Statutaria. No, con distinguo

16 Settembre 2007

Vincenzo Pillai

Aver ottenuto, attraverso la presentazione di emendamenti su importanti punti, che la legge riconosca al Consiglio funzioni che nella originaria proposta di Soru erano attribuite alla Giunta, costituisce un indubbio miglioramento che però è sostanzialmente vanificato dal mantenimento in capo al Presidente del diritto di sciogliere il Consiglio, a proprio insindacabile giudizio, dimettendosi. I diritti, le prerogative del Consiglio regionale, sono pertanto esigibili solo fino a quando lo consente il Presidente. Questa è un’arma che Soru ha gia minacciato di usare e che in mano a un Presidente senza scrupoli può permettere ogni sorta di ricatti e di far precipitare la Sardegna verso elezioni anticipate ogni qual volta un Presidente pensa di poterne trarre un vantaggio personale o di partito anche nei confronti della coalizione che lo ha eletto.
Il PRC è impegnato in tutt’Italia contro questo modello istituzionale perché ritiene che un forte ruolo del Parlamento e dei Consigli regionali rafforzi la democrazia, le mobilitazioni popolari, la capacità di critica e opposizione al modello americanizzante della politica e della società che viene quotidianamente proposto dai poteri forti. Non possiamo rinunciare, in Sardegna, a dare un preciso e coerente segnale di sostenere questa battaglia, anche se Soru minaccia le dimissioni, anche se sarà difficile sconfiggere l’alleanza trasversale che vede nella figura del Governatore forte la soluzione dei mali della democrazia.
Dobbiamo, pertanto, impegnare tutte le strutture del Partito a sviluppare una campagna politica e culturale che colleghi il nostro NO al modello presidenzialista della statutaria alle nostre proposte di modifica della legge elettorale, alle proposte programmatiche di nuova rinascita sociale avanzate dal Partito in Sardegna, alla mobilitazione contro il precariato e per la realizzazione del programma elettorale del centrosinistra.
Scegliendo di votare NO al referendum possiamo più facilmente realizzare intese con le forze di sinistra disponibili a collocare la battaglia contro la legge statutaria nel più ampio contesto di lotta per la pace, la solidarietà e per realizzare un ampia partecipazione dei sardi alla manifestazione del 20 ottobre. Questo è il modo corretto per non confonderci con tutte quelle forze che vogliono trasformare il referendum in un giudizio su Soru e su tutta la politica della giunta.

4 Commenti a “Statutaria. No, con distinguo”

  1. Tonino Dessì scrive:

    Presidenzialismo “di sinistra”? La Statutaria cancella gli istituti creati nella legislatura presieduta da Melis: il referendum abrogativo di regolamenti, atti o provvedimenti amministrativi, quello preventivo su progetti di legge, di regolamenti, di atti o di provvedimenti amministrativi regionali, quello consultivo su questioni di interesse regionale o locale. Per tutti si è fissato nell’86 un quorum partecipativo identico a quello che l’art. 32 dello Statuto del ‘48 prevedeva per il solo referendum abrogativo: un terzo degli aventi diritto al voto. Per tutti si è fissato lo stesso requisito minimo di richiedenti stabilito dal medesimo art. 32: diecimila elettori, eccettuato il referendum locale, attivabile da settemila elettori. La L. cost. n. 2 del 2001 ha abrogato l’art. 32 dello Statuto, sopprimendo Il quorum partecipativo per i referendum abrogativi. Nessuno si sarebbe aspettato che la Statutaria aggravasse le condizioni rispetto alle precedenti previsioni dello Statuto, stabilendo che per i referendum abrogativi occorra un quorum partecipativo pari alla metà più uno di coloro che hanno votato nelle precedenti elezioni! Non solo. La soglia dei richiedenti sale, per tutti i referendum, a quindicimila elettori. I referendum preventivi su leggi, regolamenti o atti amministrativi spariscono. Il referendum consultivo sopravvive solo su questioni di interesse generale, mentre i referendum “locali, territorialmente limitati” (per esempio: sull’ubicazione di un termovalorizzatore) saranno disciplinati da una futura e futuribile legge ordinaria della Regione. Ma è di sinistra indebolire gli istituti di partecipazione, in una Regione dove non si può dire che di essi si sia mai fatto abuso?

  2. Bruno Orrù scrive:

    Penso che nella attuale situazione del sistema politico italiano, una sinistra, anche non moderata, che volesse riportarci a logiche istituzionali assembleariste sia votata al fallimento. Certo un Presidente con la personalità di Soru, che ha curvato la gestione della carica in senso eccessivamente “personalista” può ingenerare, come in effetti è successo, un cortocircuito tra l’organo di indirizzo politico e di normazione primaria e il capo dell’esecutivo. Ma bisogna anche dire che quando il livello “partitico” ha voluto stoppare il Presidente lo ha fatto e come! Lo può fare e non è vero che è costretto in una logica ricattatoria. Costretto dalla paura di che cosa, poi? Della fine della lauta prebenda da consigliere regionale? Se è così, la prima riforma da fare è quella non di bloccare le indennità di carica, ma di drasticamente ridurle (diciamo che se ci attestiamo sui 6.000,00 Euro mensili siamo tutti contenti, cellulari, Desk-top e I-pod compresi, – a carico loro – ovviamente!). Con l’elezione diretta è difficile rinunciare al principio del simul stabunt simul cadent. I cittadini hanno eletto direttamente il loro Presidente e non sarebbe giusto che, in caso di dimissioni si ritrovassero un nuovo Presidente eletto dal Consiglio. Il presidenzialismo non è di sinistra (parlo del solo livello regionale)? Ho visto pochi compagni protestare contro il sistema di elezione dei Presidenti lat. americ. del socialismo XXI (Chavez, Correa, Morales, Kirchner) e allora??

  3. andrea Pubusa scrive:

    Caro Orrù, se tu avessi la pazienza di scorrere i classici della sinistra da Marx ed Engels in poi ti renderesti conto che sono sempre stati proporzionalisti. In ogni caso, se avessi la pazienza di vederti i modelli esistenti di presidenzialismo, ti accorgeresti che le Assemblee sono immuni da attacchi dei Presidenti, mentre non è vero il contrario. In USA, ad esempio, a nessuno viene intesta l’idea che il Presidente possa mandare a casa il Congresso, mentre quest’ultimo può mandare a casail Presidente e lo ha anche fatto. Quanto agli esempi da Te citati, in Venezuela esiste addirittura un referedum per mandare a casa il Presidente, e Chavez lo ha dovuto affrontare più volte. Se è ancora Presidente è perché gli elettori non lo hanno sfiduciato.
    Come dice giustamente Gianni Ferrara, eminente costituzionalista, già deputato del PCI e non pentito, il presidenzialismo regionale italiano è una forma estremizzata di presidenzialismo che non esiste in nessuna parte del mondo civile.
    E del conflitto d’interessi che ne pensi? Non va bene per Berlusconi e va bene per Soru? Sulla questione richiamo la proposta di legge di Furio Colombo al senato e alla sua nobile relazione: Colombo giustamente prevede l’neleggibilità per imprenditori che superino un certo fatturato. Ecco una possibile disciplna,da inserire in una nuova statutaria, che non sia una legge ad personam per Soru.

  4. Bruno Orrù scrive:

    Inaspriamo quanto vuoi la legislazione sul conflitto di interessi (non vorrei passare per difensore di Soru, sempre e comunque – anzi, tra caso Saatchi, controversia con la Corte dei Conti e atteggiamenti a volte sprezzanti verso il personale regionale, l’uomo si è giocato ormai parecchio, se non tutto). Ma che senso ha privarsi di un pò di regolamentazione, oggi? Senza la statutaria c’è solo il nulla, la sconfitta di Soru e di tutto il centro sinistra. Prendiamolo per la cravatta, allora, o per le bretelle, e facciamolo ragionare.
    So bene che il marxismo classico è proporzionalista e assemblearista; appunto perché classico; a me piacerebbe un marxismo moderno, anche nell’approccio al tema istituzionale (tradizionalmente ritenuto poco importante, in quanto meramente “formale”). Quanto ad Hugo Chavez, so bene che la Const. Bolivariana prevede il referendum revocatorio – un istituto partecipativo in più, che se vogliamo potremmo introdurre anche noi.
    La questione rimane quella della idiosincrasia di certa sinistra all’elezione diretta, che resta tipicamente italiana. Non sono per l’elezione diretta del capo del governo nazionale, ma per gli altri livelli istituzionali è difficile negare che l’efficienza e la capacità decisionale sia migliorata. Dovremmo convincerci che valorizzare le capacità individuali e di leadership, con i giusti contrappesi (che nella stat. ci sono tutti!), fa bene alla democrazia, e al socialismo, nel quale ancora anch’io credo.

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