Dicci qualcosa di ambientale
1 Novembre 2009Marcello Madau
Dopo alcuni mesi di giunta Cappellacci le attese non sono state tradite. Il mandato berlusconiano era chiaro. La traduzione nel programma immediata: elogio al Ponte sullo stretto di Messina, via libera alla speculazione edilizia, significativo depotenziamento della relazione fra strumenti urbanistici, leggi di tutela e dettato costituzionale. Ridicolizzazione dell’autonomismo sardista. Oggi è di nuovo assalto alle coste.
Non sbaglia chi pensa al ricorso per violazione delle leggi di tutela e, di conseguenza, della stessa Costituzione: per la Sardegna, dove il paesaggio ha una relazione molto forte con il cosiddetto ‘patrimonio storico e artistico’, è ancora più forte il bisogno di quell’art. 9 della Costituzione Italiana: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”
Per l’art. 117 della stessa Costituzione lo Stato ha competenza esclusiva di legislazione sulla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, e non a caso le sentenze della Corte Costituzionale nei confronti di numerose regioni (Piemonte, Toscana, Calabria, Puglia) hanno ribadito il valore primario del paesaggio e la potestà esclusiva dello Stato nella sua tutela (“quale limite all’esercizio delle attribuzioni delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano sul territorio”, dice il Codice dei Beni culturali e del paesaggio). E se la Corte ha respinto l’eccezione fatta dal governo Berlusconi alla misura dei due chilometri di tutela dalla linea di costa, dicendo che le misure di tutela aggiuntive erano ammissibili perché migliorative e non peggiorative degli strumenti di tutela esistenti, quelle peggiorative non dovrebbero essere ammesse.
Una proposta forte e innovativa della sinistra ha però bisogno di contenuti, non solo di ricorsi.
Il piano-casa non esaurisce la costruzione di un programma alternativo di uso del territorio, nel quale la sostenibilità ambientale sia declinata come sviluppo dell’economia ambientale e di nuova occupazione (con il no a tutte le forme inquinanti energetiche e di smaltimento dei rifiuti a partire dal nucleare), conducendo al godimento non esclusivo dei beni comuni, con la sua gestione ‘dal basso’ attraverso la partecipazione primaria delle comunità locali.
Il quadro dove provare la costruzione di questo programma è in movimento.
Oggi potrebbe delinearsi la riapertura di un dialogo fra le forze progressiste, che accentuano, soprattutto nelle ‘ali’ più a sinistra, l’attenzione ai temi ambientali. La vittoria di Bersani e la sconfitta del massacro a sinistra implicito nella linea di Veltroni (recentemente distintosi non più per ripudiare il comunismo, acquisizione per lui di vecchia data, ma persino il socialismo) dovrà chiarire le direzioni del PD, soprattutto nei programmi e nei referenti sociali, talora addirittura ostili alle politiche sui beni comuni.
Il tema in Sardegna è naturalmente centrale. Intanto nelle forze comuniste e in Sinistra e Libertà il dibattito non sempre ha gli spazi che meriterebbe. Nelle forze ambientaliste è ovviamente articolato su diverse sensibilità (con Legambiente non di rado appiattita su linee istituzionali); per quanto riguarda i ‘beni comuni’, comunque, se la sinistra e alcune forze indipendentiste sono attente e attive, le posizioni del PD (ad esempio su acqua e rifiuti) non sono certo avanzate.
Se è vero che il malato, dopo le cure letali di Veltroni e Fassino, appare ora almeno in piedi, non emerge ancora, né nei gruppi di maggioranza né in quelli di minoranza (almeno a giudicare dalle liste), un quadro politico sufficientemente innovativo né un dibattito programmatico incoraggiante. E’ noto come le forze che hanno prevalso, nettamente (ben più della vittoria di Cabras su Soru delle ultime, drammatiche primarie sarde), siano ritenute più vicine al ‘partito trasversale del mattone’ che alla tutela dell’ambiente, e l’elezione di Silvio Lai esprima una parte rilevante di quelle forze che ‘da sinistra’ hanno contribuito a mettere in crisi il piano paesaggistico regionale.
E il ‘vecchio’ Progetto Sardegna? Sia nella scienza che nella politica, un’ipotesi di lavoro esauritasi non si ripercorre, e serve comunque a costruirne nuove che, riconoscendo i pregi delle pratiche superate, sappiano evitare di riprodurne errori e criticità. Colpisce perciò che l’atteggiamento del vecchio gruppo soriano, (ora corrente PD “Sardegna democratica”) nonostante l’esperienza molto recente sia già così nostalgico e celebrativo.
Non vi è dubbio che l’attenzione al sistema beni culturali e paesaggistici sia stata nella scorsa legislatura, per la prima volta nell’esperienza autonomistica sarda, posta al centro del modello di sviluppo: ne vorremmo di borghesi che si muovono su queste priorità! E che il PPR voluto da Renato Soru (omaggiato come un eroe del passato persino alla Normale di Pisa), abbia teso concretamente ad impedire l’assalto alle coste (senza che però, con quel difetto tipicamente sardo e assai provinciale di nanismo/gigantismo, evidentemente contagioso, lo si debba celebrare come l’esperienza più avanzata del mondo).
Ma sarebbe una semplificazione pensare che l’esperienza di Renato Soru si sia conclusa per agguati trasversali: vi è stato un certo centralismo palatino rispetto al territorio, scarsa attenzione al tema del lavoro, il sabotaggio dei parchi nazionali, l’enfatizzazione del turismo a cinque stelle, la Statutaria. E, a fianco di una meritoria battaglia per Tuvixeddu, pur condita di imperdonabili errori – le discutibili politiche di gestione dei beni culturali, con scelte errate, disattente al mondo del lavoro e rischiose per le autonomie. Si è spesso percepita una chiusura supponente e da gestione aziendale: ci sembra che anche a sinistra il modello azienda abbia fatto pagare pegno a quello democratico. Un’analisi autocritica adeguata, auspicabile nelle varie forze del PD, sarebbe assai utile per tutto il movimento progressista e per trarre davvero il meglio dall’esperienza passata, abbandonandone gli errori.
Nel trovare più vasti momenti di unità contro lo sciagurato piano-casa di Cappellacci, vanno quindi discussi modelli e finalità che sappiano guidare, sui temi dei beni paesaggistici, le battaglie critiche contro lo stato di cose esistente e prefigurare migliori esperienze future di governo regionale.
La costruzione di una politica di sinistra, in questo campo appassionante, dovrà dare particolare attenzione ai beni comuni, alla qualità ambientale ed alla nuova occupazione collegata, alle lotta contro basi e rifiuti prodotti dal complesso militare-industriale, alla gestione democratica dei territori a partire dalle comunità residenti, alla conoscenza. La Sardegna è un laboratorio importante per temi all’avanguardia del dibattito planetario, se si pensa che – da luoghi fisici e concettuali diversi – essi sono stati al centro dell’ultimo Forum Globale di Belen e persino del conferimento del Nobel dell’Economia a Elinor Ostrom ”per la sua analisi della governance in economia, in modo particolare del bene collettivo”.