Sanità territoriale e persone anziane

16 Ottobre 2022

Il nuovo murale di Alberto Mandis a Mogoro

[Mario Fiumene]

I quasi venti miliardi destinati alla sanità dal Piano fanno gola. Soprattutto gli otto stanziati per la riforma della sanità territoriale. Il progetto attuale ruota intorno alla costruzione di 1.300 case della comunità in cui riunire i servizi sanitari e sociali di base.

L’obiettivo è sottrarli alla rete dei medici di famiglia che, di fronte a un virus che andava affrontato sul territorio prima che in ospedale, si è rivelata del tutto impreparata. Smantellare la riforma sanitaria disegnata nel Pnrr dai due Governi precedenti non sarà facile per chi andrà a governare il Paese Italia. Il ministero ha già firmato contratti istituzionali di sviluppo con tutte le Regioni per la sua realizzazione e si tratta di impegni vincolanti. Rimarrebbe poi il problemino di convincere Bruxelles. Stornare a favore di altri soggetti (privati?) una quota dei fondi pubblici del Pnrr, senza rivoluzionarne l’impianto, invece è nelle cose. Ma non sarà indolore. Case e ospedali di comunità, oggi sottofinanziate e senza organico, hanno bisogno di un’iniezione di risorse per non rimanere scatole vuote. Un’ulteriore sottrazione le destinerebbe a fallimento certo.

L’Anaao, il principale sindacato dei medici ospedalieri, ha pubblicato i numeri sull’assegnazione dei contratti per le scuole di specializzazione. Dai dati emerge che i giovani medici preferiscono perfezionarsi nelle discipline più spendibili sul mercato della sanità privata. Di conseguenza, i pronto soccorso e le terapie intensive rimarranno sguarniti di personale anche nei prossimi anni.

Ogni anno vengono messi a bando diverse migliaia di contratti di formazione, il cui compenso mensile si aggira intorno ai 1700 euro. In fondo alla classifica di gradimento si trovano settori come virologia, farmacologia e tossicologia, cure primarie e soprattutto la medicina di emergenza e urgenza, cioè la specializzazione con cui inizia il percorso il futuro medico di pronto soccorso. Per la virologia, cui la pandemia ha regalato una pubblicità senza precedenti, addirittura tre contratti su quattro rimarranno senza candidati. Molti ospedali italiani garantiscono il servizio di Pronto soccorso ricorrendo a cooperative che affittano medici alle aziende sanitarie a costi molto alti, ma che possono essere inseriti nella voce di bilancio dell’acquisizione di beni e servizi e non in quelle relative al personale, ben più ristrette. Per questo, da tempo diverse associazioni professionali chiedono specifici incentivi che invoglino i medici a intraprendere le carriere in questi settori, una proposta che il governo ha fatto sua, investendo appena 90 milioni nella finanziaria 2021 per il personale di pronto soccorso, infermieri inclusi. La fragilità della sanità territoriale e dei servizi sociali fa sì che i pronto soccorso siano sommersi quotidianamente da casi di scarsa gravità, legati a malattie croniche o alle fragilità sociali (come dipendenze e disagio abitativo) che andrebbero affrontati in strutture diverse come le future «case di comunità». Ben prima della pandemia, l’organizzazione della sanità territoriale e ospedaliera aveva bisogno di un’iniezione di risorse nei settori strategici in cui il servizio pubblico rimane insostituibile. Credo sia arrivato il momento di provare a capire come fare sanità dentro la Casa della comunità, ma soprattutto come fare sanità fuori da questa. E nello stare fuori dalla Casa di comunità, si tratta di provare a mettere insieme, coniugare, la missione 6 con la missione 5 del PNRR, perché se pensiamo alla Casa di comunità come un unico elemento sanitario, rischia di trasformarsi in uno dei tanti nodi di questa rete che poi alla fine continua a non essere rete. Senza dialogo e multiprofessionalità la Casa della comunità rischia di diventare un “condominio” dove c’è un elenco di citofoni e secondo la necessità che ho penso di suonarne uno, ma quelli che abitano sullo stesso pianerottolo poco parlano fra di loro: i Mmg con gli Infermieri di famiglia e comunità piuttosto che lo specialista con i Mmg, o l’Assistente sociale con l’Infermiere di famiglia e comunità e così via. La Casa di comunità è un nodo della rete: la ricchezza sono tutti gli altri nodi che noi già abbiamo, che abbiamo bisogno di connettere, perché oggi il tema è che il cittadino con un bisogno sociosanitario si connette da solo ai diversi servizi, o lui o il suo caregiver o i suoi familiari. Se una persona con un bisogno è stata vista da un “nodo” di questa rete, difficilmente gli altri “nodi” della rete poi dialogano tra loro. Altrimenti la tanto auspicata medicina di prossimità sarebbe solo uno slogan!!

E ci sarebbe da chiedersi che senso ha il “DISEGNO DI LEGGE RECANTE DELEGHE IN MATERIA DI POLITICHE IN FAVORE DELLE PERSONE ANZIANE, ANCHE IN ATTUAZIONE DELLE MISSIONI 5 E 6 DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (PNRR) IN MATERIA DI ASSISTENZA AGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI” appena presentato?!. Nella bozza del documento si legge:

-Art.2 riconoscimento del diritto delle persone anziane alla continuità di vita e di cure presso il proprio domicilio entro i limiti e i termini definiti, ai sensi della presente legge, dalla programmazione integrata socioassistenziale e sociosanitaria statale e regionale;

-Art.3 promozione di interventi di sanità preventiva presso il domicilio delle persone anziane;

-Art.4 adozione di una definizione di popolazione anziana non autosufficiente che tenga conto dell’età anagrafica, delle condizioni di fragilità, nonché della eventuale condizione di disabilità pregressa, tenuto anche conto delle indicazioni dell’International Classification of Functioning Disability and Health-ICF dell’Organizzazione mondiale della sanità e degli ulteriori e diversi strumenti di valutazione in uso da parte dei servizi sanitari, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 25 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;

tali indicazioni sono state recepite in Sardegna con la legge regionale n. 17/2016 di riordino del Sistema Sanitario, ma restano ancora oggi inapplicate.

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