lombardia, per l’A.r.e.u.s (Riorganizzazione del sistema regionale dell’emergenza-urgenza). In corso d’opera, si è rilevato che ogni ambito della sanità è veicolato verso il fenomeno della privatizzazione, a scapito della sanità sarda pubblica, già di per sé estremamente insufficiente. Ridotta di 3,5 milioni di euro dal manager dell’ats Moirano anche la spesa farmacologica, andando così a inficiare sulla qualità delle terapie, anche quelle definite “salvavita”.
Questa riforma, ha creato delle falle nella stragrande maggioranza dei settori della sanità sarda, come ad esempio la chiusura di alcuni complessi ospedalieri e reparti situati nei piccoli comuni del territorio dell’Isola. La questione ha creato una vera e propria insurrezione, sia da parte della popolazione che delle autorità locali, infatti la chiusura comporterebbe enormi disagi per quanto riguarda il raggiungimento dei centri maggiori, data la precarietà del servizio trasporti in Sardegna.
Stessa cosa si può dire per i “Punti nascita”, per i quali si parla di una vera e propria condizione di doppia subalternità, a causa dell’adozione di misure più restrittive per la Sardegna, sia da parte del governo italiano che a livello europeo. Infatti, il tetto minimo stabilito è di 500 eventi l’anno, su deroga stabilita dal governo italiano, rispetto ai 1000 punti nascita previsti dalla normativa europea.
Altro caso eclatante, che ha visto il Fronte Indipendentista Unidu impegnato in una lunga battaglia durata per più di un anno (e non ancora terminata) è stato quello della mancata istituzione, come da normativa europea, di una Breast – Unit a Sassari e Nuoro, rimasti totalmente tagliati fuori dal progetto. Sono stati dati ben 10 anni di tempo per organizzare un centro di senologia multidisciplinare e, al 31 dicembre 2016, tali accordi non sono stati rispettati, sebbene solo a Sassari ci siano più di 350 casi di donne affette da tumore alla mammella. Grazie alle lotte portate avanti, l’unico piccolo grande passo è stato l’ottenimento di una S.M.A.C, un processo alternativo alla Breast che, in ogni caso, rimane un’istituzione non ufficiale e si sarebbe comunque dovuta avviare inserendola nella riforma sul riordino della rete ospedaliera in Sardegna, ancora in alto mare. Inoltre, pur essendo stati erogati fondi pubblici, questi sono stati poi affidati ad una struttura privata come il Mater di Olbia, progetto che decollerà a partire dal 2018.
Vittime della riforma sono stati anche i centri diabetologici (nonostante la Sardegna risulti tra le prime cinque regioni d’Italia per la diffusione del diabete, del tipo 1 in particolare) che non coprono adeguamente il fabbisogno dell’utenza, le tante tipologie di malattie rare, non inserite nel registro regionale preposto e, infine, il registro tumori e “osservatorio epidemiologico”, per i quali non esistono dati accessibili fruibili da tutti se non sotto previa richiesta. A tutto ciò si unisce anche il servizio di sicurezza alimentare e di controllo dei terreni e delle acque inquinate, che non solo manca di totale controllo da parte delle autorità, se non sotto sollecitazione dei veterinari (soprattutto per quanto riguarda il bestiame e la produzione zootecnica), ma subisce continui soprusi a causa dello scriteriato sfruttamento del territorio, per fini meramente economici.
Persino nella gestione delle politiche sociali, sempre di competenza della sanità, si è rilevato un fallimento pressochè totale delle politiche attuate. Tutte problematiche figlie del disagio, che non è soltanto di natura psicofisica, ma anche socioeconomica e sono causa dello spopolamento in atto. E’ infatti dimostrato che, per quanto non automatico, in una situazione di precarietà si sviluppino maggiormente conflitti (specie all’interno del nucleo famigliare) che potrebbero sfociare anche in forme di estrema violenza verso se stessi (con l’aumento del numero dei suicidi, la cui fascia d’età maggiormente interessata è quella che va dai 35-44 anni alle persone in età pensionabile, in particolare uomini) ma agita anche sia sulle donne che sui minori. La diffusione delle ludopatie nelle fasce meno abbienti, ha fatto sì che i costi per la loro cura superino addirittura quelle per la tossicodipendenza (la città che nell’Isola e in Italia “vanta” questo triste primato è Sassari), tanto da dover modificare i centri di monitoraggio in strutture adeguate ad accogliere in modo generico tutti i tipi di dipendenze.
Per concludere, con la riforma della rete ospedaliera, avviata dalla Giunta, pareva si volesse dare una svolta, lanciando definitivamente la “Proposta di ridefinizione della rete ospedaliera della Regione Autonoma della Sardegna”, che sarebbe dovuta passare in consiglio regionale già dalla scorso giugno. Già gli esordi non sono stati confortanti: forti contestazioni da parte dell’utenza, dei sindacati di base e persino dai confederati che hanno indetto vari scioperi (nonostante la loro vicinanza e complicità con la Giunta), dei sindaci dei paesi coinvolti nel taglio, operatori sanitari, personale medico e paramedico e persino, paradossalmente, contestata in modo ridicolo da alcuni componenti della Giunta stessa, oltre al mondo politico indipendentista, che ha ravvisato la subalternità rispetto alla normativa italiana ed europea.
Il decollo della rete ospedaliera, già basatosi più sui tagli che sulla qualità del servizio, è stato frenato dalle lotte intestine interne al PD, tanto da aver deciso di rimandare il voto a settembre, per dirla con le stesse parole di Pigliaru “dopo le vacanze”, come se i problemi della sanità sarda fossero questioni di lana caprina. Secondo il Fronte, ribadendo quanto si disse già in campagna elettorale durante le regionali, infatti, in base a ciò che è trapelato dalla riunione del Direttivo del PD, la Sardegna anche dal punto di vista sanitario è ostaggio dei politici, infatti pare che essi siano più interessati a ricucire gli strappi interni al partito e quindi alla necessità di un “armistizio” che a dare delle risposte sull’avvio della riforma della rete ospedaliera.