Speculare sul lavoro
16 Settembre 2011Marco Ligas
Recentemente un comitato di teuladesi, mobilitando la popolazione del paese, ha raccolto 1600 firme perché venga realizzato un insediamento turistico nell’ambito del comparto urbanistico in località Malfatano; i lavori dovrebbero essere eseguiti dalla S.I.T.A.S. s.p.a.
L’iniziativa, dicono gli organizzatori, è necessaria perché garantirà lo sviluppo della zona, creerà nuovi posti di lavoro e migliorerà le condizioni di vita delle popolazioni.
Sono in molti a sottolineare la legittimità della rivendicazione del comitato che si è costituito a Teulada: una comunità, viene detto, che voglia realizzare un progetto considerato funzionale alla sua crescita perché deve essere ostacolata?
Le associazioni ambientalistiche, in questa vicenda, sono state duramente criticate, definite come talebani dell’ecologismo.
Credo che il problema sollevato dai teuladesi meriti un’analisi più approfondita: non può essere risolto con semplificazioni del tipo ‘le popolazioni vogliono così e così deve essere fatto’. La democrazia è un concetto più complesso per cui le istanze sollevate da una comunità devono essere affrontate con rigore e senza tentazioni populistiche.
Certamente l’aspetto più rilevante che va sottolineato nella rivendicazione dei cittadini di Teulada, ma non solo, è il bisogno di lavoro. Si tratta di una rivendicazione sacrosanta, soprattutto oggi che la crisi crea nuove povertà e crescenti disagi. Per questa ragione non sarebbe inopportuno che i teuladesi individuassero attentamente i responsabili della crisi e della riduzione progressiva dell’occupazione. Non sono le associazioni ambientalistiche ma chi ci governa a tutti i livelli, a incominciare da chi ha dato in uso le terre e i mari della nostra isola alle istituzioni militari, italiane e straniere, sottraendo alle popolazioni locali fonti di lavoro e di ricchezza. Le associazioni ambientalistiche fanno un lavoro di tutela di grande importanza, vigilano sull’uso dei beni comuni, sempre più spesso esposti a tentativi di esproprio a fini speculativi.
La presa di posizione del comitato teuladese, per la parzialità delle analisi che ha condotto e per le conclusioni unidirezionali a cui è arrivata, pone più di un interrogativo.
Perché si ostina a ripetere che lo sviluppo della propria comunità passa necessariamente attraverso la realizzazione di villaggi turistici? E’ vero che il settore turistico, nel nostro paese, è un comparto economico di notevole importanza, ma è altrettanto vero che in Sardegna, con regolarità, dopo le cementificazioni e dopo la chiusura dei cantieri sono tornate prepotentemente sia la disoccupazione sia l’emarginazione. Le uniche possibilità lavorative (poche) che sono rimaste ai sardi riguardano i mestieri di cameriere, di commesso, di controllore delle ricchezze di chi ha devastato il territorio.
E perché l’Amministrazione comunale di Teulada, come abbiamo sottolineato recentemente sul manifesto sardo, ha affidato un incarico per modificare strumenti urbanistici e di pianificazione così da venir incontro alle esigenze della S.I.T.A.S. s.p.a.? Non è un caso che La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari stia svolgendo un’indagine tesa a capire se ci siano stati degli illeciti nei comportamenti di amministratori e tecnici.
Tanta determinazione nella richiesta della costruzione del villaggio turistico alimenta sospetti su possibili speculazioni, tanto più se non vengono prese in considerazione altre prospettive di sviluppo dell’intera area.
Stenta a farsi strada, ma qui la colpa non è solo del Comune di Teulada, l’idea di una progressiva territorializzazione dei processi economici; le industrie sono sempre indispensabili ma non possono essere esaustive delle attività economiche, non si parla ancora, o per lo meno non si realizza alcuna conversione di produzioni, non si concretizzano le idee di una nuova agricoltura e di un rapporto nuovo tra agricoltura e pastorizia.
Ecco perché anche il sostegno del movimento dei pastori al comitato teuladese con l’argomentazione che ‘bisogna essere dalla parte delle comunità che scelgono il proprio destino’ appare demagogico e populistico. Questi problemi non si risolvono con i sorrisi o gli ammiccamenti tipici di Briatore. Richiedono impegni diversi, innanzi tutto da parte delle istituzioni e delle forze democratiche, che siano tesi a individuare e praticare politiche nuove che rompano definitivamente con le consorterie del passato.
Intanto proteggiamo Malfatano dalle voracità degli speculatori sardi e continentali.
18 Settembre 2011 alle 12:33
I recenti interventi di Stefano Deliperi e questo di Marco Ligas, che riguardano tentativi di “macelleria del territorio”, mi riportano alla mente un brano del bel libro “Terra Sonnambula” di Mia Couto, brano che qui vi trascrivo nella traduzione di Matteo e Fernanda Angius per l’editore Guanda:
“Sentivamo la balena ma non la vedevamo. Finchè, una volta, si arenò sulla spiaggia uno di quei mammiferi, enormissimo. Era venuto a morire nella sabbia. Respirava così a fatica che sembrava sopportasse il mondo sulle spalle. La balena agonizzava, sfinita. La popolazione accorse per toglierle le carni, fette e fette di chili. Non era ancora morta che le sue ossa già brillavano al sole. Adesso vedevo il mio paese come una di quelle balene che vengono a morire sulla spiaggia. La morte non era ancora sopraggiunta che già i coltelli le rubavano porzioni del suo corpo, ciascuno tentando di portare via più che poteva. Come se quello fosse stato l’ultimo animale, l’estrema opportunità di guadagnarsi una razione.”
E’ questa un’immagine che potrebbe servire ad illustrare anche le ultime iniziative dell’amministrazione regionale finalizzate a smaltellare il Piano Paesaggistico Regionale, facendo leva sul disagio diffuso percepito dai cittadini e sugli effetti della crisi. L’economia sarda è da tempo arenata, agonizzante. Si salvi chi può! Affilate i coltelli!
Alla fine dell’ultimo pasto, rimarrà del nostro bel paese uno scheletro “enormissimo”.
Sto esagerando compagni?
18 Settembre 2011 alle 15:59
Ecco il punto nodale: “Perché si ostina a ripetere che lo sviluppo della propria comunità passa necessariamente attraverso la realizzazione di villaggi turistici?”
La mia impresione è che la gran massa dei Sardi ritiene che il cosidetto turismo residenziale sia la forma naturale di turismo. Grazie all’introduzione prematura del modello “coloniale” della Costa Smeralda i villaggi turistici sono stati cementati non soltanto nelle coste sarde ma anche in sas concas dei Sardi. Son troppo pochi i Sardi che viaggiano all’estero per farsi un’idea come si riesce a unire la tradizione locale e l’organizzazione degli alloggi per i turisti in alti paesi.
18 Settembre 2011 alle 16:14
no, purtroppo non esageri.
22 Settembre 2011 alle 17:31
Possibile che si creda ancora che nell’emancipazione economica del meridione e delle isole giochi un ruolo la visione del turismo tipo Villaggio Vacanze, colate di cemento ed animatori idioti compresi ?
Qual’è il modello che si pensa garantisca un futuro quello tipo La Marmorata, dove la collina davanti l’omonima spiaggia si fa abominevolmente residence, o quello delle Riserve Naturali ?
Se la Sardegna mantiene tuttora una specificità turistica è per il richiamo costituito dall’assenza dell’intervento dell’uomo nel paesaggio costiero e nella conseguente evocazione, ancorché ideale, della natura incontaminata.
Il futuro del turismo, come evoluzione della cultura dell’ospitalità, sta negli strumenti che consentano di mantenere nel tempo le specificità complessive dei luoghi e non nella loro definitiva compromissione o c’è ancora qualcuno che identifica la stabilità del benessere nella durata di uno spot pubblicitario ?
Eppure sono recenti gli illustri esempi di spreco di risorse pubbliche in improbabili quanto faraoniche infrastrutture senza ricaduta occupazionale, fatte nella stanca perpetuazione di insulse ricette economiche dirette solo a nascondere elargizioni sottobanco e/o ringraziamenti agli amici : basta ricordare lo scempio della Maddalena o l’inutile Palazzo dei Congressi di Alghero.
D’altronde ci sarà pure un motivo se si continua ad invocare – e votare – l’uomo della Provvidenza che promette milioni di posti di lavoro ed i suoi ruffiani, purtroppo…