Sardegna sempre più Sardistàn
16 Settembre 2012Stefano Deliperi
Battono incessantemente i caschi da lavoro sui sampietrini romani i 500 lavoratori dell’Alcoa di Portovesme. Si scontrano, armati di bombe carta e di disperazione, con i poliziotti e i carabinieri che proteggono gli ingressi del Ministero per lo sviluppo economico. Occupano il traghetto della Tirrenia e la piazza davanti alla Prefettura di Cagliari. Quella Piazza Palazzo, luogo del potere decaduto del capoluogo isolano.
Continuano a rimbombare i caschi da lavoro, mentre i loro colleghi della Carbosulcis attendono un’improbabile riformulazione del progetto che dovrebbe coniugare utilizzo dello “sporco” carbone Sulcis con lo stoccaggio dell’anidride carbonica in miniera per produrre “energia pulita”.
Migliaia e migliaia di persone, l’intero Sulcis-Iglesiente, attendono miracoli a ripetizione che salvino industrie palesemente fuori mercato e migliaia di posti di lavoro.
Attendono il miracolo e attendono una vera e propria “manna dal cielo” sotto forma di miliardi di euro di provenienza comunitaria, statale e regionale che consentano di mandare avanti una “baracca” industriale ormai decotta da decenni.
Questa volta il miracolo non ci sarà. Le politiche di rigore finanziario comunitario e nazionale non consentiranno ulteriore assistenzialismo, perché di questo in sostanza si tratta. E il governo del Presidente Mario Monti, nella sua “sanguinosa” azione di risanamento finanziario fino alla primavera 2013 non farà eccezioni. L’Unione europea non farà eccezioni.
La Sardegna non ha una politica industriale da anni. Non ha nemmeno una politica agricola. Men che meno una politica ambientale/territoriale che si preoccupi di migliorare, mantenere, ripristinare quelle invidiabili condizioni naturalistiche ed ecologiche che ne farebbero un richiamo turistico unico in Europa.
Questa volta il miracolo non ci sarà. Ma le migliaia di lavoratori sulcitani delle aziende morte e moribonde questa volta dovrebbero andare a battere i loro caschi dai veri responsabili di questo disastro economico-sociale ed ambientale, da chi da anni ha condotto “questa” politica regionale fallimentare.
Chi sono? Sono sotto gli occhi di tutti e nelle schede elettorali di tanti, troppi.
Senza vergogna è stata finora l’insipienza della classe politica regionale, dispensatrice prima di posti di lavoro clientelari e poi di promesse a vanvera quanto desiderosa di pubblicità sulla pelle dei lavoratori.
Con eccezionale tempismo il Presidente della Regione Ugo Cappellacci pochi mesi fa ha nominato quale amministratore unico della Carbosulcis un carneade fortunatamente dimissionato in breve, per non parlare del deputato sulcitano Mauro Pili, sempre pronto a iniziative “clamorose”, di lotta e di governo, ma dimentico delle sue responsabilità di governo regionale e di sostegno al governo nazionale. Per il resto, molta fuffa ma poco o nulla di concreto.
E sulcitani sono – oltre a Cappellacci e Pili (P.d.L.) – anche Giorgio Oppi (padre-padrone dell’U.D.C. isolana), Antonello Mereu (deputato U.D.C.), Antonello Cabras (senatore P.D.), Tore Cherchi (presidente della Provincia, già deputato P.D.), Francesco Sanna (senatore P.D.), Claudia Lombardo (presidente del Consiglio regionale, P.d.L.) e centinaia di altri deputati e senatori, consiglieri regionali e provinciali, sindaci e consiglieri comunali.
Un sistema di potere ramificatissimo. Ma questa volta non in grado di fare alcun miracolo.
Migliaia di caschi da lavoro, ma anche pentole e casseruole, dovrebbero essere sbattute sotto le finestre di questi nostri amministratori della “cosa pubblica” fin quando – almeno – non si ritirino a vita privata.
Grazie a costoro, soprattutto grazie a quelli che “hanno fatto tornare la Sardegna a sorridere”, la Sardegna sta diventando sempre più Sardistàn, oscura isole del Mediterraneo centrale dal clima sempre più becero, greve, incattivito, privo di speranza.
Dovrebbero accadere cose simili per porre fine a questo stato di irresponsabilità di una classe politica tanto al di sotto delle necessità attuali quanto, peraltro, specchio della società sarda.
Una via d’uscita è possibile? Sì, è necessario provarci. Come già detto, una possibilità può esser data da un vero e proprio new deal sardo, dove dare adeguato spazio a un piano di sistematico risanamento idrogeologico e ambientale, con interventi di consolidamento e rinaturalizzazione di costoni, pendii, letti fluviali, demolizioni di opere incongrue e ripristini ambientali, forestazioni naturalistiche, bonifica di siti minerari e industriali inquinati. Un piano di salvaguardia del suolo e di protezione del territorio che coinvolgerebbe migliaia di progettisti, tecnici specializzati e maestranze con obiettivi realmente di pubblico interesse. Centinaia di milioni di euro di provenienza comunitaria del piano operativo FESR 2007-2013 troverebbero la migliore forma di investimento. Evitando i rischi di disinvolti giochi finanziari da centinaia di milioni con i fondi comunitari sulla pelle dei sardi.
E ci sarebbe ancora un altro intervento infrastrutturale importante, da svolgere con la regìa regionale e recuperando anni di ritardi e di incapacità: predisporre progetti e realizzare le connessioni fra il gasdotto Galsi s.p.a. e le aree urbane e industriali sarde, affinchè quest’opera sia davvero utile per la Sardegna e non sia quel mezzo disastro che si prospetta. A patto che si riveda profondamente il tracciato e si faccia passare dove l’impatto ambientale e socio-economico sia minore (es. lungo le fasce di rispetto stradali, in aree ferroviarie dismesse, in aree già degradate, ecc.). Imprese e maestranze sarde dovrebbero quindi esser qui coinvolte, anche grazie a ristrutturazioni aziendali e a riqualificazioni professionali di tecnici e operai, compresi quelli già fuori dal mercato del lavoro.
Come si vede, le opportunità ci sono, il sostegno finanziario anche. Finora è mancata la volontà e l’intraprendenza di un’Istituzione regionale che dovrebbe rappresentarci tutti e spesso, invece, ci fa vergognare d’essere sardi.
16 Settembre 2012 alle 14:04
[…] su Il Manifesto Sardo (“Sardegna sempre più Sardistan“), n. 129, 16 settembre […]