Sulle indagini per la presunta segretezza dei calendari delle esercitazioni militari
1 Marzo 2016Enrico Lobina e Nicola Calledda
Lo scorso 4 marzo, alcuni militanti cagliaritani del movimento contro l’occupazione militare della Sardegna sono stati perquisiti nella loro abitazione privata e nel circolo sociale che frequentano. Uno dei militanti è stato iscritto nel registro degli indagati.
L’accusa, oltre a quella di vilipendio nei confronti delle forze armate, è di avere diffuso documenti
militari non riservati ma destinati a uso interno di ufficio.
Immediatamente abbiamo espresso solidarietà ai perquisiti e all’indagato. Nei giorni successivi abbiamo letto dagli organi di stampa, con una certa perplessità, che i documenti incriminati sarebbero i calendari delle esercitazioni militari da svolgersi in Sardegna.
I sottoscritti Enrico Lobina, in qualità di consigliere comunale, e Nicola Calledda, suo collaboratore, hanno chiesto e ottenuto i calendari “incriminati” con un normalissimo accesso agli atti presso gli uffici competenti. L’abbiamo fatto più di una volta, tra il 2015 e l’inizio di questo 2016. Seguendo la classica procedura prevista dalla legge 241 del 1990 sulla trasparenza amministrativa, abbiamo chiesto copia semplice (non autenticata) semestre per semestre.
La motivazione con cui abbiamo argomentato la richiesta è la più esplicita e trasparente possibile.
Infatti, da molto prima di questa esperienza istituzionale al comune di Cagliari abbiamo fatto parte di organizzazioni e movimenti che si battevano e si battono contro l’occupazione militare della Sardegna, in particolare contro l’incisività dei danni economici e ambientali prodotti dalla presenza dei grandi poligoni e delle loro grosse esercitazioni.
La motivazione della richiesta è stata che, dati questi percorsi politici, i corpi sociali con cui ci saremo continuati a confrontare nelle istituzioni e di cui continuiamo a sentirci parte ci avrebbero chiesto di avere tutte le informazioni possibili provenienti da altri canali istituzionali su tutto ciò che potesse essere legato all’occupazione militare, comprese dunque le esercitazioni militari. La richiesta è stata motivata con esigenze di divulgazione e condivisione esplicita, e gli uffici preposti ci hanno fornito la documentazione senza mai fare menzioni a particolari segretezze o riservatezze.
Siamo stupiti che la stampa abbia parlato di caccia “alla talpa del Co.Mi.Pa. (Comitato Paritetico sulle servitù militari)” quando lo scambio di documentazione è avvenuto all’insegna dell’ufficialità e della trasparenza.
Dal punto di vista politico, ci rende inquieti la modalità con cui è stata indirizzata questa indagine che, al momento, sembra voler essere un attacco di reazione alle ultime riuscite sortite del movimento antimilitarista sardo.
Ancora più inquieti ci lascia la totale mancanza di presa di posizione sulla vicenda da parte del presidente della regione e quindi del Co.Mi.Pa., Francesco Pigliaru.
Come detto, il Co.Mi.Pa. è un comitato paritetico cui, per riequilibrare gli interessi militari con quelli civili, prende parte anche la Regione Sardegna. I suoi poteri sono notevolmente ridotti, essendo consultivi e ispettivi. Ma se questi sono i suoi poteri almeno dovrebbe servire a diffondere il più possibile le informazioni sulle attività militari utili alla popolazione per praticare l’autotutela. La Regione Sardegna dovrebbe stare lì dentro per rappresentare gli interessi dei sardi, anziché quello delle forze armate.
I poligoni, insieme alle altre numerose servitù ed installazioni militari presenti sul nostro territorio, diffondono sostanza tossiche che aumentano le malattie delle persone e degli animali e depredano quantità enormi di terreno, cielo e mare dall’uso civico dei sardi.
Quali sono, rispetto a questo tipo di attività, secondo il presidente della regione i reali interessi della cittadinanza che lo ha votato? Possibile che non senta l’esigenza di dire una parola su una vicenda di criminalizzazione di una banale diffusione delle date delle esercitazioni ufficiali sul territorio sardo?
Consci della giustezza delle azioni finora compiute e in attesa che il silenzio politico istituzionale di chi di competenza rotto da un qualche segnale politico positivo, rilanciamo l’esigenza di aumentare i momenti di pubblica condivisione e discussione sui temi sopra descritti.