Santa Maria Capua Vetere: l’indignazione non basta
5 Luglio 2021[red]
La nota della Direzione della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia sui pestaggi, le violenze inaccettabili ai danni delle persone detenute nell’Istituto di Santa Maria Capua Vetere.
Ora, tutti abbiamo potuto vedere nella loro brutalità e crudezza ci devono indurre alla riflessione e ci dovremmo tutti interrogare, come cittadini, su quelle che sono le reali condizioni del mondo della realtà delle carceri senza pregiudizi e senza la presunzione di conoscere una realtà che fa comodo relegare dietro a mura che tutto anestezizzano. Fa quasi sorridere, ma è un riso amaro, vedere ora l’indignazione di certe persone e Istituzioni, quando segnali evidenti di una stortura del sistema erano già leggibili, ma le immagini non lasciano scampo.
Ingiusto attribuire al Corpo della Polizia Penitenziaria nel suo complesso una vergogna che non può essere ad esso interamente attribuita; lo sappiamo bene come volontari penitenziari che con il nostro ingresso in carcere, con la realizzazione di molti percorsi di ricostruzioni di vite ai margini, ci troviamo a condividere esperienze e difficoltà anche con gli agenti della polizia penitenziari.
Agenti di polizia penitenziaria, persone, che spesso si trovano ad affrontare la sofferenza di chi vive recluso, l’indifferenza delle Istituzioni che si riflette anche in una indecorosa carenza di organico e di risorse economiche rispetto al delicatissimo fine cui l’esecuzione della pena è destinato.
La presenza della società civile in carcere oggi più che mai è necessaria, anche per vigilare là dove i diritti sono calpestati. La pandemia forzatamente ha separato due mondi, ci ha isolati, ha interrotto prassi e collaborazioni. È fondamentale riprendere a lavorare, progettare insieme, unire gli sforzi di identità diverse per lo scopo unico di riavvicinare carcere e società. La cultura del separare, punire, allontanare, non funzionerà mai; immaginiamo quindi una cultura diversa e coraggiosa, che non tema di giudicare il carcere spesso inutile, obsoleto, lesivo. Non serve arrivare alle aberrazioni a cui abbiamo assistito, che sono il risvolto malato e violento della cultura dell’isolamento, per pensare di prevenire e agire nell’ascolto e nel dialogo, includendo le persone detenute nei modelli di ri-accoglienza di cui tutti sentiamo forte il bisogno, oggi più di ieri.
Fonte immagine: Davanti al carcere di Santa Maria Capua Vetere, 11 giugno 2020. (Fabio Sasso, Agf)