Teulada svende, Marcegaglia compra
1 Aprile 2010Stefano Deliperi*
C’è proprio chi ha trovato l’America non lontano da casa sua. In Sardistàn, ad esempio. E’ il caso del Gruppo Marcegaglia certamente. Titolare, attraverso la Mita Resort s.r.l. (45% del capitale sociale in mano a Emma Marcegaglia, il resto di proprietà di Massimo Caputi, Andrea Donà delle Rose, Lorenzo Giannuzzi), del Forte Village di S. Margherita di Pula, definito da anni il migliore resort del mondo, ha acquisito da poco l’ex Arsenale di La Maddalena. Due conti su questa struttura. L’ex Arsenale di La Maddalena è diventato un hotel a 5 stelle (115 stanze, di cui 22 suites), un centro benessere con porto turistico (600 posti barca) grazie agli interventi programmati per la riunione G 8 poi spostata a L’Aquila. Una dei fulcri del noto sistema gelatinoso. Sono stati spesi 118.946.000,00 euro in proposito (48.400.000,00 euro per la ristrutturazione dell’Arsenale in albergo + 23.436.000,00 euro per la realizzazione di servizi connessi + 41.610.000,00 euro per l’adeguamento del bacino dell’Arsenale in porto turistico + 5.500.000,00 euro per il piano di caratterizzazione e la bonifica ambientale, dati Protezione civile) di soldi pubblici. 227 mila metri cubi di volumetrie turistiche su un’area di 115 mila metri quadri, un porto turistico in posizione privilegiata. La gestione è stata affidata – per 40 anni – alla Mita Resort s.r.l., verso il pagamento di 31 milioni di euro (cioè poco più di 64.583 euro mensili per i 480 mesi di contratto) allo Stato e un canone annuale di 60 mila euro in favore della Regione autonoma della Sardegna. Una miseria. L’affidamento è stato effettuato dalla struttura di missione gestita dal sottosegretario alla Protezione civile (e direttore del Dipartimento della Protezione civile) Guido Bertolaso e successivamente il complesso è stato trasferito alla Regione autonoma della Sardegna. La Regione autonoma della Sardegna dovrà pagare quale proprietario ben 400 mila euro all’anno di sola I.C.I. Insomma, un vero affare. Ma un altro affare, di proporzioni straordinarie, si profila all’orizzonte. Sulla costa di Teulada, da Capo Spartivento a Tuerredda, a Malfatano. Uno dei grandi tratti di costa (circa 35 km.) ancora in gran parte integri del Mediterraneo. Rocce, piccole calette (Tuerredda, Campionna, Piscinnì), ambienti dunali, stagni (Piscinnì, Tuerredda), porti naturali già utilizzati in antichità (come la Merkat fenicia nel rìas di Malfatano). Da parecchi anni incombe il tentativo speculativo su questo autentico paradiso costiero. Negli anni ’70 del secolo scorso furono i lombardi Monzino, attraverso la loro società S.I.T.A.S. s.p.a., a progettare su quasi 900 ettari di costa la nuova Costa Smeralda nel sud Sardegna. Si doveva chiamare Costa Dorada: alberghi, ville, campi da golf con centinaia di migliaia di metri cubi di volumetrie. Non se ne fece quasi nulla. Soltanto la durissima opposizione legale delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra condusse alle condanne in sede penale ed alla successiva demolizione delle opere abusive del tentativo speculativo nella splendida baia di Piscinnì, enclave amministrativa di Domus de Maria, portata avanti in un primo momento dal gruppo Monzino, successivamente da una società aderente alla Lega delle Cooperative. Alcuni anni fa la Società immobiliare venne rilevata dalla Forma Urbis s.p.a. di due architetti-imprenditori veneti, Gianpietro Gallina e Albano Salmaso, che fecero proclamare, con sovrano sprezzo del ridicolo, all’allora Sindaco di Teulada Tore Mocci l’arrivo sulle coste sulcitane di ben 2.500 posti di lavoro ed anche di più grazie ai 180 mila metri cubi di alberghi e ville di lusso che gli intraprendenti veneti affermavano di voler realizzare. In realtà non hanno realizzato un bel niente, così come a Capo Pecora, sulla costa di Arbus, dove hanno rilevato la storica azienda agricola sul mare dei Casana. A questi architetti-imprenditori evidentemente interessava farsi approvare i progetti immobiliari e rivendere a prezzi esorbitanti. Ed è quello che hanno fatto. Anche dividendo in cinque l’unico progetto immobiliare, con l’avvallo della Regione autonoma della Sardegna, ai fini delle valutazioni di impatto ambientale, in contrasto con la direttiva comunitaria in materia (la n. 85/337/CEE, integrata e modificata dalla n. 97/11/CE). Così ha visto la nascita il nuovo progetto comprendente il complesso ricettivo “eco-compatibile” Malfatano Resort s.p.a., una joint venture composta da Sansedoni s.p.a. (40 %, gruppo Fondazione Monte dei Paschi di Siena), famiglia Benetton attraverso la Ricerca Finanziaria s.p.a. (25 %), Gruppo Toffano (24 %), Silvano Toti s.p.a. (11 %). Qui il fortissimo interesse del Gruppo Marcegaglia. Infatti, il Gruppo dell’attuale Presidente nazionale della Confindustria Emma Marcegaglia gestirà – secondo i programmi – il resort di Malfatano (300 camere, 5 stelle) a partire dal 2011. Ma non solo. La partnership fra Sansedoni s.p.a. e Mita Resort s.r.l. vede accanto un affare strettamente immobiliare di non poco conto: a fine marzo 2010, dando corpo e conferma ai peggiori fantasmi mattonari, il Consiglio comunale di Teulada ha approvato – all’unanimità – una deliberazione concernente la rilocalizzazione di volumetrie, l’acquisizione di concessioni demaniali sulle ridotte spiagge e, soprattutto, la drastica decurtazione della quota alberghiera con la destinazione del 25% delle volumetrie a ville. L’intento, in pratica, è di “variare l’impianto urbanistico dell’attuale piano di lottizzazione per adeguarlo alle richieste del mercato turistico”, come riporta fedelmente La Nuova Sardegna, nell’edizione del 25 marzo 2010. L’iniziativa è propedeutica a un futuro accordo di programma Comune – Regione – Privato. Più ville e meno alberghiero. E le prospettive occupative dell’affare sono anticipate da quanto sta avvenendo a La Maddalena con avvisi al pubblico di richieste di personale a cinque stelle. Quanti teuladini? Boh, vedremo. Eppure è quanto persegue da tempo il Comune di Teulada, secondo cui ormai non vi sarebbe alcun ostacolo per spalmare i 140 mila metri cubi di volumetrie complessive sui 700 ettari di costa. I lavori sono stati avviati nei mesi scorsi, prevedendo in prospettiva (deliberazione Consiglio comunale Teulada n. 37 del 3 ottobre 2008) lo spostamento di 33.500 metri cubi e la descritta variazione di destinazione d’uso. Ancora una volta sono state le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra a rivolgersi alle amministrazioni pubbliche competenti ed alla magistratura, auspicando un efficace intervento in tempi brevi. Non basta il lento assassinio ambientale della splendida spiaggia di Tuerredda, “assalita” da centinaia di bagnanti, da chioschi e da “generose” concessioni demaniali, non basta l’emblematica vicenda della lottizzazione abusiva di Baia delle Ginestre ad opera dei lombardi Antonioli, non basta il fallimento turistico dell’allucinante cubo di cemento dell’Hotel Rocce Rosse, poi trasformato in condominio. Il turismo mattonaro oggi ha le sembianze di Emma Marcegaglia e dei Benetton, mentre gli indigeni che da generazioni vivono e lavorano a Malfatano stanno per essere cacciati da casa loro (e dai loro 5 ettari nel bel mezzo della lottizzazione) perché disturbano. Come i Mapuche della Patagonia. Emblematico e da vedere il film-documentario Furriadroxius, di Michele Mossa e Michele Trentini, sugli ultimi abitanti della comunità agro-pastorale di Malfatano. Nell’indifferenza della Regione autonoma della Sardegna, delle amministrazioni locali, delle forze politiche e degli stessi teuladini. Nelle sedi della politica, solo l’on. Claudia Zuncheddu (RossoMori) ha presentato un’interpellanza in proposito (la n. 59/C-4 del 3 dicembre 2009) al Presidente della Regione autonoma della Sardegna, agli Assessori regionali della difesa dell’ambiente e degli Enti locali, finanze, urbanistica. Gli altri a schiena dritta e in silenzio. Fuori dai piedi, oggi si costruiscono ville da 380 mq. di coperto in vendita e migliaia di mq. di giardino esclusivo a 1,5 milioni di euro l’una, così racconta sorridendo chi sta sui mezzi cingolati. Sarebbero proprio da rivedere i luoghi comuni che vedono i sardi quale popolo orgoglioso, tenace, portato all’indipendenza ed all’autogoverno. A parte le tante invasioni più o meno cruente che la Sardegna ha visto nel corso dei secoli (dai cartaginesi ai romani, dai vandali ai bizantini, dagli arabi ai saraceni, dai pisani ai genovesi, dagli aragonesi ai piemontesi, agli alleati anglo-americani), conserviamo tuttora – nelle tante varianti – sa limba, la più fedele discendente del latino (lingua degli invasori) e tutt’oggi, nonostante roboanti dichiarazioni, sos istranzos che approdano sulle nostre coste ricevono un’accoglienza straordinariamente benevola. E’ il caso di tanti speculatori immobiliari nel corso degli ultimi decenni. Rapinatori di territorio che spesso hanno lasciato soltanto briciole o macerie agli indigeni. Chiedetelo, giusto per fare un esempio, ai tanti piccoli imprenditori rimasti sul lastrico grazie al bresciano Bertelli impegnato a cementificare Stintino. Tuttavia la solfa non è cambiata. Le lezioni non sono servite. Nemmeno il momento potenzialmente favorevole della presenza dell’Amministrazione regionale Soru ha consentito di acquisire l’area, con i mezzi previsti dalla legge, alla disponibilità della recente Agenzia della Conservatoria delle coste della Sardegna. Si poteva salvare dalla solita valorizzazione mattonara uno dei tratti più belli ed integri di costa del Mediterraneo, ma non se n’è voluto fare nulla.
*Gruppo d’Intervento Giuridico
In precedenza su Il Manifesto Sardo, n. 63, 1 dicembre 2009
dal sito web della Società Sansedoni s.p.a. (http://www.sansedonispa.it/) Capo Malfatano si trova sulla costa sud-occidentale della Sardegna, nel comune di Teulada e nella provincia di Cagliari, da cui dista 40 km. La proprietà si estende per circa 670 ettari su una zona di grande fascino paesaggistico e di rinomata bellezza, e comprende la celebre spiaggia di Tuarredda, tra la penisola di Capo Malfatano e Capo Spartivento. Proprietaria del terreno e promotrice del progetto è la società S.I.T.A.S. SrL, partecipata da Sansedoni, Gruppo Toti, Ricerca Finanziaria (Benetton) e Gruppo Toffano di Padova. Il progetto mira alla valorizzazione del territorio e delle risorse locali, uniche per bellezza e fascino, attraverso la realizzazione di un sistema integrato di strutture ricettive e residenziali di elevato standard qualitativo, nel massimo rispetto del territorio. Obiettivo degli azionisti, viste le caratteristiche di massima qualità ambientale e paesaggistica della proprietà, è quello di realizzare un polo di assoluta eccellenza nell’offerta turistico ricettiva, adottando modelli già testati con successo nei mercati internazionali e con un’attenzione particolare alle caratteristiche naturali autoctone e alla sostenibilità del progetto stesso. L’intervento, prevede la realizzazione di hotel, di un centro conferenze e di residenze di lusso, per un totale di circa 140.000 metri cubi.
2 Aprile 2010 alle 13:09
ARRIVANO I GRANDI
Non vorrei che a forza di dirlo verranno anche a Viareggio anche se non gli passava neanche per l’anticamera del cervello! Guardiamo di fare meno pubblicità. Non importa va bene così.
3 Aprile 2010 alle 18:00
Ludovico, ma che cosa vuoi dire? Che dovremmo far svendere a un tanto al kg. la Sardegna?!
3 Aprile 2010 alle 22:05
Gia altre volte vi ho ringraziato per quello che avete fatto e quanto state facendo.
Per quanto dite sulla Sig Marcegaglia e compari, sono cose che vanno denunciate , oppure messe a conoscenza a tutti i livelli, io per quanto posso so cosa fare .
Ditelo nelle assemblee dove partecipate e magari in presenza di politici.
Io ho gia’ una certa eta’ ma vi posso assicurare che ho una delusione inspiegabile, e sono stato un politico per diversi anni nella nostra Versilia, pensate un po’…… Sono cadute tutte le ideologie in cui una persona come me per tantissimi anni ci credeva. ” NON RIMANE ALTRO CHE CREDERE
NELLE ORGANIZZAZIONI CHE CI AIUTANO VERAMENTE”.
Grazie per avermi ascoltato e speriamo in bene!…… ciao
10 Febbraio 2011 alle 09:48
Ma quanto è bello fare teoria e fare i salvatori della terra ,ai Teuladini la pratica fatta di giovani senza lavoro,di uomini che aspettano una chiamata per qualche lavoro in nero, di donne che lavorano stagionalmente anche 12 ore al giorno nei pochi alberghi della zona.L’economia del paese è costituita esclusivamente dal turismo, infatti quando si è “pensato bene” di abbattere la parte abusiva di Baia delle Ginestre, costruita con pietra locale e tetti a terrazza con macchia mediterranea (si poteva fare una deroga) la piccola economia del paese ,creata dall’indotto, è crollata e si è ricostituita in parte solo grazie alle strutture ricettive sorte. Questa è una zona fortemente penalizzata dal furto di 30 km di costa per il Campo di addestramento di Capo Teulada che è però una realtà con la quale bisognerà convivere per sempre. La zona di Malfatano è quindi l’unica realtà per uscire dal degrado sociale in cui si trova Teulada, anche se per la “serie facciamoci del male” proprio ieri 9 febbraio 2011, è stato trasmesso un servizio su Striscia la notizia, relativamente al presunto inquinamento da uranio impoverito presente nella zona. Perchè questo non succede per la zona della Maddalena? Io invece mi domando una cosa: ma allora questa è una zona da perservare per l’unicità, quindi “no alberghi no lavoro” oppure è una zona inquinata ,allora “no paradiso si case” tanto oramai.Conclusione: quanto sarebbe bello fare teoria,è appagante, la pratica è più dura e meno appagante.
11 Febbraio 2011 alle 20:06
Quando si parla di lavoro e di tutela ambientale ritengo sia necessario preliminarmente sconfiggere il convincimento o la rassegnazione secondo cui il lavoro (parlo della creazione di lavoro, di investimenti finalizzati alla realizzazione di strutture che producano attività lavorative) comporti inesorabilmente una compromissione del bene ambientale o, peggio, un rischio per la salute delle persone.
Alle osservazioni di Maria Dolores Biggio che si mostra giustamente preoccupata per il futuro di chi oggi è senza lavoro si potrebbe replicare con una domanda semplice: è ragionevole risolvere il problema della disoccupazione con interventi che danneggiano l’ambiente sino a trasformarlo in luoghi che mettono in pericolo la nostra vita? I casi recenti di Quirra e Portovesme impongono una risposta negativa. Tuttavia ritengo che non sia sufficiente esaurire in questo modo l’argomento sollevato dalla nostra lettrice anche se non si può non sottolineare come le molteplici iniziative promosse nel settore turistico abbiano prodotto ben poco sul terreno dell’occupazione e della crescita locale. E allora? Credo che occorra ripensare davvero, passando dalle enunciazioni ai fatti, a nuovi modi di investire, alla riscoperta o alla ricerca di attività produttive, per esempio, nei settori delle energie alternative, o di quelle agro alimentari. Non si tratta di fare teoria o i salvatori della terra ma di praticare la strada del cambiamento, certamente anche col sostegno del potere pubblico.
12 Febbraio 2011 alle 03:03
Angelo Vassallo, il sindaco ucciso dalla camorra, aveva fatto una politica molto rigorosa sulla tutela dell’ambiente portando l’economia del suo paese, Pollica in provincia di Salerno, a livelli molto alti, tanto che la gente che era emigrata per trovare lavoro era ritornata ritrovando una situazione di grande benessere. Il lavoro di Vassallo ha dimostrato che il rispetto dell’ambiente è l’unica strada che può garantire un futuro più ricco e più sicuro per tutti.
12 Febbraio 2011 alle 21:08
Maria Dolores Biggio afferma: “si è “pensato bene” di abbattere la parte abusiva di Baia delle Ginestre, costruita con pietra locale e tetti a terrazza con macchia mediterranea (si poteva fare una deroga)”. In realtà si è “pensato bene” di eseguire quanto stabilito da sentenze penali passate in giudicato. Sarebbe il caso di “pensare bene” di applicare le leggi anche a Teulada. Sarebbe il primo importantissimo passo per la crescita sociale ed economica della zona.
15 Giugno 2011 alle 22:58
Da semplice turista mi sono recato alla spiaggia di Tuerredda e sono rimasto colpito dalla selvaggia bellezza del posto. Proprio per questo mi auguro che tutto cio’ rimanga tale, i posti di lavoro non c’entrano,le generazioni che vengono devono avere la possibilita’ di vedere posti del genere cosi’ come l’abbiamo noi oggi. Noi passiamo ciò che facciamo di pessimo rimane per sempre
12 Settembre 2011 alle 21:45
E’ veramente incredibile come i teuladini pensino di risolvere i problemi della disoccupazione svendendo i territori, distruggendo l’ambiente e le bellezze naturali, per creare dei lavori precari. Perchè i teuladini non iniziano a pensare di creare il lavoro in altro modo, creando bed e breakfast (restaurando anche le cases fitte del paese) , sfruttando la pastorizia e l’agricoltura come ha fatto per esempio Santadi. In questo modo si tutelerebbe il territorio e si creerebbero dei posti di lavoro, in cui i teuladini non sarebbero dipendenti ma persone libere. Ma Teulada vuole tutto ed anche in modo semplice senza impegnarsi in prima persona, Teulada ha sbagliato con le basi nato e sbaglierà di nuovo. Rimarrà un paese senza risorse e con il territorio inquinato, guardando le richezze degli altri. Richezze regalate dagli stessi teuladini. Siete un paese senza coraggio.
3 Novembre 2011 alle 14:56
La nostra amata isola non è in (s)vendita e non è una discarica di scorie, tanto materiali quanto politiche. Di queste ultime è stata “contenitore” per troppi anni e, purtroppo, con il consenso di gran parte della classe politica isolana (servitori dello Stato Centrale), che ha pensato solo, egoisticamente, a crearsi il proprio feudo a scapito di un vero sviluppo collettivo. Hanno creato economia si, ma……pro domo sua. Non possiamo pensare di creare uno sviluppo economico basato su un turismo di massa, devastando le nostre coste e creare, così, occupazione lavorativa. Per quanto tempo sarebbe funzionale? 10-15 anni? E poi? Solo cemento….. E, soprattutto, non possiamo pensare di edificare in un lustro ciò che non si è gradualmente sviluppato in un secolo.”Sos peccados de su babbu los pranghen sos fizzos”.
30 Maggio 2016 alle 08:52
[…] Non bastavano le servitù militari e i disastri già fatti o in procinto di essere fatti (vedi Capo Malfatano e il Gruppo Marcegaglia, tanto per dirne uno) a romperci gli […]
23 Settembre 2018 alle 17:07
E necessaria intelligenza, cultura, fantasia, applicazione. La prima domanda e cosa vogliamo per la nostra terra? Lavoro certo, ma che tipo? Turismo agricoltura terzizrio avanzato industria servizi? La intelligenza chiede di diversificare. Forse e la industria che va scartata perche lega poco con gli altri. La seconda domanda e che tipo di turismo? E di agricoltura e di servizi e di terzirio avanzato? Il terzo passaggio e uno studio di mercato:quali turisti vogliamo intercettare? Cosa cerca il turusta dei prossimi 30 anni? Altra domanda essenziale:i teuladini vogliono vivere in un contesto piacevole, armonoco, rispettoso dell anima storica del posto? E infine si dovrebbe programmare un intervento di lungo periodo che orienti verso un turismo evoluto e consapevole. Non e una scelta scontata ma va guidata da politici colti, al servizio della comunita. Allora immagino viaggiatori che vengono in punta di piedi a esplorare la costa incontaminata d, europa, con percorsi civlabili, escursionistici, canoe, piccola vela (derive) bed a 500 mt dal mare recupersti da vecchie case , piccoli alberghi (anche nuovi mc ma in numero limitato e con rigorose caratteristiche architettoniche che riproducano le case teuladine. Poi agriturismi ristorantini , pesca di costa, recupero di eccellenze gastronomiche. E s
spiagge in parte attrrezzate, con chioschi di canne e coperture di canniccio. Ristorantini in spiaggia con sedie e tavoli di legno, colori tenui senza il rosso algida0p o il giallo mott