Serve un impegno diverso
1 Dicembre 2013Nicola Imbimbo
Ma davvero è la condizione di “indagata” della Barracciu, che il PD sardo indica come candidata presidente, che impedisce ad alcune forze politiche, gruppi e singole persone di entrare nell’alleanza elettorale del centro sinistra? E se fosse indicato un altro della “nomenclatura”, ovviamente non indagato, si avrebbe quella svolta nel governo della Regione di cui la Sardegna ha bisogno e che i sardi si attendono e a cui quelli che chiedono alla Barracciu di farsi da parte sembrano aspirare? O garantirebbe quella svolta un nome nuovo, una figura (tipo Don Cannavera, candidatura meteora) fuori dalla oligarchia politica ma candidato comunque per e col centro sinistra e ad esso legato e inevitabilmente subalterno?
La battaglia dei Rossomori, di SEL, di alcuni gruppi e singole personalità per la legalità è certamente apprezzabile e va in una direzione che pure è auspicabile e che molti si aspetterebbero.
In realtà i problemi sono molto più gravi dell’uso improprio di danaro pubblico da parte di super pagati e privilegiati consiglieri regionali: al di là della rilevanza penale di quei comportamenti in essi si può cogliere l’approdo finale di una deriva, non solo morale o illegale, di casta: la autosufficienza, l’arroganza, la distanza e il disinteresse sostanziale per le condizioni della gente, la mancanza di progettualità condivisa.
E tutto questo mentre crescono disoccupazione, precarietà, insicurezza e si accentuano le differenze economiche e sociali. La distanza tra istituzioni e società, tra organi rappresentativi e cittadini è diventata abissale.
Il 18 novembre, data da non dimenticare ( ma sta già per succedere) per lutti e disastri non dovuti solo all’eccezionalità dell’evento atmosferico, si è toccata con mano quella distanza. Ha avuto eco sulla stampa nazionale e locale, nelle parole dei vescovi, si coglieva nei volti e nelle parole della gente vittima o testimone del nubifragio.
I partiti, la stessa forma partito, che pure è stata l’asse portante dello sviluppo della democrazia del dopoguerra in Italia e in Sardegna, di partecipazione e insieme crescita democratica come le stesse idee di Gramsci avevano contribuito a costruire, è ormai screditata, superata, finita. Travolta dai grandi mutamenti avvenuti dal finire del secolo scorso e dall’incapacità di rinnovamento dei gruppi dirigenti ormai da tempo ridotti solo ad oligarchie, attenti prevalentemente a gestire i propri destini personali. Con rare eccezioni tra i dirigenti e con aderenti (la militanza è roba del passato) sempre più demotivati.
Il fatto che sia la sola magistratura ( e purtroppo non è il solo caso nel nostro paese) a dover individuare responsabilità per il dissesto idrogeologico, per le vittime, per i danni ingenti e di diversa natura provocati dagli eventi del 18 scorso, la dice lunga sulla affidabilità del Consiglio regionale o sulla Giunta o sui partiti.
Quella data, il 18 novembre deve e può rappresentare uno sparti acqua col passato politico.
La gente vuole ricostruire, costruirsi un futuro da protagonista. Non può e non vuole fidarsi di chi ha portato la Sardegna e i sardi alle condizioni di dissesto sociale, produttivo e ambientale attuali. Che fine faranno le risorse, pervenute e che giungeranno dalla solidarietà di tanta gente e da risorse pubbliche per la ricostruzione e gli indennizzi. Chi vigilerà contro possibili speculazioni e ruberie, ritardi e distrazione di fondi.
Occorre perciò dare ai cittadini la possibilità di contare e di partecipare e decidere sulla propria vita e sul proprio futuro. A partire da qui. A partire dal dopo 18 novembre. Ecco perché lo spazio per l’alternativa è fuori dall’alleanza col PD e con i vecchi impopolari partiti ormai “altro” dalla gente.
La politica va rifondata con un programma rigoroso, con contenuti forti e radicali, per abbattere insieme il vecchio sistema di potere e affrontare con maggiore democrazia e partecipazione i veri problemi lavoro, dignità, sviluppo quanto più possibile legato al territorio, ascolto e buon governo. Una strada nuova, nei contenuti, nei metodi, nel rigore, nella partecipazione.
Affidarsi alle logiche partitocratiche può far solo allontanare di più dalla politica, dalla partecipazione e condurre ad una inutile e già consolidata astensione dalla politica e dal voto. Ma può anche spalancare ancora di più le porte al M5S diventato, meno di un anno fa il primo partito in Sardegna con quasi il 30% di voti! Un movimento, quello di Grillo, cresciuto su una critica radicale e sacrosanta a questi partiti e a questi governanti ma, che oltre ad altri dubbi che suscita sembra essere incapace di confrontarsi con altre espressioni della società, con protagonisti di lotte portate avanti in questi anni contro la distruzione dei beni comuni, contro i guasti provocati dalla globalizzazione super liberista e lo strapotere della finanza, per l’occupazione e la centralità del lavoro.
La questione non è quindi: Barracciu si Barracciu no. Ma è quella di costruire un’alternativa al sistema oligarchico e di potere che opprime la Sardegna ( e l’Italia) da anni. Tutto il resto è colpevole subalternità (interessata, sperando nel classico piatto di lenticchie? al PD, come dimostra la storia delle settimane scorse, del cosiddetto “tavolo” di Via Emilia e che solo i ciechi non vedono quale insuperabile muro di gomma quel tavolo è diventato.
Occorre una iniziativa politica che porti alla costituzione di un polo alternativo agli attuali schieramenti, costruendo liste civiche fuori dalla logica spartitoria o che tenti di raccogliere i cocci di esperienze fallite o tardivi riciclaggi. Un’iniziativa che parta dalle migliaia di persone che nell’ultimo decennio si sono mobilitate in tante occasioni, dal lavoro alla lotta contro le trivellazioni, gasdotti, i la cementazione delle coste la desertificazione industriale, la speculazione e corruzione sulle energie nuove.
Una proposta capace di aggregare movimenti, associazioni, singoli, amministratori, lavoratrici e lavoratori, cassintegrati, precari, disoccupati, studenti, insegnanti intellettuali, pensionati, migranti in un progetto di rinnovamento delle modalità della rappresentanza che veda anche una effettiva parità dei sessi.
Ci sono le condizioni per una battaglia politica vincente anche sul piano elettorale. Non facile. Piena di ostacoli, ma possibile. Qualcosa si muove in questa direzione: le lotte e le forme organizzate presenti anche se poco visibili su tutto il territorio regionale, le idee.
Le forze politiche e gli uomini che pongono la questione morale; intellettuali già in campo come Michela Murgia, tanti altri che possono dare un contributo decisivo come Pinuccio Sciola, Don Cannavera; il mondo accademico e delle professioni, lavoratrici e lavoratori, e perché non contare su Marcello Fois e Paolo Fresu, che così intensamente hanno rappresentato a Ballarò il giorno dopo l’alluvione del 18 novembre, le sofferenze, la fierezza, la modestia, ma anche la voglia di riscatto, la tenacia e la determinazione della gente sarda.
Per un mondo diverso e semplicemente normale, di persone normali oneste che si impegnano per il bene comune, per una po’ di giustizia in più, con opportunità per tutti.
2 Dicembre 2013 alle 01:11
Giusto, parole sante o comuniste
2 Dicembre 2013 alle 10:29
Siamo in tanti a pensarla come te, ma ci sono dall’altra parte orecchie sorde perché non vogliono ascoltare, nasi tappati che non vogliono sentire lo stantio di questa politica, parole mute perché parlano del nulla.
Ma ci sono anche persone stanche , anestetizzate dalla superficialità, dalle parole vuote ripetute come un mantra malefico. Cosa fare per uscire da tutto questo torpore?
2 Dicembre 2013 alle 10:35
Considerando Don Cannavera può darsi che siano parole sante. Comuniste di certo no.
3 Dicembre 2013 alle 01:10
Parole parole parole
ma quanta attenzione si dedica al PD e al centrosinistra sardo!
CAMBARE SI PUO’
F.to
peppe rui del psdaz di dorgali
3 Dicembre 2013 alle 21:41
Bravo Nicola, occorre riunire le forze civili messe da parte per troppo tempo dal sistema dei partiti. Invito pertanto tutte le persone di buona volontà a collaborare col Movimento per il lavoro.
7 Dicembre 2013 alle 18:50
Mi sembra che che il plauso di un seguace di Giacomo Sanna la dica lunga sul contenuto dell’intervento.