Tialla arrubia. Gli Andarinos di Usini, la pasta più autoctona della Sardegna
16 Maggio 2019[Piero Careddu]
In un momento in cui si fa un gran parlare del Filindeu come pasta arcaica e dall’alto tasso di difficoltà di lavorazione, era per me doveroso ricordare i meno famosi Andarinos che non hanno niente da invidiare come bellezza e particolarità e che, unici in Sardegna, vengono prodotti solo nel ristretto territorio del Comune di Usini.
Entrare nel laboratorio Andarinos di Rosella Pais e Tore Piras regala sensazioni contrastanti: da una parte una pulizia da sala operatoria che mette quasi in soggezione; igiene chirurgica che va di pari passo con gli odori di, buon cibo che regnano nell’aria: profumi di semola che si rincorrono con quelli del formaggio fresco acido e poi erbe aromatiche, dolci appena sfornati e quel buon odore di casa di paese che si stampa nei ricordi. Rosella e Tore realizzano tanti prodotti della tradizione sarda, compresi antichi formati di pasta di altri territori, ma sono famosi e unici per aversi caricato sulle spalle l’importante e gravoso compito di dare continuità alla tradizione degli Andarinos usinesi.
Si tratta di una pasta prodotta solo ed esclusivamente nel Comune di Usini: un prodotto che definire artigianale è quasi riduttivo viste la passione, la manualità e i tempi lunghi che occorrono per la loro realizzazione. Gli Andarinos possono essere lavorati solo a mano e, trattandosi tradizionalmente di una prerogativa femminile, le donne più preparate e veloci che si dedicano alla lavorazione di questa pasta, impiegano circa tre ore per un chilogrammo di prodotto. E’ ancora vivo, nella memoria di molti usinesi, il ricordo di Ciolina, un’anziana signora scomparsa di recente, famosa per riuscire a farne un chilo all’ora con una rapidità e una perfezione impressionanti.
In un pomeriggio passato ad ascoltare i racconti di Rosella e Tore ho imparato, per esempio che, quando l’otto di settembre si festeggiava Santa Maria e il paese si riempiva di pellegrini devoti che arrivavano da Sassari e da tutto il circondario, era usanza offrire a chiunque si sedesse a riposare sull’uscio di casa, un piatto caldo di Andarinos. L’impasto base è semplicissimo: semola di grano duro, acqua e sale. Una volta lavorata e fatta adeguatamente riposare la massa, si preparano delle strisce di pasta del diametro di pochi millimetri per poi dare, con un rapido e calibrato movimento di dita, la caratteristica forma a spirale che richiama vagamente un fusillo. Il tutto avviene solitamente su un pezzo di vetro rigato. Segue “s’isculivita” (sculacciata) che altro non è che un colpo secco di mano per allontare l’ Andarino dalla base di lavoro.
Nella moderna gastronomia gli Andarinos si prestano ad accogliere le più svariate e fantasiose forme di condimento anche se, nel cuore degli usinesi più tradizionalisti, quello più vero e rappresentativo rimane il sugo “ghisaddu” di carni miste. Dal punto di vista storico le notizie sono varie e contrastanti ma nessuna si basa su fonti documentali certe. Esistono tracce scritte, risalenti al 1600, che testimoniano di situazioni conviviali tra notabili dei vari paesi occupanti la nostra terra e riferiscono di formati di pasta chiamati allo stesso modo. Alcuni ne attribuiscono l’importazione agli spagnoli, altri sostengono che si tratti di un prodotto antico e “sardissimo”. A me piace pensare che, come mille altri prodotti che hanno dato una fisionomia alla nostra gastronomia, anche gli Andarinos sono frutto di quel meticciato culturale che, nostro malgrado, si è realizzato in secoli di colonialismo.
Due anni fa cadeva il trentennale della prima vendemmia del Tuvaoes della Cantina Cherchi, il vermentino più conosciuto e premiato di Usini e uno dei più importanti dell’enologia sarda. Il produttore mi chiese di creare una ricetta che, grazie ad un perfetto abbinamento, contribuisse a valorizzare quella importante celebrazione. Come potevo prescindere da uno dei prodotti-bandiera della tradizione usinese?
Nacquero così gli Andarinos con asparagi selvatici e filetti di triglia
Ingredienti:
(per 4 persone):
400 grammi di Andarinos
4 triglie di scoglio da circa 150 grammi ciascuna
2 mazzetto di asparagi selvatici
1 bicchiere di fumetto di pesce
2 spicchio d’aglio
1 cipolla,
qualche cucchiaio di salsa di pomodoro
1 foglia d’alloro
qualche cucchiaio di olio EVO
sale q.b.
Esecuzione: Squamare, spanciare e lavare in acqua corrente le triglie. Sfilettarle e ricavare otto filetti. Con le carcasse e una cipolla, uno spicchio d’aglio intero, l’alloro, la salsa di pomodoro e 500 cl di acqua preparate il fumetto di pesce facendo ridurre il liquido di due terzi. Filtrate e tenete da parte dopo aver regolato di sale.
Tagliate le cime degli asparagi e fatele insaporire in olio caldo con uno spicchio d’aglio intero per qualche minuto. Con la metà degli asparagi preparate una crema di media densità, frullandoli al mixer e aiutandovi col fumetto di pesce e un cucchiaio d’olio..
Degli otto filetti tagliatene 4 a dadi e fateli rosolare in una padella con olio caldo. Aggiungete la meta degli asparagi rimasti e bagnate con poco fumetto facendo ridurre a fiamma media.
In un padellino antiaderente fare rosticciare i filetti rimasti interi in olio molto caldo e dalla parte della pelle. Salate e, non appena i bordi risulteranno leggermente bruciacchiati, spegnete la fiamma, girate i filetti che termineranno la cottura col solo calore della padella.
Lessate in acqua salata gli andarinos e saltateli col ragù di triglia e asparagi.
Mettete la crema di asparagi a specchio in un piatto fondo, sistemate gli andarinos conditi e poggiate in chiusura il filetto di triglia rosticciato.