Sul Rinascimento sardo e la sua fine
1 Aprile 2009
Mario Cubeddu
Vale la pena di fare qualche riflessione sullo stato della cultura in Sardegna alla fine degli anni di governo del centrosinistra guidato da Renato Soru e mentre si apre la stagione del centrodestra. Guardando magari le cose dal terreno limitato delle letteraturae della poesia sarde e degli eventi, incontri, feste, festival, che all’arte della parola sono dedicati. Giovanni Dettori mette in dubbio lo slogan giornalistico del “Rinascimento” sardo in campo artistico. Come si può contestare il suo scetticismo? I festival letterari non conquistano voti alla sinistra, ottengono già un grande successo quando conquistano dei lettori ai poeti e ai romanzieri. Se è vero che carmina non danti panem, figuriamoci se possono procurare dei voti. Ma le cose non sono neppure così semplici. I dati di una ricerca sui flussi elettorali dicono che il 52% dei laureati ha votato Soru contro il 40% di quelli che hanno votato Cappellacci. Addirittura il 71% degli studenti ha votato centrosinistra contro un misero 19% di scelte a destra. Quindi in realtà i settori intellettuali e i ceti colti in Sardegna sostengono in modo deciso l’area progressista. Manca invece il voto delle casalinghe e di quelli che hanno la terza media, operai e gente di campagna relativamente giovani, nati probabilmente non prima della fine degli anni Cinquanta, quando la Scuola Media cominciò ad essere presente in ogni paese della Sardegna. I ceti produttivi hanno preferito i sogni, le paure, le promesse garantite da Berlusconi all’orgoglio sardo, alla difesa del patrimonio ambientale, al realismo di Renato Soru. Quindi le responsabilità degli eventi culturali nati e cresciuti negli ultimi anni sono almeno da discutere. Come sarebbe il caso di vedere cosa c’era prima, vista la memoria corta che tutti noi abbiamo nei tempi della comunicazione veloce. A risvegliare il passato ci ha pensato subito il quotidiano di Cagliari con una pagina in cui dava voce agli scontenti sopravvissuti alle “persecuzioni” subite nell’era Soru. Così un Aldo Accardo, scampato allo Spielberg di Castello in cui è rimasto rinchiuso per quattro anni, lamenta di essere stato costretto al silenzio. Questo fa meraviglia, vista la disponibilità dello stesso quotidiano a ospitare qualsiasi soffio di voce contraria al “tiranno” di viale Trento. L’uomo, non osiamo chiamarlo intellettuale, avrebbe dimostrato maggior coraggio alzando la voce a tempo debito e non come un Maramaldo sardo-piemontese. Nella stessa pagina si levava il lamento del portavoce degli editori sardi. Anche essi dicono di essere stati perseguitati. In che modo? Togliendo le sovvenzioni garantite a qualsiasi pagina stampata che riuscisse a trovare il sostegno di un amico politico. Libri quasi sempre inutili, quando non dannosi, o addirittura fraudolenti, con prezzi di copertina spaventosi. Ma l’editore non si preoccupava del mercato, di un possibile acquirente fatto fuggire dal prezzo. Questi libri non vedevano quasi mai i banchi delle librerie, L’acquisto di un centinaio di copie bastava a pagare l’intera tiratura, il resto era guadagno che entrava nelle tasche dell’editore. E così gli scaffali dei sotterranei della Regione Sarda si riempivano di libri che restavano nelle scatole ad ammuffire. Altro bersaglio polemico sono stati i festival letterari. Non ci si chiede se hanno raggiunto i risultati che si sono prefissi, se hanno attirato e coinvolto il pubblico a cui si rivolgevano, se hanno promosso la diffusione del libro di qualità. Cose riconosciute unanimemente da chi è stato in questi anni a Gavoi, a Seneghe, al festival per ragazzi di Cagliari. Iniziative che costano pochissimo rispetto agli standard di spesa del denaro pubblico. In esse hanno trovato spazio, come protagonisti o come ospiti, gli scrittori sardi della nuova generazione; tramite i festival gli scrittori e tanti giovani sono entrati in contatto con la realtà letteraria nazionale e internazionale, stringendo relazioni e amicizie, scambiando esperienze. David Grossman, uno dei maggiori scrittori contemporanei, diventa presidente diel festival Tuttestorie di Cagliari, uno dei maggiori poeti italiani, Franco Loi, diventa un punto di riferimento costante per “Cabudanne de sos poetas” di Seneghe. Questo costituisce terreno fecondo, indispensabile per ogni crescita artistica e culturale. Dall’esempio nasce la sollecitazione a osare. Tante persone in Sardegna, giovani, ma non solo, trovano lo stimolo a coltivare con maggiore costanza e coraggio una vocazione letteraria o poetica che non vivevano sino a quel momento con la necessaria fiducia. Siamo certi che i frutti si vedranno negli anni a venire. Gran parte di ciò che circola nei teatri, nei luoghi di spettacolo, sulle piazze estive della Sardegna, dipende dal sostegno dei fondi pubblici. In questi anni sono stati fatti anche molti errori nel campo della programmazione culturale. Ma il livello artistico, e soprattutto morale, del discorso era incomparabilmente superiore a quello precedente. Chi ricorda la mania delle sfilate di moda che imperversavano in ogni occasione festiva in tutte le piazze della Sardegna? Pagate col denaro di tutti. Anche il settore delle tradizioni popolari ha smesso di essere il baraccone volgare modellato su celebri trasmissioni televisive. E’ difficile creare una struttura funzionale a un’iniziativa di cultura. È difficile arrivare al pubblico, farlo affezionare a cose nuove. E’ facile e di breve respiro distruggere creando sfiducia e frustrazione. Ci auguriamo che le iniziative culturali che lo meritano possano sopravvivere e che si riesca a conservare almeno un livello dignitoso per la cultura in Sardegna.