Sintonie
16 Marzo 2015Marco Ligas
C’è una consonanza tra il governo Renzi e la giunta Pigliaru? Eccome se c’è!
Anche se lavorano in ambiti diversi non è difficile cogliere nel loro operato la stessa ispirazione.
Nell’attività del governo si colgono, ormai consolidati, due aspetti fondamentali: la subalternità nei confronti dell’Unione Europea e della Confindustria e l’arroganza verso i propri cittadini, trattati come sudditi e non come persone che meritano rispetto e a cui bisogna garantire i diritti sanciti dalla Costituzione.
Se analizziamo la politica estera non è difficile registrare fra i paesi dell’Unione Europea una preoccupazione diffusa a causa delle difficoltà in cui si trova la Grecia. Questo paese è lasciato solo, però potrebbe coinvolgerne altri nella crisi provocando conseguenze imprevedibili. Ciò nonostante i governi più forti si comportano come se questo problema non li riguardasse. Anzi alcuni, la Germania in testa, fanno la voce grossa e minacciano ulteriori ritorsioni. E’ proprio di questi giorni l’affermazione “gliela faremo pagare” rivolta ai greci dal rappresentante(?) dell’Unione Jeroen Dijs¬se¬bloem. Come dire che bisogna dare una lezione a chi si permette di mettere in discussione un ordine economico, politico e sociale che in Europa va consolidandosi a danno di milioni di cittadini.
Ma non doveva l’Unione Europea caratterizzarsi nel promuovere relazioni nuove fra i popoli, capaci di praticare la solidarietà e il rispetto dei diritti delle persone? In realtà quelle dichiarazioni nascondevano altri interessi ed erano funzionali esclusivamente al rafforzamento dell’economia neoliberista.
Che cosa fa il governo Renzi all’interno dell’UE? Mostra tutta la sua accondiscendenza nei confronti della signora Merkel, in tutti questi mesi non è stato capace di esprimere il benché minimo sostegno alla Grecia; non solo non difende la politica della solidarietà tra i popoli ma non tutela neppure i suoi cittadini che pure dovrebbero essere rappresentati con dignità nelle istituzioni europee.
Sul versante della politica interna il suo atteggiamento non è diverso.
Si ostina a presentare il jobs act come la soluzione ideale per risolvere la disoccupazione. In realtà, con questa legge, il risultato che si otterrà sarà quello di liberalizzare i licenziamenti col ricatto che il rapporto di lavoro, anziché essere stabilizzato, dipenderà da una monetizzazione crescente. Siamo ben lontani dalle aspettative del paese che continua ad avere una disoccupazione altissima.
Insomma la Confindustria ha ben ragione nel considerare il governo Renzi un ottimo interlocutore, capace finalmente di ascoltare (e far proprie) le esigenze dell’impresa. Quando mai, da 40 anni a questa parte, è riuscita ad ottenere un sostegno così efficace come la cancellazione dell’articolo 18 e quella prossima del contratto collettivo nazionale del lavoro?
Tutto ciò succede mentre viene stravolta la Costituzione e ridimensionato il ruolo di tutte le istituzioni rappresentative, non solo del Senato ma ora anche delle Province; i consigli comunali avevano già subito queste misure.
E la Giunta Pigliaru? Nei confronti del governo non ha un atteggiamento diverso da quello che assume Renzi verso l’UE. Forse la sua dipendenza è meno clamorosa, forse si sente a disagio quando si rende conto di non tutelare adeguatamente i diritti dei sardi, soprattutto di chi non ha il lavoro e non riesce a trovarlo.
Gli effetti della sua politica non sono però migliori: la Sardegna continua a subire la crisi e le scelte sbagliate del governo. Alla giunta manca la determinazione necessaria per sostenere le riforme indispensabili per la ripresa delle attività produttive. Pigliaru non riesce neppure a promuovere le attività di risanamento dei territori devastati dall’inquinamento e dalle attività delle basi militari. Non si esprime sulla crisi che vive l’UE e sottovaluta così le conseguenze che questa crisi potrebbe provocare nel nostro paese, quindi anche in regioni come la Sardegna.
La tutela dell’Autonomia regionale non può vivere attraverso un rapporto unidirezionale Centro/Periferia. Un rapporto democratico ha bisogno di una circolarità, di un ruolo attivo delle istituzioni periferiche, diversamente queste rischiano di trasformarsi in prefetture con i presidenti delle istituzioni trasformati in prefetti.
In questi mesi, sia in seguito all’abolizione delle province sia con la chiusura delle pluriclassi nei paesi a rischio di spopolamento, e cito solo due esempi, l’autonomia della Regione sta subendo un altro ridimensionamento, le sue competenze sono sempre più limitate, altro che rafforzamento della democrazia. Ma non sono queste le ragioni per cui gli elettori non votano più e sono sempre meno numerosi?
Davvero non è possibile un’inversione, non parlo di un’insurrezione, che possa rivitalizzare un rapporto democratico col governo? A che serve una giunta di centro sinistra se non riesce neanche a riequilibrare queste relazioni?
Se non si cambia strada avranno ragione coloro che sostengono che la crisi colpisce sempre coloro che appartengono alle fasce deboli della popolazione, sia che governi il centro destra o il centro sinistra.
* Immagine: Botero, suonatori.