Scuola e guerra. Lettera aperta al senatore Emilio Floris
24 Marzo 2017Cristiano Sabino
Gentile senatore Floris, le scrivo in merito all’interrogazione parlamentare urgente, di cui anche lei è firmatario. Immagino la sua sorpresa nel ricevere questa mia lettera, ma le scrivo da sardo a sardo, perché sono realmente curioso di capire alcune cose. Non scrivo agli altri senatori perché non provengono da questa terra e quindi leggono le vicende legate alla Sardegna con filtri esterni, giusti o sbagliati che siano. Però mi sorprende che un sardo, proprio un figlio di Sardegna, possa aver sottoscritto una simile interrogazione. Se me lo concede le spiego brevemente perché.
L’iniziativa che ho avuto il piacere di coordinare faceva parte di un progetto più ampio dedicato a “Sa die de sa Sardigna” e che contempla incontri su temi di attualità, cultura e storia relativi alla Sardegna. Perché chiede la sospensione degli altri appuntamenti previsti su questi temi? Non ritiene opportuno che nelle scuole sarde si parli della storia della Sardegna che normalmente viene ignorata in nome dello svolgimento del Programma (quello con la P. maiuscola)? Da docente di storia e da lettore accanito della storiografia degli Annales credo sia profondamente sbagliato insegnare la storia veicolando l’idea che essa sia corsa sempre altrove e ben distante dalla Sardegna. Per esperienza le posso dire anche che i ragazzi si svegliano dal torpore libresco quando gli si parla del Nuraghe, della chiesa giudicale o bizantina e di avvenimenti importanti che sono accaduti a due passi da casa loro. È un principio base della didattica quello di partire dalla prossimità per interessarsi al generale, non capisco proprio perché dovremmo ignorarlo. Anzi mi farebbe piacere che il prossimo 31 marzo venisse a trovarci a scuola per vedere come lavoriamo e quali risultati portiamo a casa in una terra prima per dispersione scolastica.
Ora vorrei parlarle dell’incontro sul demanio militare, oggetto della sua interrogazione. Lo sa che su un centinaio di studenti presenti soltanto pochissimi erano al corrente della presenza dei poligoni in Sardegna? Le pare normale? Mi sarei aspettato dalla Politica (anche questa con la P maiuscola) una interrogazione su questo fatto e cioè sulle ragioni per cui migliaia di cittadini sardi non sono a conoscenza di un fatto storico, economico, sociale, politico di enorme importanza. Nel mio piccolo, con il progetto Sa Die de sa Sardigna, ho cercato di fornire ai nostri ragazzi gli elementi per formarsi una propria coscienza civica in maniera equilibrata e democratica. Nell’interrogazione dichiarate che non c’era contraddittorio e che non c’era nessuno tra i relatori che potesse «sostenere le ragioni della presenza di queste basi e poligoni sul territorio della Sardegna». Mi permetto di obiettare che ciò non è esatto perché l’on. Scanu ha esplicitamente parlato della necessità di conciliare l’art. 11 della Costituzione Italiana “L’Italia ripudia la guerra” con la necessità di difendere la patria. È vero, è ben nota la mia militanza indipendentista, ma siccome in quella sede faccio il mio lavoro ed ero moderatore del dibattito, non ho detto la mia e non ho neppure risposto all’on. Scanu, proprio perché ho sempre posto una rigida e insuperabile cortina di ferro tra la mia vita politica e la mia professionalità. A volte sono stato persino eccessivo, perché per esempio, quando sono stato candidato o quando il mio volto è finito sui giornali per qualche vertenza, ho sempre rifiutato di parlarne a scuola e ho sempre rimandato a contesti esterni. Di questo sono tetimoni tutti i Dirigenti e tutti i colleghi con cui ho lavorato e tutti gli studenti che ho avuto, e le assicuro che ce ne sono diversi di destra e di ultra destra.
Chiudo questa lettera proprio su questo, perché mi ha fatto male vedere il mio nome posto al pubblico ludibrio come “esponente dell’indipendentismo sardo” veicolatore di «messaggi contro le istituzioni, con tesi sostenute da comitati spontanei, separatisti o antimilitaristi». In quella sede sono sempre stato e sarò sempre un educatore e un agente di cultura e ciò non in ossequio alla legge o per non perdere il mio posto di lavoro, ma in prima istanza perché credo fermamente nel valore democratico dell’istituzione scuola. Valore che sono pronto a difendere fino allo strenuo, in ogni occasione.