Stato di agitazione permanente
16 Ottobre 2018[Giacomo Cossu]
“Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo”. Con queste parole Antonio Gramsci, una delle più grandi menti della nostra terra, incitava i giovani per farli tornare protagonisti in un mondo di barbarie ed ingiustizie che doveva essere radicalmente trasformato.
Nella penuria del presente, noi studenti di tutta Italia il 12 di questo ottobre abbiamo compreso che è giunta l’ora di agitarsi, è giunta l’ora di dare una scossa a questo Paese incapace di darci delle risposte per il futuro. Serviva uno shock, e questo gli abbiamo dato. Non ne possiamo più di doverci allontanare dalla nostra terra, di dover allontanarci dai nostri cari, senza la certezza di poter tornare a casa. Non ne possiamo più di venire sfruttati durante l’alternanza scuola-lavoro o nelle esperienze che fanno da ponte tra la formazione ed il lavoro, non ne possiamo più degli affitti e delle tasse universitarie troppo alte e dei tetti delle scuole che ci crollano sulla testa. Serviva una scossa, e questa abbiamo saputo dare.
70 piazze nelle isole e lungo tutto lo stivale hanno parlato di rivendicazioni chiare per il riscatto del nostro futuro. Gli studenti delle scuole superiori hanno voluto rivendicare un Codice Etico per le aziende per non dover praticare l’alternanza nelle imprese che inquinano, che sfruttano i lavoratori, che hanno legami con la criminalità organizzata. Il Ministro Bussetti, senza confrontarsi in alcun modo con gli studenti, vuole ridurre le ore di alternanza, ma al contempo taglia drasticamente le risorse per queste esperienze. Ci servono all’opposto maggiori finanziamenti per la qualità delle esperienze di alternanza scuola-lavoro e per l’istruzione in generale: vogliamo l’istruzione gratuita e un reddito di formazione per poterci emancipare dalle nostre condizioni familiari di partenza, e maggiori finanziamenti sull’edilizia scolastica.
Dalle Università è invece emersa una grande domanda di cambiamento sul fronte del diritto allo studio. Gli idonei non beneficiari, ovvero coloro che avrebbero diritto ad una borsa di studio, ma non la ricevono per mancanza di fondi, continuano a crescere: il 10% degli idonei, è un idoneo non beneficiario. La Sardegna, dal canto suo, soffre di un emorragia di studenti che se ne vanno per gli studi e poi vengono lasciati soli: gli studenti fuori sede nella maggioranza dei casi non vengono aiutati dalle istituzioni. Se cercano casa, il più delle volte gli enti per il diritto allo studio non sono capaci di garantirla, costringendolo ad accettare affitti in nero, prezzi altissimi nella speculazione drammatica portata avanti dalle agenzie e dagli affittuari (il prezzo degli affitti quest’anno sono saliti con una media del 4%). Le spese come sappiamo sono poi esose anche per il sostentamento e le ulteriori spese universitarie, dalle tasse, ai libri, ai trasporti.
Servono i soldi, dunque. Servono sia per la scuola che per l’Università. Ci sono? Certo che ci sono. In queste settimane il battibecco tra le diverse componenti del Governo e le risposte degli organi europei, ha sollevato ancora una volta i mantra dell’austerità e della rassicurazione dei mercati, con il deficit al 2,4%, lo spread a 300 e la paura del futuro. Chiariamoci subito, il problema non è la mole della spesa pubblica e del deficit, ma la qualità della spesa: sono vent’anni che l’Italia è in avanzo primario (le entrate sono superiori delle uscite). La spesa in deficit è dovuta solo agli interessi sul debito, e per contrarre il rapporto tra debito e PIL non possiamo che ripensare la qualità della spesa pubblica, che deve essere rivolta ad una strategia di Paese che sappia guardare al futuro.
Ciò significa investire più soldi in istruzione, ricerca, sviluppo e cultura. Vuol dire ripensare radicalmente il modello di sviluppo. Il problema non è la spesa deficit, ma come la si fa, e questo Governo non promuove affatto una manovra utile allo sviluppo di un altro modello di Paese e alla contrazione delle disuguaglianze. Semmai fa l’opposto. I soldi ci sono, ma vanno investiti nelle scuole e nelle università, nei sogni della nostra generazione che sta venendo abbandonata, nelle aspirazioni di noi studenti, che siamo strangolati dalle spese e da una qualità sempre più scarsa dell’istruzione pubblica. Questo Governo non investe un euro su di noi e sulla conoscenza. Serviva una scossa per metterlo alle strette, e questo abbiamo deciso di fare venerdì 12 ottobre.
Abbiamo proclamato lo Stato di Agitazione Permanente. Da adesso in avanti occorre rimboccarsi le maniche e portare avanti dei grandi momenti di partecipazione nelle scuole e nelle università finché l’istruzione non sarà gratuita e di qualità. Occorre un cambiamento radicale, e il Ministro Bussetti deve esprimersi rispetto alle nostre proposte. non è accettabile che 70.000 studenti abbiano invaso le strade e le piazze di tutto il paese, e il massimo esponente del Miur non dica una parola. Forse dovrebbe iniziare ad agitarsi pure lui.
Giacomo Cossu è il coordinatore nazionale della Rete della Conoscenza