Sant’Elia

1 Maggio 2008

Enrico Palmas

È tutt’altro che infrequente sentir usare, nei dialoghi tra i residenti del Quartiere di S. Elia, l’espressione “andare a Cagliari”, che, da un lato testimonia dell’esistenza di un radicato sentimento di appartenenza ad una comunità, ma, dall’altro, è indice della consapevolezza dell’isolamento in cui S. Elia è stata relegata.
Tale è la considerazione che è maturata in chi s’è abituato, suo malgrado, a convivere con il senso d’isolamento consegnatogli dagli errori di un’amministrazione poco lungimirante.
Da S. Elia, tanto per fare un esempio, è indispensabile “andare a Cagliari” per acquistare dei medicinali; e lo è altrettanto per fare una raccomandata o pagare la bolletta della luce.
A fronte di una tale situazione, anche così brevemente banalizzata, emerge la difficoltà di pensare ad interventi che, seppur di forte impatto, lascino tuttavia impregiudicata la questione di fondo del complessivo riordino urbanistico e sociale dell’intera area, della sua “incorporazione” nella Città e del superamento della sua dimensione di ghetto.
In questo senso, faceva ben sperare il primo protocollo di intesa tra Comune e Regione, nel quale si ipotizzava la spendita di cospicui fondi di varia natura e provenienza: circa 230 milioni di euro, più di un “piano di rinascita”!.
Un simile stanziamento – utilizzato con criterio – consentirebbe non solo di realizzare i previsti interventi (Bètile, Campus universitario, ecc.), ma di ridisegnare addirittura il profilo dell’intera Città.
Tuttavia, l’incertezza in Consiglio comunale regna sovrana e il dietro – front del Sindaco che ha deciso di ritirare la propria firma, spinto dall’oltranzismo di una parte della sua coalizione, non induce a nutrire troppe speranze sul buon esito del progetto.
In questo senso, è fuorviante e perfino poco sincero concentrare ogni attenzione sul solo Bètile, che costituisce solo una parte (e nemmeno la più rilevante) di un più ampio progetto.
E non è la più rilevante soprattutto nella considerazione dei cittadini cagliaritani, che a fronte della possibilità di risolvere alcuni dei più annosi problemi che affliggono la Città, essendo notoriamente pragmatici, certo non ripongono ogni speranza di crescita sociale nella realizzazione di un museo.
Si tratta, dunque, di cogliere al volo l’opportunità, avendo, tuttavia, cura di fermarsi a riflettere qualche attimo in più sulla prospettiva e sul risultato da conseguire, mostrando, in tal modo, maggiore lungimiranza rispetto a chi, a partire dagli anni ’70, fino ai giorni nostri, ha (male) ipotizzato lo sviluppo del Quartiere.
Naturalmente, neanche un percorso ponderato esclude completamente ogni rischio, ad iniziare da quello che si annida dietro le mire degli industriali del mattone.
Il Quartiere, infatti, è uno dei luoghi più suggestivi di Cagliari e l’abbattimento dei “palazzoni” (ipotizzato nell’accordo con la Regione, oggetto, peraltro, delle altalenanti condotte dell’Amministrazione comunale di questi giorni) potrebbe aprire scenari (economicamente) apprezzabili, specie se a prevalere fosse l’ottica della trasformazione di S. Elia in quartiere residenziale. Già, ma che fine farebbero gli attuali abitanti? L’equivoco deve essere necessariamente chiarito per tempo.
In mancanza, altro che nuova fase della politica della casa e riordino strutturale del Quartiere!
Occorrerà, per questo, essere abili nel trarre profitto dall’occasione che sembra presentarsi, tenendo tuttavia nel debito conto tutte le problematiche esistenti e mai affrontate globalmente, procedendo con estrema cautela nel doveroso equo contemperamento dei diversi interessi (e bisogni) in giuoco.
La ponderazione è d’obbligo, in quanto l’esecuzione frettolosa di progetti pur ambiziosi evoca tristi ricordi, riportati all’attenzione dei cagliaritani nelle cronache (giudiziarie) di questi giorni, quali esempi di pessima amministrazione: la vicenda del ripascimento del Poetto è emblematica in questo senso.
Saremo all’altezza del compito? L’augurio per la Città, affinché possa finalmente compiere il necessario salto di qualità, è che lo saremo. Solo così, infatti, avremo compiuto un primo, indispensabile passo in vista della realizzazione delle condizioni minime affinché – fuori dall’enfasi e dalla retorica elettoralistica – Cagliari possa realmente candidarsi a diventare la “Capitale del Mediterraneo”.
Sono ottimista per natura e cultura, ma, tuttavia, nutro seri dubbi sulla capacità progettuale di chi ci amministra e non credo di essere il solo.
Con tutta probabilità, sarò almeno in compagnia di chi, nonostante le promesse, sarà costretto ad “andare a Cagliari”, percorrendo la via Schiavazzi.

1 Commento a “Sant’Elia”

  1. Tore Melis scrive:

    Da decenni S.Elia è punto nodale nei programmi elettorali per le comunali di Cagliari. Ad ogni tornata tutti assumono l’impegno di trasformare il quartiere in fulcro economico e sociale della città. Dopo 15 anni di Cen.Destra, programmi e proclami sono ancora sulla carta. Eppure da la continuano ad avere una valanga di voti. Dopo decenni di nullismo finalmente si affaccia un progetto da cui potrebbe derivare il riscatto per S.Elia, Cagliari competerebbe finalmente nello scenario internazionale del Turismo, e pensate al dinamismo generato da oltre 220 mln in una citta in crisi economica. Perché dunque la destra si oppone? Ma è chiaro: S.Elia è cosa loro.Gli interventi assistenziali, bollette e sussidi, hanno portato e porteranno più voti di qualunque Betile. Perché modificare tale condizione? Fra un anno avremo le regionali, si può consentire al C.Sinistra di ottenere risultati in un quartiere a patrimonio elettorale controllato? Secondo i trinci democratici, la politica deve costruire le decisioni e non assumerle d’autorità. Soru non è un gran costruttore di decisioni, ma Floris è peggiore. Se i suoi alleati sono insorti significa che ha firmato il protocollo senza consultarli. Soru avrà i suoi difetti, ma su questa storia siamo al ridicolo, dovremmo tutti riflettere. Se in modo strumentale si possono bloccare 200 mln da spendere nella città amministrata, pensate a cosa potrebbero fare al governo della Regione? Il Betile? Facciamolo nel Gerrei, vicino al telescopio!

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