Sardegna Pride: la gioia di affermare i diritti
1 Luglio 2016Ottavio Olita
La gioia al posto della provocazione; la condivisione invece dell’esclusiva affermazione di sé. I Cagliaritani hanno capito e in quasi diecimila hanno voluto prendere parte alla festa che si è snodata lungo le vie principali della città, da Piazza Giovanni XXIII al Largo Carlo Felice. Tantissimi bambini, famiglie con i più piccoli nei passeggini, bandiere, alcune delle quali rivedute e corrette: come quella di due dei quattro mori che invece di mostrarsi, alteri, di profilo, si incontravano abbandonandosi ad un bacio appassionato. Altre, espressioni di forze politiche e movimenti.
Il Sardegna Pride ha rappresentato una significativa svolta in questo tipo di manifestazioni: non solo l’orgogliosa e spavalda affermazione dell’omosessualità spesso maltrattata, misconosciuta, rifiutata, condannata, ma anche e soprattutto il diritto-dovere di ogni uomo, ogni donna, ogni bambino ad esprimere una libera ed esplosiva affettività.
Sette carri dai quali partivano pochi slogan e tantissima musica accolta, con tutti i movimenti possibili, dai partecipanti al corteo pronti a trasformarsi in ballerini scatenati, improvvisati e non. E dai carri venivano offerte bottigliette d’acqua; oppure getti d’acqua partivano in tutte le direzioni sparati da fuciletti di plastica. Una carrozzella a pedali circondata da uno striscione giallo dedicato alla richiesta di verità e giustizia per Giulio Regeni, altri stendardi protesi da aderenti ad Emergency, No Vat, Rete evangelica, fede, omosessualità, Amnesty International. In tanti anche al seguito del carro allestito dalla Cgil sul tema Nuovi Diritti.
Un incontro tra tante diversità nel nome di valori che dovrebbero accomunarci tutti: la disponibilità, la comprensione, la tolleranza. In una sola parola: nel valore della nostra umanità. Semplice? solo apparentemente, vista la violenza che imperversa nel mondo sotto tante forme diverse: dalle guerre all’omofobia, dal razzismo alla violenza sulle donne, al terrorismo.
La riflessione che il Sardegna Pride induceva a fare, guardando il mare di sorrisi che caratterizzava il corteo sotto tante diverse adesioni, era che solo una nuova cultura del rispetto reciproco potrà salvarci. La necessità dell’affermazione di affetti e solidarietà per conquistare una nuova frontiera, finora inesplorata: la costruzione di un mondo che bandisca i conflitti alimentati da chi si arricchisce utilizzando odio, morte e distruzione.
Nel corteo c’era una bandiera che in qualche modo legava le storiche lotte operaie, pacifiche, per la richiesta di diritti inalienabili, alla manifestazione che allegra, scanzonata e pure fiera di sé si snodava per le vie di Cagliari: la bandiera realizzata dall’Arci sull’immagine de “Il Quarto Stato”, la celebre opera dipinta nel 1901 Giuseppe Pellizza da Volpedo.
Utopia? Certo, vista la fine dei grandi teorizzatori della non violenza, da Gesù Cristo, a Gandhi, a Martin Luther King. Ma impegnarsi per inseguire un sogno che migliori il presente e che predisponga un futuro degno di essere vissuto è la vera missione di ogni uomo. Alcune generazioni falliscono, altre ci riescono. Perché non credere che l’arma dell’incontro possa essere più forte di quella del conflitto?
Perché non impegnarsi per realizzare quanto già si potrebbe fare senza stravolgere regole stabilite da quanti, reduci da una stagione terribile, come quella del ventennio ’25-’45 del secolo scorso, elaborarono un documento di straordinario valore, innanzi tutto umano, come la Costituzione Italiana?
Perché non impegnarsi perché, ad esempio, diritti come quello al lavoro o allo studio vengano finalmente realizzati, invece di inventarsi le modifiche che, pur essendo nella seconda parte della Costituzione, in realtà poi intaccano alle radici gli articoli 1 e 4 della Carta? Perché privilegiare sempre e comunque il braccio di forza – la legge elettorale ‘Italicum’, come del resto il famigerato ‘Porcellum’ – in nome degli interessi delle varie forze politiche, invece di costruire progetti sulla vita degli uomini e delle donne? Perché farsi dominare dalle banche e dalla finanza internazionale invece di controllarle?
Il Sardegna Pride ha riproposto i temi dei diritti, di tutti i diritti, con una semplicità disarmante e coinvolgente: cantando, ballando, sorridendo, distribuendo acqua. Un grande proiezione verso il futuro. Ancora una volta utopica? E se il segnale per il futuro fosse un altro?
Quattro bambine di circa tre anni, tutte della stessa altezza, con i loro vestitini e i loro occhi meravigliosi fotografate dai loro genitori mentre impugnavano una bandiera arcobaleno e sullo sfondo, alle loro spalle, le migliaia di cagliaritani in corteo con la loro gioia di vivere e di amarsi. Nessuna immagine di questo tipo è stata fatta circolare, mentre siamo stati subissati da quelle dell’ennesima strage di Istanbul, dei continui femminicidi, della paura per il futuro sbandierato dalle borse dopo la Brexit.
E’ così che ci rassegniamo all’odio e a ritenerlo ineluttabile.
Foto Mattia Tatti