Sovversivismo dall’alto
1 Novembre 2007Francesco Cocco
Le categorie gramsciane possono ancora aiutarci nell’interpretazione della realtà di oggi. E’ ancora valido il metodo d’analisi e permangono molte costanti della situazione dei primi decenni del Novecento. Certamente permane quella che Gramsci denunciava come “mancanza di dominio della legge”, che ci caratterizza in negativo rispetto agli altri Stati dell’Occidente europeo, giunti prima di noi al traguardo dell’unità nazionale. In tale “mancanza di dominio della legge” erano da ricercare, secondo l’analisi del pensatore sardo, le cause di quel “sovversivismo dall’alto”, alla base della virata verso il fascismo delle fragili strutture del giovane Stato italiano. Non è difficile individuare nella realtà di oggi il ripresentarsi di un sovversivismo di tal fatta che minaccia le basi democratiche della nostra Repubblica. Non sembri pesante la parola “minaccia”: siamo in presenza di una corrosione lenta delle nostre istituzioni, quasi inavvertibile ma nondimeno penetrante. Essa paleserà il suo potenziale eversivo al termine del processo in atto, se lo stesso non verrà arrestato.
Nella direzione del corrompimento del nostro assetto istituzionale s’inquadra certamente la legge elettorale nazionale, che ha attribuito alle attuali assemblee parlamentari il carattere di organismi “nominati” dall’alto più che “eletti” dal basso. Il corpo elettorale è stato infatti chiamato a ratificare quanto deciso dai massimi vertici dei partiti. Il “sovversivismo dall’alto” è pure evidente nella legge statutaria sarda sottoposta al referendum confermativo del 21 ottobre scorso. Lo si individua nei limiti posti all’istituto del referendum con l’art. 3 della stessa legge , laddove al comma 3 si stabilisce che “non è ammesso referendum abrogativo sulle leggi statutarie…….sulle leggi ed i regolamenti riguardanti l’ordinamento degli organi statutari e degli uffici regionali”. La ragione di tale norma è evidente e consiste in una sostanziale autoblindatura della “casta” regionale. Blindatura dell’ Esecutivo e del Legislativo rispetto alle istanze provenienti dal popolo. In questi ultimi otto anni non si è voluto tener conto in alcun modo dei risultati della consultazione del 1999 sulle indennità dei consiglieri regionali. Ed ora che una benemerita associazione ha già raccolto migliaia di firme per un nuovo referendum, che fanno i signori della “casta”? Blindano i loro privilegi! Sostanzialmente dicono al popolo sovrano “voi non potete entrare nei nostri privilegi, sono cosa nostra !”. E poco importa che in questa statuizione di divieto referendario si vada oltre quanto stabilito dal dettato della Carta Costituzionale (art.75) che non pone alcun limite di tale natura. “Sovversivismo dall’alto” nei suoi sostanziali effetti è anche da individuare nella disciplina del conflitto d’interessi stabilita dalla stessa statutaria. Resta ancora da spiegare come una normativa giudicata, e giustamente, in termini negativi in base alla legge nazionale del 2004 diventi accettabile quando a disciplinarla, in termini ancora più permissivi, è la legge statutaria. E’ preoccupante che anche da parte di persone che dicono di richiamarsi allo schieramento di sinistra, e segnatamente ai valori del movimento operaio, si tenti di ridurre il tutto ad aspetti di mera tecnica giuridica. Durante la campagna referendaria, il metro di giudizio sostenuto da costoro era quello meramente tatticistico delle alleanze contingenti di potere. Ora si commette un errore ancor più grave perché sono in ballo valori sui quali una seria coscienza democratica non può che sentire indignazione. A parte le contraddizioni proprie di una tale posizione, preoccupano le conseguenze in ordine al comune senso della legalità, all’ imparzialità dell’ordinamento, al diffondersi della sensazione che i vertici istituzionali possano “sciogliersi” dal rispetto di principi giuridici sostanziali. Tutto ciò finisce per influire negativamente sullo spirito pubblico e conseguentemente sulla tenuta complessiva del senso comunitario. Così facendo si finisce per minare profondamente le basi democratiche della nostra Repubblica e della nostra democrazia autonomistica. Ecco perché occorre tenere alta la guardia nella vigilanza democratica, avendo la massima attenzione a cogliere i segni spesso impercettibili, ma non per questo meno gravi, che incidono sulle fondamenta del nostro fragile edificio democratico.
3 Novembre 2007 alle 03:17
[…] di Francesco Cocco (da http://www.manifestosardo.org) Le categorie gramsciane possono ancora aiutarci nell’interpretazione della realtà di oggi. E’ ancora valido il metodo d’analisi e permangono molte costanti della situazione dei primi decenni del Novecento. Certamente permane quella che Gramsci denunciava come “mancanza di dominio della legge”, che ci caratterizza in negativo rispetto agli altri Stati dell’Occidente europeo, giunti prima di noi al traguardo dell’unità nazionale. [leggi l’articolo] […]