Spazi e luoghi della movida cagliaritana
1 Luglio 2014Gian Nicola Marras
Mi sembra giusto continuare il racconto sulle trasformazioni del quartiere della Marina , iniziato due settimane fa da Gianfranca Fois, cercando di trovare qualche proposta risolutiva in risposta al recente provvedimento che rischia di alterare la vita sociale del quartiere storico.
Allora che succede in questi giorni nei quartieri di Marina e Stampace? Il recente intervento del prefetto Alessio Giuffrida, lascia con l’amaro in bocca (o meglio, a bocca asciutta) i numerosi frequentatori notturni della piazza San Sepolcro. Come si legge nel comunicato della Prefettura viene disposto il “divieto di vendita per asporto e detenzione di bevande alcoliche e bevande in contenitori di vetro nei quartieri Marina e Stampace”. Da anni alcuni residenti dei quartieri hanno costituito dei comitati contro gli schiamazzi e il chiasso. È indubbio il diritto al riposo dopo una giornata di lavoro, che pertanto deve essere garantito e tutelato nei quartieri storici come negli altri quartieri della città. Ma da dove nasce la singolare pretesa di vietare allo scopo di correggere le abitudini della “movida” notturna? Specie quando il grande sconosciuto per alcuni cittadini è il senso civico. A cosa serve produrre ordinanze restrittive quando il vero problema è l’assenza di un’adeguata educazione civica?
Il divieto è iniziato sabato 28 e andrà avanti fino al 30 settembre. Dalle 22 alle 6 del mattino, tutti i locali e gli esercizi commerciali non potranno più vendere alcun tipo di bevanda alcolica e analcolica da asporto in contenitori di vetro. Sempre in questi stessi orari sarà vietata anche la detenzione in luogo pubblico di bevande alcoliche.
“Il provvedimento è stato adottato dal prefetto al fine di limitare l’insorgere di situazioni di rischio legate all’abuso di sostanze alcoliche e di conseguenti problemi di sicurezza pubblica, considerate le numerose segnalazioni di degrado, disturbo della quiete pubblica e di vandalismo pervenute dalle istituzioni, civili e religiose, e dai cittadini residenti nelle zone del centro storico maggiormente interessate dalla movida”. Così recita il comunicato. Una decisione radicale, un’operazione di rimozione urbana, che trasformerà la Marina in una gate community artificiale.
La geografia sociale dei quartieri storici di Marina e Stampace è decisamente mutata negli ultimi anni. Ad essere inevitabilmente cambiata non è solo la composizione sociale dei residenti, sono cambiati anche gli abituali frequentatori del quartiere . Lo spiccato senso di integrazione e dialogo tra diverse etnie e gruppi sociali conferisce al quartiere storico cagliaritano un connotato di unicità . Più che un luogo, si tratta di un autentico etnorama, nel quale la territorializzazione dello spazio pubblico è data dall’interazione di diversi gruppi sociali, dall’estensioni della rete dei portatori di differenze culturali, simboliche e linguistiche.
Risulta impossibile –oltreché improprio- guardare il presente con gli occhi del passato. E se proprio volessimo usare gli occhi del passato, anche recente, potremmo ricordarci i vecchi assetti del quartiere: assenza di un adeguato sistema fognario, pavimentazione stradale fatiscente. Per giunta la scarsa illuminazione, favoriva costanti episodi di microcriminalità. Per fortuna la riqualificazione del quartiere non si è declinata in un processo di gentrification, ma esistono altri problemi che innescano altre forme di degrado urbano. Negli ultimi anni l’amministrazione comunale è indiscutibilmente riuscita nell’impresa di trasformare il quartiere, aprendolo a tutti i cittadini e renderlo vivibile. Si tratta sicuramente del quartiere più vivace, il più “globalizzato”, al contempo porta e finestra della città. Bisogna tutelare questa conquista anche in vista della candidatura a Capitale europea della cultura 2019. Ogni città europea contemporanea possiede questi luoghi di socialità.
Questa scelta del prefetto, per quanto tuteli il lecito diritto dei residenti al riposo notturno, intaccherà le abitudini e gli stili di vita dei frequentatori e dei lavoratori del quartiere, innescherà un’inarrestabile emorragia sia per le storiche botteghe che per quelle etniche sorte di recente. E che dire delle altre attività commerciali che già da tempo subirono le nefaste conseguenze dell’economia e della cultura del consumo dei centri commerciali? È necessario coniugare le diverse esigenze, quelle dei residenti e quelle dei gestori dei locali raggiungendo un equilibrio che vada a vantaggio di tutti.
Intanto i gestori di alcuni locali notturni hanno iniziato una raccolta firme in opposizione a questo provvedimento. Questa decisione del prefetto modificherà fortemente il tessuto sociale e condizionerà la natura dell’identità collettiva dei gruppi sociali che frequentano il quartiere. La discussione impazza nei social network, e sabato sera un pacifico flash mob è andato in scena nella piazza.
Il potere magnetico di piazza San Sepolcro, trasforma questo spazio in un luogo della socialità per tutta quella popolazione studentesca e non. Si tratta di gruppi sociali, che proletarizzati dalla crisi economica, si rifugiano nell’accogliente spazio della centralissima piazza, le abitudini di vita di queste fasce sociali sono progressivamente divenute matrici di identità collettive della nuova generazione.
Purtroppo la pratica dei bottellon in salsa cagliaritana, (una tradizione iniziata in viale Fra Ignazio e ora impiantata anche nella Marina), talvolta lascia gli spazi urbani invasi da bottiglie vuote e/o spaccate, per giunta l’assenza di servizi in cui espletare i bisogni fisiologici primari si fa sentire. Problematiche che hanno ripercussioni negative -per non dire oggettivamente insostenibili- per i residenti del quartiere. Ora si tratta di ritualizzare anche la raccolta delle birre appena bevuta. Come?
Il processo di costruzione del senso civico nei cittadini è un compito complesso e tortuoso, ma è proprio da qui che bisogna partire. Questa è la grande sfida sia per l’amministrazione che per i cittadini. Potrebbero essere pure gli stessi frequentatori a scoraggiare sul nascere la diffusione di pratiche che esulano da una corretta e rispettosa partecipazione alla dimensione civile e sociale degli spazi. Un’opera di auto-responsabilizzazione potrebbe essere un buon banco di prova.
Dimostrare quindi che è possibile invertire l’andamento dell’incivile pratica della non-raccolta dei rifiuti, perpetuata da numerosi ospiti della piazza. Obiettivamente, in termini di energie fisiche costa davvero poco depositare le birre appena consumate, negli appositi cestini e cassonetti. Certo è che l’aggiunta di qualche cestino da parte del Comune non guasterebbe, dato che già esiste l’abitudine, più o meno condivisa, di accatastare i rifiuti in prossimità dei cestini anche se strapieni. (vedi foto). E che dire dell’assenza di bagni chimici?
In poche parole, questo divieto rende attuale l’impossibilità per i giovani di raggiungere altri spazi consoni alla vita notturna. Per esempio l’invidiabile litorale del Poetto, luogo ideale per la movida estiva, è difficilmente raggiungibile per via del fatto che non esistono validi collegamenti notturni dei servizi di trasporto pubblico. Anche questo un problema agilmente risolvibile col potenziamento delle tratte dei bus. Sarebbe sufficiente anche una navetta all’ora in grado di collegare il litorale con la piazza Matteotti, per ridurre considerevolmente il traffico di auto da e per la spiaggia, e quindi far diminuire considerevolmente il rischio di incidenti nelle strade di collegamento.
Allora quali sono gli spazi per la movida?
Non è solo possibile, ma necessario, studiare una soluzione che metta d’accordo le esigenze di tutti, favorendo e incentivando il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini alle scelte di governo e amministrazione degli spazi urbani, varando un piano di intervento intelligente e partecipato che coinvolga tutta la comunità. Altri suggerimenti possono e devono essere canalizzati all’interno di uno studio approfondito sulle pratiche e le abitudini dei frequentatori dei quartieri storici.
Le vie della Marina, sono un autentico meltin pot culturale, è sufficiente fare una passeggiata per intuire la bellezza di questo patrimonio sociale in costruzione. La vita notturna nei quartieri è un’esperienza sensoriale: il corpo cammina in uno spazio, a guidarlo sono la curiosità e la spontanea voglia di divertirsi. Da anni numerose associazioni culturali e piccole attività contribuiscono a rendere straordinario questo quartiere. Gli spazi si trasformano in luoghi quando sono vissuti dalle persone che ad essi conferiscono una spiccata identità estetica e sociale. È necessario rivalorizzare i luoghi, democratizzare e non privatizzare il vissuto degli spazi pubblici.