Si faccia una domanda, si dia una risposta

16 Settembre 2011

Gigi Marzullo

Marcello Madau

Mezzanotte e dintorni. Ma la Regione Autonoma della Sardegna ha provato a fare di più. Le due mirabolanti pagine a pagamento apparse su alcuni quotidiani sardi si chiamano “Domande e risposte”. Devono avere come teorico Gigi Marzullo. Anche se poi, curiosamente, la domanda è solo una, di due righe, quindi singolare, a differenza del titolo. La risposta, unica ma plurale, giustifica meglio il titolo. Una signora risposta, le righe cinquantadue.
Ad una prima sintesi della lettura le pagine si manifestano come un apparato testuale affabulatorio che serve a giustificare la massima apertura possibile alla speculazione. Rivelano la mancanza di senso civico e politico, oltreché di stile, nello spendere denaro pubblico – soprattutto in questa fase – per affermare un’opinione di parte (e peraltro con la discussione in corso nel Consiglio Regionale). Tradiscono una carenza di cultura giuridica di base nell’affermare che tutelare non è vincolare: chi opera nel settore sa che la tutela, dal punto di vista giuridico, si basa sui vincoli o non è. Il fatto che la tutela sia un fenomeno ben più ampio e complesso, non comprimibile nella vincolistica, non significa che i vincoli non siano fondamentali. Non come strumento di costrizione, ma come prerequisito di liberazione di utilità sociale e comune per il paesaggio ed i beni culturali. D’altronde il sogno degli speculatori e della classe dirigente che li rappresenta è non avere vincoli. E’ quello che esattamente è stato scritto, ma con i nostri soldi.
Eppure serve avventurarsi nella densa risposta alla sintetica domanda, fa cogliere più da vicino le sensibilità, le presenze culturali fondanti il pensiero regionale e anche le assenze. Rivela approcci multidisciplinari, dalla psicanalisi alla psicologia, dall’antropologia alla pedagogia dell’età evolutiva alla letteratura (che si avvale di tensione poetica e dell’uso attento degli aforismi).
Sono ambiti che ci fanno percepire un mondo di suggeritori più complesso di quello che probabilmente pensavamo. A meno che non tradiscano la presenza di una personalità straordinariamente articolata e colta. Che parla in prima persona (Cappellacci, ma molto si oppone a tale identificazione), o meglio ghost writer di non comune abilità. Perché difendere la speculazione e metterla in poesia e scienza significa capacità di lavoro, forse anche meritevole di altro impegno e altri committenti….
Il concetto della paura – la cui compulsazione è elemento prezioso nella psicanalisi – è declinato con frasi semplici eppure efficaci: “le domande più semplici nascondono le paure più grandi” o ”Capire che chi vive di paure non è libero”. Da Freud a Marcuse. Aforismi esemplari schiudono al popolo sardo prigioniero delle leggi di tutela, la regione emozionante della verità :
Non c’è niente di più semplice che raccontare le cose come stanno” (e qua forse si affaccia, in modo imprevisto, un’ombra di Bertolt Brecht).
Certo, non manca qualche memoria militaresca, come nel diretto “Indietro non si torna. Ma si deve andare avanti” (il canto del Ventiquattro maggio, il Piave), ma non possiamo negare la coscienza civile e la sensibilità evoluzionistica, con frasi solo apparentemente banali. E’ il caso di “Perché non possiamo bloccare l’evoluzione della vita, e con essa l’evoluzione del paesaggio”.
Gli aspetti pedagogici sono di evidente intensità: “Tutelare non è vincolare, come educare non è inibire” (echi di Bettelheim) è solo una bella e aforismatica anticipazione di un pensiero più complesso, agli antipodi del pensiero debole e non lontano dal pensiero selvaggio, custodito in una frase certamente lunga. Che non possiamo non ripetere – impossibile una sintesi migliore – in modo integrale:
Vogliamo che i nostri figli e i loro figli e ancora dopo i figli dei loro figli nascano, crescano, conoscano e portino dentro di sé quella Sardegna che noi abbiamo conosciuto, libera e forte nel suo aspetto come nel suo cuore, che sa difendere la sua bellezza ma che rimane vitale e capace di aprirsi al mondo senza perdere la sua identità e la sua storia.”.

E’ nella relazione fra identità e paesaggio – fondamento europeo nella celebre ‘Convenzione’ di Firenze, e del Codice dei beni culturali e paesaggistici – che la risposta plurale dà il meglio di sé. Il paesaggio – come in un magico racconto – è antropomorfizzato: però anche noi, forse per un sottofondo panteistico e naturalistico, diventiamo paesaggio. Anche in questo caso una sintesi non renderebbe giustizia, per cui ecco, anche qui, qualche frase integrale:
Il paesaggio è di tutti noi, ancora di più è in tutti noi. E’ nel nostro cuore, nel nostro modo di essere. Nelle vacanze al mare da bambini, nel bosco delle nostre gite, nella vigna di nonno all’imbrunire (…). La Sardegna è il suo paesaggio, come ciascuno di noi è il suo volto, con gli occhi grandi e il naso storto, i capelli scuri e la pelle olivastra. Il paesaggio è identità”. E’ uno strato profondo dove appare, oltre all’evidente animismo, una dimensione etnica dell’identità e una visione lombrosiana della stessa e del paesaggio.

Ma non sono soltanto pilastri multidisciplinari forti, scienze strutturate e forte capacità di semplificazione delle stesse. Vi è un senso politico che appare, compostamente ribelle.
Oggi oltre un milione e trecentomila sardi vive sotto un vincolo paesaggistico.” Sandro Roggio, su ‘La Nuova Sardegna’, ha evocato la metafora della striscia di Gaza. Metafora correttamente ricordata, alla quale ci permettiamo di aggiungere che in questo desiderio ribelle di costruire si riconosce lo spirito dell’immenso ‘piano-casa’ dei coloni israeliani nelle terre di Palestina.
Vi è la promessa – più che una minaccia velata – della rivolta: “Ce ne accorgiamo quando vediamo in tivù le immagini delle villette sequestrate perché totalmente abusive, perché quando tutto è vietato e non c’è nessuna direzione verso cui andare, prima o poi qualcuno sfonda il recinto.”
C’è persino il coraggio dell’eversione, e qua il confronto conduce a Umberto Bossi e anche al berlusconismo.
Presupposti culturali e scientifici, quindi. Senso civico, organizzazione della rivolta.
Ma anche tracce della modernità, una modernità classica, un’eco di testi musicali – si percepiscono sentori di Mogol e Battisti – che raccontano la vita quotidiana, le sue gioie ed i suoi dolori.
Perché il vincolo della tutela del paesaggio ci appare ogni giorno e ci fa sentire coscienti del nostro malessere esistenziale, della nostra schiavitù agli articoli del ‘Codice dei beni culturali e del paesaggio’.
Ce ne accorgiamo quando per trovare una bottiglia di acqua fresca sotto l’ombrellone dobbiamo tornare a prendere la macchina e cercare un bar da qualche parte ma non so dove.”.
Tu chiamale se vuoi, emozioni.

1 Commento a “Si faccia una domanda, si dia una risposta”

  1. Piero Careddu scrive:

    ”Ce ne accorgiamo quando per trovare una bottiglia di acqua fresca sotto l’ombrellone dobbiamo tornare a prendere la macchina e cercare un bar da qualche parte ma non so dove.”.

    Mai letto niente di più emblematico! che altro aggiungere?

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