Storie di ordinario (e bellissimo) indipendentismo al mercato di via Quirra

9 Luglio 2016
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Cristiano Sabino

“Questa giornata vale la pena di essere raccontata” è stato il pensiero ricorrente sulla strada di ritorno verso Sassari da quella che è stata una ordinaria e bellissima giornata di attivismo indipendentista al mercato comunale di via Quirra a Cagliari.

Qualche tempo fa è uscita la notizia che il Carrefour di Quartu S. Elena ha deciso di adottare la linea aziendale dell’apertura totale, 24 ore su 24, sette giorni su sette. È mai possibile che i sardi per alimentarsi siano dipendenti dalle decisioni folli delle multinazionali della grande distribuzione privata e dai loro scaffali pieni di cibo-sbazzatura?

Fin qui niente di nuovo, visto che noi sardi ormai siamo abituati ad aprire il giornale e leggere quotidianamente scelte prese da chi ha scambiato noi e la nostra terra con un limone da spremere fino all’ultima goccia. La novità sta però nel metodo con cui si è affrontata questa cosa ed è questa la prima cosa interessante che racconterò. Infatti l’indipendentismo ci ha abituati negli ultimi anni ad una prassi un po’ malsana di azioni fatte alla moda del “chi mi ama mi segua” e “chi non viene se ne prenda la responsabilità”.

Anzi, per un certo periodo i movimenti indipendentisti si erano praticamente spartiti gli argomenti da trattare e ognuno era leader nel suo settore, in una sorta di divisione del lavoro de facto. Cosa che per un certo periodo ha potuto anche funzionare ma che alla fine è risultata inefficace. Si, perché si arrivava sempre ad un punto morto e cioè a considerare il fatto che il colonialismo non agisce in Sardegna per compartimenti stagni, ma è un complesso organico e come complesso organico va trattato da un fronte altrettanto organico, coeso e organizzato.

La fragilità di questo modo di fare venne fuori, per esempio, quando il governatore Soru decise che era cosa buona e giusta ospitare – in segno di solidarietà alla malavita organizzata della Campania – alcune navi stracolme di rifiuti. Le varie sigle facevano a gara per nascondere le notizie sui tempi e i luoghi degli attracchi al fine di piazzare (letteralmente) la propria bandiera davanti ai media. Una pratica utile a guadagnare qualche inquadratura preziosa, ma che ha permesso tranquillamente ai camion di bucare le “difese” e portare l’immondizia della camorra a destinazione.

Purtroppo questa pratica è viva e vegeta ancora oggi: il partito X lancia una lotta, poi invita gli altri ad andare a portargli l’acqua al mulino. Se gli altri non ci vanno allora subito vengono tacciati di non aver voluto l’unità. Lo dico non tirandomene fuori, sia beninteso. È una pratica che abbiamo seguito più o meno tutti ed è ora di piantarla, perché queste cose vanno bene ai tempi del liceo, ma quando si vuole essere una forza – o un insieme di forze politicamente mature e affidabili – forse è il caso di cercare altri metodi di condivisione e partecipazione delle istanze.

Ed è questo che si è fatto stavolta con una preparazione a tappe:

  • Confronto sul tema con le altre realtà non compromesse col colonialismo;
  • Individuazione dei punti in comune;
  • Individuazione dei metodi condivisi;
  • Azione politica senza prime donne, maestrine dalla penna rossa e cantanti solisti.

Finalmente una boccata di ossigeno che dovrebbe diventare respiro ritmico quotidiano del nostro movimento di liberazione.

La seconda cosetta che vorrei raccontare è l’incontro col benzinaio simpatizzante. Si, perché per andare a Cagliari devi fermarti a fare benzina o gasolio (ancora le colonnine elettriche non ce le hanno messe sulla 131) e siccome io a Cagliari per politica sono andato più di qualche volta, conosco un po’ di benzinai e qualcuno di loro conosce e apprezza le nostre lotte. Oggi l’amico benzinaio ci ha sentito parlare e ha detto la sua: «sapete quante persone conosco che non si avvicinano all’indipendenza perché non trovate il modo di unirvi? Io stesso non lo faccio. Vi vedo in televisione e sono con voi, ma poi non capisco mai quale sia l’ultima scissione dell’atomo che avete prodotto e alla fine penso che non siate seri. Magari non capisco nulla ma la penso così».

Amico benzinaio, te lo scrivo qui se avrai l’occasione di leggermi, altrimenti te lo confesserò alla prossima discesa, visto che questa volta mi è mancato il coraggio: invece che benzina potresti vendere ragione, visto che ne possiedi in gran quantità. Io stesso in tutti questi anni ho usato una argomentazione fallace per rispondere a queste obiezioni ostentando un po’ di superiorità intellettuale che puzzava di narcisismo: «ma come, anche i partiti italiani sono divisi, eppure non vi lamentate mai! Anche gli indipendentisti hanno diritto a dividersi perché hanno diverse sensibilità politiche».

Per carità, vero, ma solo in minima parte. I partiti indipendentisti non hanno i numeri (e i soldini) di quelli italiani e soprattutto non è detto che per forza debbano fondersi alchemicamente in un partito unico. Ma un accordo chiaro e ufficiale sì che dobbiamo trovarlo per proporre ai cittadini sardi un’agenda della liberazione, un’alternativa riconoscibile e unificata, almeno su alcuni rilevanti punti di interesse nazionale. Poi, per carità, ci divideremo per esempio sulla lettura da dare alla Brexit e sull’utilità o meno di usare o non usare le categorie di “classe” o di “colonialismo” che sono si importanti ma per le condizioni materiali del 99% del popolo sardo sono aria fritta.
E arriviamo alla terza cosetta che mi piacerebbe raccontare.

La bellezza di una mattinata passata in uno dei mercati più popolari della Sardegna. Le conferenze stampa sono belle, i social network pure, le chiacchierate sulle reali intenzioni di Mariano IV ci appassionano… ma stare dentro le cose, dentro la realtà reale, a contatto con la gente, con i lavoratori a fare proposte concrete e ad accogliere insegnamenti preziosi da chiunque sia in grado, per esperienza e capacità, di impartirli, deve tornare ad essere la nostra ordinaria (e bellissima) quotidianità.

Il giorno in cui lanceremo mobilitazioni in maniera democratica, paritetica e condivisa senza fare il conto di quanti voti ha l’uno e di quanti militanti ha l’altro, troveremo una qualche meccanica per costruire una comunità politica riconoscibile, stabile e seria, torneremo a stare con le persone e con le comunità… Allora quello sarà il giorno in cui avremo fatto un passo avanti e con noi una buona fetta di popolo sardo. Non sarà ancora l’indipendenza ma l’aria, ci scommetto, sarà ben più respirabile!

Foto Paola Rizzu

1 Commento a “Storie di ordinario (e bellissimo) indipendentismo al mercato di via Quirra”

  1. Mario FLore scrive:

    A proposito della manifestazione del Mercato in Via Quirra; Ne sono venuto a conoscenza solo qualche oretta fa. Premessa la NOBILE INIZIATIVA avrei partecipato volentieri visto che è un tema che ho sempre seguito da indipendentista Libero e condiviso INCONDIZIONATAMENTA con tutte le forze Indipendentiste. Una manifestazione fatta in ca visto che il mercato è una quotidianità della mia vita e che considero una seconda casa dove TUTTI mi conoscono. Mi trovo sorpreo di questa NOBILE INIZIATIVA e mi dispiace non essere stato presente. Ringrazio i Patrioti, Cristiano Sabino, Giacomo Meloni, e Marco Mameli per l’iniziativa, ma sono profondamente DISPIACIUTO per la loro dimenticanza della mia personale chiamata. Kene perunu rancore, Bonu Traballu pro s’Unidade e s’Indipendentzia de sa Sardigna. Cun sintzera Amistade FLore Mario

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